L'UNITA' del 2 agosto 2006 pubblica a pagina 2 una cronaca di Umberto De Giovannangeli che fin dalle prime righe dipinge Israele come un paese ostinatamente impegnato in una campagna militare senza giustificazioni, come un aggressore e non come la vittima dell'aggressione di Hezbollah decisa a difendersi e a ripristinare la sicurezza dei suoi cittadini.
Ecco il testo: NESSUNA tregua. Nessun cessate il fuoco. I caccia bombardieri tornano ad alzarsi in volo. I carri armati e la fanteria corazzata avanzano in territorio libanese. L’ordine è uno solo: spazzare le milizie sciite dal Sud Libano. La grande offensiva di Tzahal è iniziata. Con
il premier israeliano Ehud Olmert che da Gerusalemme proclama: «Stiamo vincendo la battaglia contro Hezbollah». Nella notte massiccia operazione nella valle della Bekaa, a est di Beirut, con bombardamenti a tappeto sulla città di Baalbek, roccaforte Hezbollah (uno dei siti archeologici più importanti del Medio Oriente, dichiarato nel 1984 patrimonio dell'umanità dall'Unesco), paracadutisti e truppe sbarcate dagli elicotteri sotto il fuoco delle batterie anti-aeree di Hezbollah. Secondo la tv libanese Lbc l’obiettivo dell’azione era il capo dell’ufficio politico di Hezbollah, Mohammed Yazbeq, ricoverato all’ospedale di Dar al-Aqme, nei sobborghi di Baalbek. Intorno all’ospedale durissimi combattimenti, racconta sempre l’emittente libanese, che parla anche di un commando israeliano accerchiato da guerriglieri. Secondo Al Jazeera il commando sarebbe assediato all’interno dell’ospedale, dopo essere caduto in una trappola.
La decisione di allargare le operazioni è stata presa l’altra notte dal Consiglio di sicurezza israeliano riunito attorno al premier Ehud Olmert, che ha anche richiamato in servizio 15mila riservisti.
Il fronte settentrionale nella valle della Bekaa si aggiunge ai quattro già aperti nel sud del Libano, nelle aree di Aita-as-Shaab, Taybeh, Al-Addiseh, Rab-as-Talatini. Anche qui gli scontri con i miliziani Hezbollah sono stati molto duri, in particolare a Aita-as-Shaab, con perdite nei due campi: tre soldati israeliani sono stati uccisi. Ma anche una madre e le sue due figlie sono state uccise durante il bombardamento di un villaggio vicino al porto di Sidone. Secondo il ministro della Giustizia israeliano Haim Ramon 300 miliziani sono stati uccisi dall’inizio della guerra. Hezbollah afferma di aver perso 43 uomini. L’obiettivo di Israele è di spingere i miliziani fuori dall’area di frontiera, verso la linea strategica del fiume Litani (fra 6 e 20 chilometri dal confine a seconda delle aree), allontanando così i lancia-razzi dei miliziani dal confine, e soprattutto da Haifa, la terza città israeliana duramente colpita dai katyusha dall’inizio del conflitto. «Si tratta di giornate critiche», dice il ministro della Difesa, Amir Peretz, incontrando militari della riserva richiamati in servizio nei giorni scorsi, che stanno per entrare in Libano. Israele, spiega loro, intende assumere il controllo su un’area a ridosso del confine, che va «ripulita» dei depositi di armi. In questo modo Israele si accinge a consegnare in un secondo tempo quella zona ad una forza multinazionale di pronto intervento, che avrà anche il compito di facilitare la dislocazione delle forze dell’esercito nazionale libanese. L’esercito, dichiara Peretz alla radio israeliana, vuole «creare le condizioni sul terreno perchè una forza internazionale con poteri effettivi possa agire». «I prossimi giorni - ripete il ministro della Difesa - saranno decisivi e determineranno se una organizzazione terroristica oserà ancora minacciare» Israele. Secondo il leader laburista, Hezbollah «non sarà più in grado di muoversi liberamente nel Sud Libano» né «di fare quello che gli pare, facendo anche entrare i guardiani della rivoluzione iraniani».
