Dal FOGLIO del 2 settembre 2006, una lettera di Giorgio Israel:
Al direttore - L’editoriale del Foglio sulla questione della Consulta islamica e dell’inserzione dell’Ucoii in cui si paragona Israele al nazismo è esemplare. E’ un errore grave cedere a un’interpretazione un’interpretazione della Consulta come rappresentanza dei musulmani italiani presso lo stato e porre in termini giuridici l’adesione dell’Ucoii a una carta di principi che non si sa peraltro bene chi e a che titolo dovrebbe codificare. Ma penso che vada aggiunta qualche altra osservazione. Abbiamo letto che si è parlato e si parla di inserire in questa carta un riferimento alla Shoah come evento “incomparabile” e “irripetibile”, con l’intento evidente di stroncare a priori ogni velleità di confronti offensivi. L’intento è generoso ma l’effetto rischia di essere controproducente. In primo luogo, perché le questioni storiografiche non si risolvono nei comitati e per decreto. Infatti, è subito cominciata la solita diatriba: e allora che cosa dire degli armeni e via elencando i vari genocidi, con il rischio di non finirla più. In secondo luogo (e soprattutto) perché è un grave errore spostare sul terreno della storia passata una questione politica di cocente attualità. Dire che
Di seguito, l'editoriale sulla Consulta del FOGLIO:
Il ministro dell’Interno Giuliano Amato ha ereditato un organismo consultivo che gli dovrebbe servire per approfondire e conoscere meglio i problemi dell’integrazione delle comunità islamiche in Italia, in modo da poter esercitare la sua funzione con migliori probabilità di efficacia. Ha invece ceduto a un’interpretazione della Consulta come rappresentanza delle comunità presso lo stato, che non è prevista nei provvedimenti con cui è stata istituita. Da questo errore deriva il modo con cui ha reagito alla pubblicazione da parte dell’Ucoii di un’ignobile inserzione in cui si paragonava Israele al nazismo. Minacciati di essere espulsi dalla Consulta se non approveranno un documento di princìpi (dal quale peraltro è scomparsa la condanna della Shoah e del terrorismo), i dirigenti dell’Ucoii hanno potuto replicare appoggiandosi al principio democratico, cioè rivendicando la rappresentanza della maggior parte degli islamici religiosi residenti in Italia, e a quello liberale, secondo il quale non si può essere condannati per non condivisa. E’ paradossale che un fine giurista come Giuliano Amato sia finito in questa trappola. Il negazionismo e l’incitamento all’odio razziale vanno combattuti in quanto tali, meglio con argomenti e scelte politiche piuttosto che con iniziative giudiziarie. Imporre una specie di giuramento agli islamici significa creare nuovi “marrani” (gli islamici e gli ebrei che aderirono falsamente al cattolicesimo per evitare l’espulsione dalla Spagna nel 1492). Inoltre porre condizioni politiche, pur comprensibili, per la partecipazione a un organismo nominato discrezionalmente dal ministro significa attribuirgli una funzione di rappresentanza e conferirgli un’autorità garantita dallo stato nei confronti degli islamici italiani, che invece sono soggetti solo alle leggi, come tutti gli altri cittadini. La rapresentanza, in democrazia, è elettiva, mentre il riconoscimento di una gerarchia religiosa richiederebbe un concordato, che non c’è e forse con l’islam non ci può essere
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