Perenne "stato di negazione"
nelle pagine di politica internazionale del quotidiano
Testata:
Data: 03/10/2006
Pagina: 4
Autore: Francesco De Leo
Titolo: Quelli che "l'atomica iraniana non è una minaccia"
Pino Arlacchi, nientemeno, stratega della lotta alla droga all'Onu celebre per l'accordo con i talebani, per il fallimento e per gli sprechi  della sua gestione, è convinto che la minaccia iraniana sia un altro fantasma della "paranoia dei neo-con" .
In realtà, sostiene Arlacchi, l'Iran non è una minaccia. Inoltre (come immaginare che il discorso non venisse portato su questo piano), la comunità internazionale non può adottare un doppio standard: se si preoccupa tanto del nucleare "civile" iraniano, cosa dovrebbe fare con Israele?
Ricordiamo ancora una volta ad Arlacchi e a chi pubblica simili vaneggiamenti, che è l'Iran a proclamare di voler distruggere Israele, mentre Israele, non vuole distruggere nessuno stato in Medio Oriente, ma solo assicurare la propria sopravvivenza.
Ecco il testo:
Pino Arlacchi, ex vice segretario generale delle Nazioni Unite è stato l'ispiratore e l'artefice della visita italiana di Mohamed ElBaradei, direttore dell'Aiea, a cui la Libera Università Mediterranea, istituto privato che ha sede alle porte di Bari, ha assegnato la laurea honoris causa in Economia. Arlacchi ha motivato la scelta di ElBaradei con la convinzione che sia quanto mai necessario mettere le armi atomiche e la guerra dietro le nostre spalle, come abbiamo fatto con la schiavitù, l'apartheid e la tortura. È per questo che «dobbiamo camminare a fianco di Mohamed ElBaradei». Ma la prova più importante per il direttore dell'Agenzia atomica deve ancora essere affrontata: «ElBaradei ha detto con molta chiarezza, più volte, che l'Iran ha le capacità e le conoscenze sufficienti per arricchire l'uranio ed utilizzarlo a fini militari, ma in Iran non abbiamo trovato alcuna traccia di questo. L'Iran non ha alcuna capacità industriale per produrre delle bombe atomiche, non è una minaccia imminente», spiega Arlacchi al Riformista. «ElBaradei con grande fermezza ha sostenuto che “noi non leggiamo nelle intenzioni, non facciamo i processi alle intenzioni. Noi lavoriamo sui fatti”. Io ritengo, e questa è una mia convinzione», ha precisato Pino Arlacchi, «che questa pericolosa minaccia iraniana sia fondamentalmente un'altra paranoia dei neoconservatori americani». ElBaradei sostiene che l'Iran non sia una minaccia imminente, ma in molti non sono d'accordo: per esempio il 75% per cento dell'opinione pubblica americana e il 58% di quella europea si dice convinta che Teheran costituisca «una minaccia estremanente grave». «In realtà», risponde Arlacchi, «L'Agenzia atomica e i principali servizi di sicurezza occidentali, l'intelligence americana inclusa, la pensano allo stesso modo. Io trovo che abbiano ragione: l'Iran non è una minaccia imminente per nessuno. La base del Trattato di Non Proliferazione è nel principio che i paesi che hanno il nucleare si impegnino a trasferire tecnologia nucleare civile ai paesi che non c'è l'hanno».
Arlacchi mette subito davanti a eventuali obiezioni strategiche: «Il discorso che l'Iran non può avere il nucleare civile perché ha il petrolio o per altre ragioni, non regge un minuto di fronte all'analisi razionale e legale. L'Iran ha il diritto di farlo, punto! Se un paese che ha il petrolio decide, in base al fatto che le risorse petrolifere sono in via d'esaurimento, di cominciare a predisporsi un'alternativa, ha il pieno diritto di farlo punto e basta. L'Iran non può essere accusato di questo». Ma c'è dell'altro: «In gran parte quello che si sta facendo all'Iran è un processo alle intenzioni. Certamente per alcuni aspetti l'Iran si è comportato in modo da accrescere i sospetti, da far venire questi sospetti. Ha ostacolato delle ispezioni, ha fornito dei dati incompleti, non ha detto l'intera verità su alcuni aspetti dei suoi programmi nucleari. Guardi però che questo vale per tanti altri paesi cosiddetti 'buoni'. Il Brasile è stato più volte ai ferri corti con l'Aiea, perché non ha dato pieno accesso agli ispettori, molti paesi resistono alle ispezioni».
