Toni Capuozzo torna sul FOGLIO del 20 ottobre 2006 sulla vicenda delle armi italiane al Libano, già affrontata da Angelo Pezzana su LIBERO del 18 ottobre (vedi questo link) e poi da Dimitri Buffa su L'OPINIONE e sulla PADANIA del 19, ma per il resto sostanzialmente ignorata dai media.
Ecco il testo:
E’per ora caduta nel vuoto mediatico, anche se sul caso sono pronte interrogazioni parlamentari, l’indiscrezione lanciata dal sito israeliano Debka e ripresa ieri da Libero, secondo la quale dall’Italia viaggerebbero armi verso il Libano, e non destinate al nostro contingente. Si tratta di missili: gli Aster 15, che montano una testata di 3,2 chilogrammi di esplosivo, possono essere lanciati da piattaforme marittime o terrestri, hanno un raggio d’azione di 30 chilometri e la possibilità, unica, di correzioni nella rotta anche all’ultimo momento, in volo. A produrli, un consorzio ragnatela, dove sono presenti la francese Aerospaziale, la britannica Thompson e la Alenia Finmeccanica. Secondo il sito israeliano sarebbe stato lo stesso ministro della Difesa Parisi a negoziare l’affare con Fouad Siniora, ma un portavoce del governo italiano ha debolmente smentito. Da un certo punto di vista non ci sarebbe di che scandalizzarsi: è un buon affare per l’industria italiana ed europea, e non è un male che l’esercito libanese conti su un armamento serio. Il fatto è che gli israeliani temono che i missili finiscano in mano ad Hezbollah, e siano usati contro Israele. E dunque la vera domanda è: che stabilità ha l’esercito libanese, e dunque il governo di Fouad Siniora? Il traffico di armi destinato a rimpinguare gli arsenali di Hezbollah, rischieratasi al confine con Israele, esattamente nelle stesse posizioni da cui era stata sloggiata fino al cessate il fuoco del 14 agosto, non è l’unico traffico in corso. I siriani stanno armando anche altre sei fazioni minori, tutte prosiriane, in vista di una possibile resa dei conti a Beirut, nel caso Fouad Siniora si dimostrasse recalcitrante ed eccessivamente autonomo, o che la presa di controllo politico sul potere centrale di Hezbollah non si rivelasse sufficiente. La più forte delle fazioni è quella, clandestina, del SSNP, il partito siriano socialnazionale composto in gran parte da cristiani greco-ortodossi, da sempre longa manus dei servizi di intelligence siriani. Altri destinatari del flusso di armi sono le milizie sunnite e cristiane dell’area di Tripoli, i drusi di Majid Arslan, rivale di Jumblatt, e i cristiani maroniti di Michael Aoun, il generale che ritornò dalla Francia come candidato ideale di Parigi e Washington alla presidenza e che, lasciato cadere, è diventato il principale alleato di Hezbollah e di Damasco. E ancora: a ricevere armi sono gli sciiti di Amal, che controbilanciano lo strapotere di Hezbollah, e clan sunniti e cristiani di Sidone. In una parola: armi a tutto il composito fronte che si oppone al governo filoccidentale di Fouad Siniora, e una sorta di censimento degli atteggiamenti e delle munizioni, destinato, più di ogni sondaggio, a orientare le mosse forzate di Siniora, e la marcia di Nasrallah e Aoun verso il controllo totale del governo centrale, verso una resa dei conti con la parentesi libera, e antisiriana, di Hariri prima e di Siniora dopo. Ovvio che armare l’esercito libanese, e istruire, come dovrebbero fare i militari italiani, all’uso delle armi acquistate è un azzardo, una scommessa confidente e arrischiata. Lo scorso 13 ottobre il generale libanese Michel Suleiman ha autorizzato le truppe regolari stazionate nella fascia di confine a operare congiuntamente, nel caso di scontri alla frontiera. Evidente il tentativo di ingraziarsi Hezbollah, o, nella più modesta delle letture, di non cercare rogne. Ed è a questo esercito che i Caschi blu dovrebbero fare capo per aiutarlo non diciamo nel disarmo, ma almeno nel controllo di Hezbollah, e nel trasferimento dell’autorità e magari anche degli arsenali nelle mani dell’esercito regolare. In Afghanistan le cose non vanno bene, e in Iraq la manifestazione pubblica dei jihadisti a Ramadi, per celebrare il califfato unico e totale, mica tre Iraq regionali, testimonia lo stato delle cose. Ma la nuova frontiera libanese, stretta tra il conflitto con Israele preparato a puntino e una guerra civile sempre sullo sfondo, non è consolante. Le alternative sembrano l’impotenza spettatrice o il ritiro frettoloso. Gli auguri alla Pozzuolo del Friuli, che questo pomeriggio saluta Gorizia e si prepara a partire, sono tutt’altro che rituali.
