Un'effettiva integrazione degli immigrati (anche musulmani )è l'unica via per evitare l'emergere dell'estrema destra in Europa
l'analisi di Emanuele Ottolenghi sulle elezioni in Belgio
Testata:
Data: 13/10/2006
Pagina: 2
Autore: Emanuele Ottolenghi
Titolo: La crescita dell’estrema destra in Europa
Dal RIFORMISTA del 13 ottobre 2006:

Presi come sono da questioni d’importanza globale come il test nucleare della Corea del Nord e il partito democratico, i leader della sinistra italiana non hanno prestato troppa attenzione al risultato delle elezioni locali avvenute in tutto il Belgio domenica scorsa. Non li si può biasimare in fondo: il Belgio è un paese di undici milioni d’abitanti, caratterizzato da tensioni linguistiche e da fenomeni di separatismo talmente unici che la sua realtà locale non può esser considerata come importante per gli osservatori italiani. Tuttavia, con tutti gli elementi specifici al Belgio, le elezioni di domenica rappresentavano un importante test europeo per la performance dell’estrema destra, nella prima di una serie di elezioni locali e nazionali che culmineranno con la contesa per la presidenza della repubblica francese nell’aprile prossimo. Da anni la destra è in rimonta in tutt’Europa e l’emergenza di forti partiti con un passato inquietante e un’agenda politica ambigua sulla questione immigrazione causa sonni difficili alla sinistra. Anche se il risultato ottenuto dall’estrema destra in Belgio domenica non è il terremoto politico che si temeva - ad Anversa il partito fiammingo Vlams Belang è arrivato secondo con il 33 percento dei voti ma ha mancato l’obbiettivo di conquistare l’amministrazione cittadina - i risultati devono indurre una profonda e scomoda riflessione in seno al mondo politico, anche ma non solo progressista.
Il Belgio ha le sue peculiarità e la forza della destra fiamminga affonda le sue radici in una tradizione separatista che trovò un facile alleato nell’occupazione nazista del passato. Oggi il partito si proclama filo-israeliano e corteggia la comunità ebraica di Anversa, ma il suo rapporto con un passato compromesso è troppo ambiguo per essere ignorato. Non c’è stato un convegno di Fiuggi per la destra belga. Tuttavia, va notato che il Vlams Belang conquista consensi molto più ampi dell’estrema destra francofona del Fronte Nazionale, una brutta copia ancor più grottesca del suo omonimo francese. E questo perché al di là delle ambiguità sul passato e sulla vera anima del partito, le istanze che esso interpreta - anche se con un linguaggio e una retorica bellicosa e a volte estrema - sono condivise da gran parte degli elettori di centro moderato. Queste inquietudini sono quelle comuni ad altre parti d’Europa e toccano paradossalmente le classi medio-basse della società che tradizionalmente votavano a sinistra. Il principale motivo del voto per la destra oggi nel Belgio fiammingo e altrove in Europa è il senso di angoscia, paura e insicurezza causato dall’immigrazione, principalmente islamica, che ha completamente cambiato il panorama europeo. Mentre per le élite liberal, agiate e cosmopolite, il multiculturalismo è una benedizione, per una larga fascia della popolazione europea esso è foriero di competizione in un mercato del lavoro sempre più ristretto e meno redditizio, e nell’accesso alle scarse risorse pubbliche messe a disposizione dei meno abbienti. E mentre l’aspetto multiculturale dell’arrivo dell’Islam in Europa attrae molti esponenti delle élité in Europa che nei quartieri popolari non ci vivono e che comunque non vedono di buon occhio né patriottismo, né religione, per le classi meno abbienti e i settori più tradizionali delle società europee l’arrivo dell’Islam e l’atteggiamento ufficiale nei suoi confronti provoca uno slittamento elettorale a destra. Per questo segmento dell’elettorato, fede e identità nazionale importano. Esiste insomma un filo diretto tra le immagini delle chiese bruciate in Cisgiordania a seguito del discorso del papa, tra la reazione scomposta e virulenta dell’Islam ufficiale in Svezia contro la campagna del nuovo ministro per l’integrazione svedese contro la circoncisione femminile, tra l’attacco feroce in Gran Bretagna a Jack Straw per aver espresso disagio di fronte al velo islamico, tra l’estremismo della risposta islamica alla vicenda delle vignette danesi e il voto per la destra estrema. I benpensanti che credono di far bene a criticare il papa quando le sue parole - per quanto improvvide potessero essere - ottengono come risposta una conferma nei fatti della loro sostanza, farebbero bene a comprendere quanto profonda, quanto genuina, quanto grave sia quest’ansia europea. Quando i partiti come il Vlams Belang superano il tre o quattro percento - la massa critica dei nostalgici neo-nazisti in gran parte dell’Europa occidentale - significa che gente perbene li vota. Significa che li vota perché non crede più che il centro politico - di destra come di sinistra - sia in grado di risolvere un problema politico genuino. Scrollar le spalle dando dei fascisti a chi vota Vlams Belang in Belgio oggi e Le Pen in Francia domani non farà che acuire il problema e spingere ancor più gente tra le braccia degli estremisti.
La risposta politica della sinistra progressista in Belgio e altrove è stata finora di ergere un cordone sanitario attorno alla destra ed escluderli dalla politica. Ma non basta creare conventio ad excludendum per impedire loro di prendere il potere. Occorre affrontare le cause della loro forza perché il rischio, altrimenti, è di vederne una crescita a ogni tornata elettorale finché non sarà troppo tardi. E tale risposta deve prendere in considerazione il fatto che l’unica strada efficace per affrontare la sfida dell’immigrazione in Europa è attraverso l’integrazione - cioè la difesa dei valori universali della democrazia, dell’uguaglianza dei sessi, dei diritti delle donne, dello stile di vita occidentale - come precondizione a far parte dell’Europa.
L’alternativa a questa linea è che il centro, a furia d’ignorare le cause culturali e identitarie del crescente scontro in Europa sul ruolo che vi gioca l’Islam, pretendendo invece che si tratti di una questione esclusivamente socio-economica, finisce con lo sgretolarsi, lasciando spazio a sinistra a forze militanti che non esitano ad allearsi con gli islamisti per odio dell’America e a destra alle forze xenofobe e ancora compromesse col passato fascista dell’Europa. Esiste un precedente a questo scenario, cioè gli anni venti, quando l’incapacità del centro liberale di resistere alla doppia sfida del comunismo e del fascismo finì coll’essere travolto e spazzato via. Certo, allora la crisi economica europea rese questo possibile più di ogni altra cosa, ma un simile scenario non è improbabile, se un attacco terroristico simile all’attentato contro dieci aerei, fallito ad agosto dell’anno scorso, riuscisse in futuro. L’economia globale subirebbe un drammatico contraccolpo che non farebbe altro che infiammare ulteriormente gli animi. Il resto è storia, e per un continente il cui primo progetto europeo congiunto fu l’Olocausto, è una storia che non dobbiamo dimenticare.
Il partito democratico prenda nota dei risultati di domenica dunque e si ricordi di non ignorare questo problema, che pur manisfestandosi in maniera estrema, preoccupa principalmente i moderati.


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