Con l'Iran è stato fatto un grande errore da parte soprattutto degli Stati Uniti, «gli americani hanno fatto il capolavoro di mettersi contro l'intero paese. Guardi che su questo c'è tutto l'Iran che è compatto. Questa pressione basata sul sospetto che l'Iran un giorno possa avere il nucleare militare, è stato un enorme favore agli ayatollah più radicali. ElBaradei ha detto che non c'è nessuna minaccia imminente e che la minaccia più importante alla sicurezza nucleare del mondo in questo momento viene dalla Corea del Nord, che è uscita dal trattato, si è fatta la sua bomba atomica». Questo, per Pino Arlacchi, è stato un pericoloso precedente, perché ha dimostrato a tutti che quando un paese ha le bombe atomiche l'atteggiamento internazionale nei suoi confronti cambia immediatamente. «Purtroppo è così. Nessuno parla di sanzioni e nessuno osa minacciare la Corea del Nord oggi, perché ha le armi nucleari. La Corea del Nord è uscita dal trattato nel 2003 perché temeva un attacco americano e motivandolo con il motivo che gli Stati Uniti rifiutavano di firmare con loro un patto di non aggressione. La Corea potrà avere anche molti torti, ma questa è una posizione che in larghe parti del terzo mondo viene purtroppo condivisa. In Iran per esempio la paura dell'attacco americano è reale. L'Iran nel '53 ha subito un colpo di stato da parte della Cia, cosa assolutamente documentata e confermata ufficialmente dagli stessi americani. L'Iran oggi non sarebbe quello che è, se non ci fosse stata la distruzione del suo governo democratico e popolare, sulla base di interessi inglesi, spaventati dalla volontà di Mossadeq di nazionalizzare la produzione di petrolio. Il colpo di stato del '53 rinsaldò lo scià di Persia e la sua feroce dittatura fino al 1979 e provocò la rivoluzione khomeinista, la radicalizzazione dell'Iran e il sostegno dell'Iran al terrorismo internazionale».
Ma come se ne esce? «Facendo un accordo a tutto campo con l'Iran, un grande scambio. Loro non devono neanche rinunciare all'arricchimento dell'uranio, ma semplicemente dare pieno accesso alle ispezioni dell'Agenzia Atomica. L'Europa deve impegnarsi ad intensificare scambi commerciali, economici, culturali e di ogni genere con l'Iran. L'Iran dovrà ovviamente impegnarsi a cessare di sostenere il terrorismo internazionale, gli hezbollah in particolare, far cadere una serie di minacce che loro comunque hanno fatto circolare soprattutto sul blocco dello Stretto di Hormuz». E' molto ottimista Arlacchi: «Con questo paese è possibilissimo un grande scambio con l'Occidente e con l'Europa soprattutto. Sono convinto che anche i conservatori iraniani sono disponibili ad una proposta di questo tipo. Loro stanno giocando una partita speciale con la comunità internazionale, sono dei diplomatici e dei giocatori d'azzardo eccezionali, che hanno come grande obiettivo quello di alzare la posta della loro cooperazione con l'Occidente. Se l'Occidente e l'Europa sapranno fare una proposta adeguata (tecnologie civili, apertura dei mercati ed investimenti), non ci sarà alcun pericolo che venga dall'Iran». L'ex vice segretario generale delle Nazioni Unite non la manda a dire: «La questione nucleare è il risultato di una strategia assolutamente ed esclusivamente americana che è contro gli interessi dell'Europa e dell'Italia in particolare. Il dire “voi siete un pericolo perché state cominciando l'arricchimento dell'uranio” è un invenzione puramente statunitense. Attualmente il loro processo di arricchimento è al 3,5%. La soglia in cui l'arricchimento può diventare duale, nel senso che può girarsi verso il nucleare, è attorno al 90%. Sono più di dieci i paesi che stanno facendo arricchimento dell'uranio, la lista è lunga. Non possiamo dividere i paesi in buoni e cattivi, dire che solo i paesi democratici possono arricchire l'uranio e nello stesso tempo dotarsi di tutte le bombe che vogliono. È un ragionamento che non regge». E il Consiglio di Sicurezza dell'Onu? «Finché l'Iran sta dentro il trattato e ne rispetta i termini fondamentali», conclude Arlacchi, «c'è poco che il Consiglio di Sicurezza delle possa fare legalmente. Cosa dovrebbe fare con Israele, cosa dovrebbe fare con il Pakistan e l'India. Il doppio standard, due pesi e due misure, sarebbe clamoroso. Il Consiglio di Sicurezza perderebbe ogni credibilità. Cosa dovrebbe fare con la Corea del Nord? Abbiamo da un lato paesi che sono in possesso di armi atomiche e tra l'altro in guerra, dall'altro un paese che ha superato il 3% della soglia di arricchimento di uranio. Non credo esistano paragoni».

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