Su L'OPINIONE, un'intervista di Dimitri Buffa a Margherita Boniver:
“Se le notizie date dal sito Debka.com, notoriamente vicino all’intelligence israeliana, dovessero essere confermate, non mi limiterò alla semplice interrogazione parlamentare, che comunque ho intenzione di fare, ma sensibilizzerò con ogni mezzo l’opinione pubblica italiana sul tema ormai dimenticato della missione militare di pace europea in Libano. Questo perché la gente è bene che sappia, al di là dell’abile propaganda del governo e del ministro degli Esteri in carica, che noi siamo la per disarmare i terroristi hezbollah, non per aiutare il governo libanese a fare la guerra a Israele”. Margherita Boniver, parlamentare di Forza Italia e sottosegretario agli Esteri nel governo Berlusconi, non usa i mezzi termini per commentare la notizia data ieri da “L’ opinione” a proposito dei missili Aster 15 della Alenia che, secondo il suddetto sito internet, Prodi avrebbe autorizzato a far vendere al governo libanese per rafforzare le difese anti-aeree del paese contro eventuali nuovi attacchi israeliani. L’ex sottosegretario non si nasconde dietro le parole e dice chiaro e tondo che “in un esercito composto a metà da militari di religione sciita, non è improbabile che quelle armi possano travasare direttamente nelle milizie terroristiche di hezbollah che nessuno sembra avere più l’intenzione di sciogliere”.
Onorevole Boniver che pensa lei di questa incredibile vicenda?
Si commenta da sola. Le notizie di Debka, dal lato politico dimostrano da che parte l’Italia e l’Europa hanno scelto di stare. Ed evidentemente non è quella di Israele che vuole disarmare hezbollah, ma quella del Libano che ci viene a patti e che non ci pensa nemmeno a metterseli contro. Dal lato giuridico c’è anche da rilevare che sarebbe vietato dall’Onu, visto che c’è in ballo una missione internazionale in dispiegamento in quella parte del mondo, vendere armi a ciascuno dei due paesi che sono stati in conflitto nello scorso luglio.
Certo in Libano ormai si è creata una situazione pazzesca in cui le forze Unifil non si capisce se proteggano gli israeliani dagli hezbollah o viceversa…
Tutte le nostre peggiori previsioni si sono avverate. Noi abbiamo votato quella missione per senso di responsabilità verso i soldati italiani che ne fanno parte e perché Stati Uniti e Israele erano d’accordo. Certo con il senno di poi si può dire che la missione è stata apparecchiata frettolosamente e che le roboanti dichiarazioni del governo sentite in aula, secondo cui questa cosa avrebbe aperto nuove prospettive di pace in Medio Oriente, oggi fanno semplicemente ridere. E sembra anche che Unifil 2 possa avere lo stesso destino di Unifil 1, evidentemente il nome porta sfortuna.
Insomma il governo italiano e l’Europa hanno fatto un’abile operazione di propaganda ma nessuno sembra intenzionato a disarmare hezbollah, piuttosto c’è la tendenza a frenare la mano di Israele nel reagire agli attacchi terroristici. Mi sbaglio?
Temo di no. In Italia questa coalizione è imbattibile a sfruttare a fini di propaganda interna, per gli equilibri con l’estrema sinistra, le acrobazie diplomatiche in politica estera. Compresa quella del deputato di hezbollah preso a braccetto. Oramai del disarmo degli hezbollah non parla più nessuno, è andato in cavalleria, mentre esiste questa neanche tanto più cripto tendenza a punire Israele. Sembra quasi che la missione abbia cambiato scopo: non più il disarmo delle milizie terroristiche sciite hezbollah finanziate dall’Iran, ma mettere l’esercito israeliano in grado di non nuocere più ai terroristi.
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