La stampa israeliana è unanime nel ritenere che per lo Stato ebraico sia iniziata una corsa contro il tempo, prima che il Consiglio di Sicurezza dell’Onu decreti la cessazione delle ostilità. «Il cessate il fuoco è questione di giorni, non di settimane», ha detto il segretario di Stato americano Condoleezza Rice: gli Stati Uniti puntano all'approvazione di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza sul Libano entro la settimana e potrebbero presentare un proprio progetto nelle prossime ore. In questo lasso di tempo Israele vuole conseguire il maggior numero di risultati sul terreno. Per questo ieri ha messo in campo forze nettamente maggiori. E lo sforzo bellico dovrebbe ampliarsi nei prossimi giorni. Secondo diversi analisti inoltre lo Stato ebraico ha bisogno di ottenere una vittoria militare chiara sul campo, davanti all’opinione pubblica interna, ma anche alla comunità internazionale e al mondo arabo, prima di una fine delle ostilità. I risultati militari finora conseguiti dall’esercito ritenuto il più potente del Medio Oriente contro i miliziani sciiti non sono infatti considerati convincenti dai più accreditati analisti israeliani.
Olmert però ieri sera ha voluto mettere a tacere le critiche alla strategia finora seguita da Israele nella guerra. «Anche se la campagna militare si fosse conclusa oggi, il volto del Medio Oriente sarebbe già cambiato in seguito al grande successo che lo Stato di Israele, l’esercito e il popolo hanno conseguito», scandisce il premier intervenendo a una cerimonia militare vicino a Tel Aviiv. Olmert, che l’altro ieri aveva negato che un cessate il fuoco fosse in vista «a giorni», ha aggiunto che si è «all’inizio di un processo politico» verso la fine delle ostilità. «Siamo all’inizio di un processo politico che porterà a un cessate il fuoco, in condizioni del tutto diverse da prima», assicura.
Le parole di Ehud Olmert fanno da didascalia alle bombe, ai raid, ai combattimenti a terra, alla pioggia di razzi tornata ad abbattersi sulle città della Galilea. Il «nuovo Medio Oriente» nasce già vecchio. Con il volto insanguinato.
A pagina 3 un articolo dedicato ai bambini e agli adolescenti (mai distinti) vittime della guerra in Libano e Gaza.
L'articolo omette completamente di spiegare le cause della tragedia, ovvero l'aggressione terroristica che da Gaza e dal Libano è diretta contro Israele.
Non citati i bambini israeliani vittime del terrorismo, che sarebbero certamente di più se Israele rinunciasse a difendersi.
Silenzio anche sull'uso dei civili come scudi umani da parte dei terroristi.
Ecco il testo:
UNA TRAGEDIA nella tragedia. Libano. Palestina. Numeri agghiaccianti, testimonianze disperate, accorati appelli di aiuto. Una infanzia sotto le macerie. I bambini, innocenti tra gli innocenti, vittime inconsapevoli della follia della guerra. Afferma Ann M.Veneman,
direttore generale dell’Unicef, l’agenzia dell’Onu per l’infanzia: «L’attacco israeliano a Cana dimostra in modo drammatico che, ancora una volta, sono i bambini a pagare per la guerra. Richiamiamo tutte le parti a prestare ascolto all’appello del segretario generale dell’Onu Kofi Annan per una cessazione immediata delle ostilità. È urgentemente necessaria la definizione di chiari accordi per un pieno e sicuro accesso umanitario alle popolazioni civili, che permetta la conduzione delle operazioni di soccorso». Sono quasi 200 i bambini e ragazzi rimasti uccisi in Libano dall’inizio del conflitto con Israele, resoconta l’Unicef. Un quarto degli 820 morti e 3200 feriti sono bambini e adolescenti, sottolinea Dan Toole, responsabile del programma di aiuti urgenti dell’Unicef. Oltre 800mila persone risultano sfollate all’interno dei confini nazionali libanesi, con più di 119.600 accampate in scuole, edifici e giardini pubblici all’interno e fuori di Beirut. Si stima, secondo l’Unicef, che circa il 45% delle persone sfollate siano bambini. Altri 100mila libanesi si sono rifugiati nella confinante Siria. Il bilancio di tre settimane di guerra stilato dall’Unicef trova riscontro nelle cifre fornite dal portavoce della Commissione sugli aiuti del governo di Beirut, secondo cui «al ventunesimo giorno dell’offensiva israeliana il ministero della Sanità libanese ha contato 828 morti e 3.200 feriti». «Si tratta di vittime identificate, questo bilancio non tiene conto di quanti si trovano ancora sotto le macerie», aggiunge il portavoce. A causa delle tante infrastrutture distrutte, intere località sono completamente isolate. Mentre le organizzazioni umanitarie, per i loro trasporti, dipendono dall’appoggio dell’esercito israeliano. «La storia non raccontata di questa guerra è che il 30% delle vittime sono bambini, come lo sono il 45% degli sfollati. Questo dimostra quale sia l’impatto di questo conflitto sull’infanzia», rimarca Ann Veneman. «Coloro che hanno la fortuna di sopravvivere - le fa eco la vicedirettrice Unicef, Rima Salah - spesso devono assistere alla morte o al ferimento di persone care e alla devastazione dell’ambiente in cui sono cresciuti. Per loro questi avvenimenti sono fonte di costante terrore e ansietà. Le famiglie sfollate ora devono fare i conti con la paura di soffrire per carenza di assistenza medica, acqua pulita e medicine». Un cessate il fuoco immediato - ribadisce - Dan Toole - è estremamente necessario per consentire l’arrivo di aiuti alle popolazioni civili interessate dalle operazioni armate. Per questo, precisa, l’Unicef ha bisogno di circa 20 milioni di euro. Due convogli di aiuti nel Sud Libano sono stati costretti ieri a rinunciare a proseguire per via dei bombardamenti continui, con le truppe d’Israele che non hanno potuto garantire la sicurezza dei convogli. «La difesa dei bambini e dei civili è un obbligo internazionale in tutte le guerre», ricordano i dirigenti dell’Unicef. Ma quest’obbligo spesso, troppo spesso, viene inevaso. In Libano, e non solo.
