La pacifica kermesse di Hezbollah e le maggioranze cambiate in piazza
cronache scorrette dal Libano
Testata:
Data: 11/12/2006
Pagina: 10
Autore: Daniele Mastrogiacomo - Marc Innaro
Titolo: Beirut, due milioni in piazza - Corrispondenza da Beirut

Una "pacifica"  folla oceanica che assedia il governo  in Libano. E che ha cambiato la maggioranza nel paese, anche se in parlamento la maggioranza eletta continua a sostenere Siniora.
E' la rappresentazione di Hezbollah proposta da Daniele Mastrogiacomo sulla REPUBBLICA dell'11 dicembre 2006.
Ecco il testo:


BEIRUT - Una folla oceanica. Dura e combattiva. Ma anche serena, pacifica, persino allegra. Uomini, donne, vecchi, bambini. Intere famiglie che si tengono per mano. Ragazzi e ragazze che ballano. Donne velate ma anche molte che sfoggiano lunghe chiome fresche di parrucchiere. Il centro della città invaso da bandiere e stricioni; due piazze stracolme, con le vie di accesso punteggiate da teste e corpi che premono, ascoltano, esultano, ritmano. Un solo, grande urlo che rimbomba in una Beirut deserta e un po´ stordita: «Al maut li Amrika, al maut li Israil», morte all´America, morte a Israele. Un milione e mezzo di persone.
Qualcuno azzarda due milioni. Sicuramente, ammette una fonte delle forze di sicurezza, una mobilitazione che il Libano non aveva mai visto in tutta la sua storia. Hassan Nasrallah ha vinto anche questa partita. Dopo due ore di comizio, l´imponente folla stretta attorno alla bandiera bianca e rossa, centrata dal cedro, a simbolizzare la traversalità della protesta e l´unità del Libano, torna con ordine verso casa sicura di aver incassato un successo con cui il governo della coalizione antisiriana dovrà fare i conti. Da ieri pomeriggio, il Libano ha una nuova maggioranza. Non lo dicono i sondaggi. Ma i consensi che l´opposizione continua a raccogliere. Si sfalda lo stesso fronte cristiano: Shamir Geagea resta isolato con i sunniti di Saad Hariri. Nella piazza Riad al Solh e in quella dei Martiri dove sono state allestite decine di tende per il sit-in a tempo indeterminato, prevale il colore arancione della Corrente patriottica del generale Michel Aoun.
Quelle di Hezbollah e di Amal, partiti sciiti per eccellenza, restano quasi nascoste. Una scelta voluta dai dirigenti per evitare accuse di strumentalizzazioni. Eppure Fuad Siniora ostenta ottimismo. «Il Libano», assicura, «è un grande paese, supereremo la crisi. Abbiamo spalle sufficientemente forti per coinvolgere l´opposizione ed arrivare ad una condivisione del potere senza finire ancora una volta sotto tutela». Una tutela che gli uni rimproverano agli altri. Il primo ministro punta il dito contro le ingerenze della Siria e di riflesso dell´Iran. Il fronte dell´opposizione rimprovera al governo l´appoggio che Usa e Europa si sono affrettati a rinnovargli. In questi giorni Beirut è meta delle cancellerie di mezzo mondo. Germania e Francia sono venute qui e gli hanno chiesto di resistere. Persino la grande chiesa maronita si è mossa con una presa di posizione carica di allarme.
Nasrallah ha replicato venerdì scorso da uno schermo gigante allestito sulla piazza dei Martiri. Ha usato parole forti. Ha accusato Siniora di tradimento, ricordando che durante la guerra del luglio scorso contro Israele aveva ordinato all´esercito libanese di bloccare l´invio di armi al sud dove erano impegnate le milizie di Hezbollah. Ordine dettato dagli americani, ha tuonato il sayyed; e la piazza, piena giorno e notte, ha risposto con una vera ovazione. L´accusa è infamante. Il comandante delle forze armate è stato costretto ad una precisazione che suona come una difesa: abbiamo bloccato solo le armi in arrivo dall´esterno, mai quelle già presenti in Libano e dirette alla resistenza. Ma Siniora non si è fatto intimorire. Ha sfoderato una grinta che pochi, fino a qualche settimana fa, gli riconoscevano. Ha gridato al complotto. Anzi, ha denunciato un «chiaro tentativo di colpo di stato», ha ribadito che non cederà alle pressioni della piazza, ha insistito sulle regole democratiche che si è dato il Libano.
Siniora sa bene che la partita è ancora tutta da giocare. Ma sa anche che gli spazi di trattativa si assottigliano sempre di più. L´economia libanese risente, e molto, di questo braccio di ferro. L´analista finanziario Marwan Iskandar, l´altro giorno calcolava che dal primo dicembre scorso, data d´inizio dell´assedio al palazzo del Gran Serraglio, si sono bruciati 400 milioni di dollari. I grandi centri economici segnalano preoccupati una fuga in massa dei «cervelli». Chi era tornato pieno di speranze dopo il ritiro dei siriani, si è trovato a fare i conti prima con una guerra subita e non voluta e ora con una protesta che disegna un futuro pieno di incognite. Nelle università si discute di politica con rabbia. Sempre più spesso si arriva alle mani. Molti studenti avvertono con ansia un clima diverso, più pericoloso. I 12 mila soldati e poliziotti sparpagliati ieri per tutta la città fanno quello che possono. I doppi, tripli rotoli di filo spinato che difendono la sede del governo e il parlamento, evitano ancora gesti sconsiderati. Ma chi ha mantenuto l´ordine di questa adunata oceanica sono stati i 24 mila addetti al servizio di sicurezza di Hezbollah e di Amal.
Seri, disciplinati, con il loro cappellino bianco munito di visiera, auricolare con ricetrasmittente, si sono schierati attorno alle due piazze e lungo le vie che dividono i quartieri sciiti da quelli sunniti. L´ordine era evitare scontri e sparatorie. Sembra che ci siano riusciti. Il rischio di una guerra civile, paventato da molti ma da tutti scacciato come un incubo, si staglia sempre all´orizzonte. Il rifiuto di un ritorno al passato è costante. Respingerlo è anche un modo di esorcizzarlo.
Ma ognuno resta fermo sulle proprie posizioni. Siniora con il suo governo che vara il decreto per la costituzione del Tribunale internazionale sulla morte dell´ex premier Rafik Hariri. Il presidente Emile Lahud, filo siriano, che lo respinge al Parlamento per incostituzionalità. Il primo ministro che replica dicendo che potrà essere ugualmente emendato. Il generale Aoun che ribatte con una minaccia, scandita durante il comizio: «I rotoli di filo spinato non proteggeranno all´infinito il governo. La prossima volta la nostra gente sarà libera di muoversi».

Analoga disnoformazione al TG 3 delle 14,15 : "E' una folla oceanica, sterminata" - recita il corrispondente Innaro, e prosegue: "L'atmosfera è pacifica, quasi di festa popolare, di kermesse..."?

Ancora da REPUBBLICA, riportiamo un passo dell'articolo di Orazio La Rocca sul discorso del Papa ai vescovi libanesi:

Secondo fonti israeliane, Olmert inviterà il Papa a visitare Israele.
Da Israele giungono però anche voci allarmanti circa le attività di Al Qaeda in Libano. Secondo un alto ufficiale dell´intelligence israeliana, Yossi Beidetz, la rete di Bin Laden sta reclutando volontari kamikaze nei campi profughi palestinesi per compiere azioni contro i caschi blu dispiegati in Libano. Della missione Unifil fanno parte 12 mila uomini, di cui 2.500 italiani.


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