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| Una missione dell’Onu è per definizione internazionale. Quella che si cerca un po’ affannosamente di organizzare per il Libano, però, si preannuncia come una specie di festival del multiculturalismo, che va bene per una manifestazione musicale, ma che rende assai arduo ottenere la compattezza e la solidità delle filiere di comando richieste da una missione militare. Nonostante la retorica sulla “missione di pace”, in realtà quella dell’Unifil non sarà tale, per il semplice fatto che non ha alcun trattato di pace tra le parti da far rispettare. Questo non significa che non sia utile, anzi proprio la fragilità del compromesso stilato dal Consiglio di sicurezza richiede un rafforzamento attraverso l’azione concreta di un contingente militare, altrimenti la parola tornerà alle armi delle parti contrapposte. L’Europa, che aveva visto aprirsi in Libano uno spazio per tornare a esercitare un’influenza in medio oriente, sta scegliendo la latitanza. Oltre agli italiani, infatti, sono disponibili solo 200 francesi e, pare, 700 spagnoli, e un centinaio di lituani, mentre le disponibilità extraeuropee subiranno un drastico taglio per l’ovvia indisponibilità israeliana di veder schierate ai confini dello stato truppe di paesi che non ne riconoscono l’esistenza. Persino il battaglione nepalese, il primo disponibile, dovrebbe essere spostato dal Sudan, dove gli attacchi delle bande islamiche del Darfur all’Onu rendono indispensabile la loro presenza. L’ipotesi di assumere la guida di un’armata Arlecchino di questo genere, per l’Italia, rappresenta un rischio considerevole ed è difficile dire oggi se sia controbilanciato dal vantaggio di prestigio internazionale che comporterebbe. Se per una missione di osservazione la difficoltà, non solo linguistica, di mantenere una linea di comando certa ed efficace non è decisiva, per una missione con spiccati caratteri militari, che può essere implicata in scontri a fuoco, un problema di questo genere potrebbe avere tragiche conseguenze. Va infine considerato che con l’avvicinarsi della scadenza dell’ultima risposta iraniana all’Onu sul nucleare, Teheran avrà interesse a distrarre l’attenzione internazionale dal suo probabile rifiuto, già preannunciato ieri, e che per questo scopo gli Hezbollah rappresentano lo strumento più docile ed efficace. L’Italia è l’unico grande paese che esprime un forte impegno per la missione: questo le dà il diritto e il dovere di esigere chiarezza e garanzie, senza le quali il rischio è troppo gravoso. |
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