Il 22 agosto l'Iran risponde alla comunità internazionale sul nucleare
il punto sulle precedenti prese di posizione
Testata:
Data: 21/08/2006
Pagina: 2
Autore: Francesco De Leo
Titolo: Il giorno della verità sul nucleare iraniano
Dal RIFORMISTA del 21 agosto 2006:Ci siamo. Entro domani è attesa dalla comunità internazionale la risposta ufficiale di Teheran al pacchetto di incentivi occidentale sul nucleare,la fine del mese è invece la deadline stabilita dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per la sospensione delle attività di arricchimento dell’uranio. Il portavoce del ministero degli Affari esteri iraniano Hamid Reza Asefi, ieri mattina, parlando ai giornalisti, pregandoli di pazientare ancora qualche giorno per la risposta, ha comunicato che sarà articolata su più punti, come lo era del resto la proposta. Asefi ha inoltre dichiarato che il governo iraniano non fermerà l’arricchimento e che eventuali sanzioni,a cui personalmente non crede, risulterebbero un grave danno per tutti, tranne che per l’Iran. Teheran sarebbe ancora divisa tra falchi, prevalenti nell’Amministrazione di Ahmadinejad, e moderati, una divergenza che starebbe pesando non poco nella definizione della risposta. Qualche giorno fa il giornale Keyhan, che guida l’opposizione alla proposta europea, ha persino chiesto al governo di abbandonare l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea).Considerata la stretta relazione tra i falchi e gli attuali funzionari governativi, questa decisione non sorprenderebbe. Del resto l’Istituto Zogby ha di recente condotto un sondaggio telefonico con cittadini iraniani ed è risultato che un grande segmento della popolazione sostiene i programmi nucleari del governo. Ahmadinejad e i suoi uomini contano esattamente su questo, per di più convinti che anche se la loro intransigenza portasse a sanzioni da parte delle Nazioni Unite, il Paese sarebbe con loro e si compatterebbe, proprio come durante la guerra con l’Iraq. Le condizioni dell’Iran sono completamente diverse da allora, replicano i moderati, invece preoccupatissimi dalle conseguenze di eventuali sanzioni. Se fossero attuate, la situazione economica del Paese diventerebbe critica, specialmente se includessero l’importazione di gas e petrolio. L’accusa maggiore che si fa ai falchi è di aver provocato la votazione della risoluzione del Consiglio di Sicurezza, dilatando eccessivamente i tempi nei negoziati. Questo ha complicato maledettamente la questione. Se infatti prima il governo aveva potuto prendere tempo di fronte alle richieste della comunità internazionale, ora una qualsiasi rinegoziazione potrà avvenire solo dopo la sospensione del processo di arricchimento. C’è però ancora fiducia nella risposta alle proposte di incentivi. Se gli americani sono riusciti a convincere Russia e Cina a votare la risoluzione 1696 del 31 luglio, una risposta ben congegnata potrebbe ridare alla diplomazia un’altra grande chance. Dalle prese di posizione dell’estrema vigilia, non sembrerebbe una forzatura affermare che anche ufficialmente l’Iran parla ancora due lingue diverse. In un intervista al quotidiano The Guardian, parlando per la prima volta ad un giornale britannico dopo la sua elezione, il presidente Mahmoud Ahmadinejad ha dichiarato: «Cercano di negare il nostro diritto allo sviluppo dell’energia nucleare, ma nessuno può imporre niente al popolo iraniano. Non ci riusciranno. Questa arroganza non durerà per sempre, presto vedrete le grandi potenze buttate fuori a calci dal loro trono». La settimana di Ahmadinejad è stata caratterizzata da un comizio itinerante attraverso la provincia di Ardabil. Davanti a una folla di ventimila persone, con l’aria di chi rivela un importante segreto, ha riferito: «Kofi Annan mi ha parlato al telefono. Ha detto a noi iraniani di non essere arrabbiati per la risoluzione votata il 31 luglio, ma noi la giudichiamo illegale. L’energia nucleare è un nostro diritto, nessuno potrà togliercela. Il Consiglio di Sicurezza è una marionetta in mano all’arroganza globale, andrebbe ribattezzato il Consiglio per i massacri». Tra boati di folla e bandiere con i colori di Hezbollah, Ahmadinejad con voce ferma ha detto: «sarà il popolo a fare un nuovo Medio Oriente, non gli americani». E rivolgendosi a quanti «stanno cercando di dividere la nazione iraniana» ha affermato convinto: «il nostro compito principale è di sviluppare e costruire la nazione iraniana e nessuno ci fermerà». Durante la preghiera del venerdì all’Università di Teheran,invece l’ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani, rivolgendosi agli americani, ha invocato il dialogo come unica possibilità per sciogliere il nodo iraniano. Nel solco di quanto dichiarato dal ministro degli Esteri Mottaki qualche giorno fa, per Rafsanjani solo le negoziazioni potrebbero riuscire a risolvere questa crisi. «Pensiamo che gli americani abbiano imparato sufficientemente la lezione della guerra del Libano, e non si impegneranno in un altro conflitto mirato alla destabilizzazione della nostra regione. Crediamo che non ricorreranno alle maniere forti per disfare il nodo gordiano, in quanto il problema può essere facilmente affrontato attraverso negoziati regionali e internazionali».
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