Dietro il governo Olmert ci sono i generali, quelli che, per dirla con Ilan Pappe, non aspettavano altro che di trasformare il conflitto "a bassa intensità" in una guerra "vera".
Il governo Olmert è stata la vera calamità di Israele. Il partito Kadima è nato a tavolino per sponsorizzare il progetto di Ariel Sharon di acquisire e mantenere il controllo dei territori palestinesi una volta per sempre, relegando quelli che certi "intellettuali" di destra teocon chiama "gli arabi", all'interno di un sistema di apartheid o condannandoli alla fuga come rifugiati. Purtroppo il marketing che ha caratterizzato il così detto piano di "disimpegno" da Gaza (estate del 2005) ha funzionato bene con la maggioranza della stampa che ha preferito a quel tempo non porsi le due domande cui ha dato risposta Tanya Reinhart in un suo articolo. Le domande erano: Israele ha davvero lasciato la Striscia? E, cosa significa, "disimpegno"? No, Israele non ha mai avuto l'intenzione di lasciare la Striscia di Gaza, ha solo preferito controllarla dall'esterno e impiegare soldi e truppe (che usava per proteggere un pugno di coloni) per rafforzare la colonizzazione della Cisgiordania.
Olmert è diventato presto l'ideale erede di Sharon, del falco Sharon. L'ha voluto emulare prima con la presa della prigione di Gerico quando ha fatto carta straccia degli accordi internazionali stipulati nel 2002 tra Israele e Palestina e mediati da Stati Uniti e Inghilterra. A Gerico Olmert ha usato per la prima volta il pugno di ferro, comportandosi da generale, lui che non era andato oltre una propaganda di incitamento all'espulsione dei palestinesi da Gerusalemme est, negli anni che era stato sindaco di Gerusalemme Ovest.
Con esternazioni sui futuri progetti di Israele in Cisgiordania, riguardanti il piano di "disimpegno 2" e l'acquisizione con la forza di tutti i più importanti blocchi colonici della Cisgiordania (importanti per grandezza e posizione strategica di controllo delle risorse naturali), Olmert aveva iniziato la sua campagna elettorale, ma è solo a Gerico che l'ha vinta, attirandosi le stime dell'elettorato di destra tanto da riuscire a rubare voti persino a Nethanyau che della destra israeliana era stato uno dei padri.
Impressionante l'appoggio che il governo Olmert ha ricevuto non solo dai governi occidentali, prevedibile del resto, trattandosi di un governo liberamente eletto, ma anche dalla stampa, che si è presentata al cospetto del nuovo re di Tel Aviv con devozione e soggezione. Si sarà trattato di un abbaglio? Per il giornalismo del nostro paese può essersi trattato solo e sempre di autocensura, di mancanza di spirito critico, di pochezza nel comprendere per tempo dove Olmert stava andando. Dal nostro punto di vista era necessario criticare apertamente sia il piano di annessione in Cisgiordania, che l'espulsione dei palestinesi da Gerusalemme Est. Lì si trovava il calderone, lì stava ribollendo la terribile piega che i fatti hanno assunto poi a Gaza e infine in Libano.
Olmert è stato l'uomo giusto per una parte cospicua di Israele che anelava chiudere una volta per sempre la partita con la rivolta palestinese. Ad approfittarne sono stati gli Stati Uniti che hanno soffiato a lungo sul fuoco della prossima guerra. Olmert è l'uomo del disastro, è l'uomo che sta distruggendo Israele, minando ogni possibile negoziato futuro. Con il suo unilateralismo a oltranza basato sulla legge del più forte sta portando israeliani e palestinesi sull'orlo di una catastrofe dove a dominare sarà la legge della jungla. D'ora innanzi, a cadere nel baratro saranno in molti.
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