Bambini segnati dalla guerra. In Libano. In Palestina. L’altro fronte dell’emergenza umanitaria. I dati forniti sempre dall’Unicef sollecitano l’attenzione e l’impegno della comunità internazionale anche sulla situazione disperante della popolazione civile della Striscia di Gaza. Drammatico è il numero di vittime tra i bambini palestinesi a causa degli scontri: sono 63, dal gennaio 2006, i minori uccisi nei Territori palestinesi: 37 nel solo mese di luglio, 3 dei quali in Cisgiordania e 34 nella Striscia di Gaza, dove i bambini feriti sono oltre 100. Il numero dei morti finora registrato tra i bambini ha già superato del 30% quello totale del 2005. Nella Striscia, dove continuano gli scontri e i raid aerei israeliani, servizi pubblici di base, attività commerciali e la vita stessa delle famiglie palestinesi sono al collasso, sconvolte - denuncia un comunicato dell’agenzia dell’Onu per l’infanzia, dalle incursioni militari, dalla chiusura dei valichi di confine e dalla mancanza di elettricità e carburante: il bombardamento dell’unica centrale elettrica di Gaza, il 28 giugno, e il blocco dei rifornimenti di carburante da Nahal Oz, la sola fonte di combustibile per la Striscia, causano ripetute interruzioni nell’erogazione di energia e carburante, la cui fornitura è indispensabile per la conservazione di vaccini e medicinali e per il funzionamento di strutture sanitarie, impianti idrici e fognari.
«Dell’emergenza umanitaria a Gaza e della necessità di un intervento straordinario dell’Europa abbiamo parlato nell’incontro avuto a Gerusalemme con il ministro degli Esteri italiano, ricevendo da D’Alema l’assicurazione di una forte iniziativa italiana in ambito Ue», dice a l’Unità Saeb Erekat, capo negoziatore dell’Anp, tra i più stretti collaboratori del presidente dell’Anp Mahmoud Abbas (Abu Mazen). I centri sanitari funzionano solo grazie ai generatori di riserva, le forniture idriche sono state ridotte in tutta Gaza; l’acqua corrente non raggiunge i piani più alti degli edifici, con gravi problemi per le famiglie con anziani, disabili e bambini piccoli; 33 impianti fognari sono mantenuti in funzione 6 ore al giorno e 3 centrali di depurazione hanno interrotto le attività per mancanza di carburante, riversando in mare acqua contaminata, con gravi rischi per la salute della popolazione. Crescono inoltre i pericoli di contaminazione del cibo, poichè le interruzioni di elettricità potrebbero impedirne la corretta conservazione. «L’aumentato livello di violenza costringe i bambini a vivere in una situazione di paura ed insicurezza costante», racconta Monica Awad, responsabile alla comunicazione dell’Unicef nei Territori palestinesi. Gravi, inoltre, i traumi psicologici a loro provocati, per la perdita di familiari e amici, lo shock dei bombardamenti e delle operazioni militari, ma anche per i cosiddetti «sonic booms», il frastuono prodotto dagli aerei a reazione che, generalmente di notte, rompono la barriera del suono a bassa quota: da quando sono ripresi, il 28 giugno, ne sono stati contati oltre 25.
In prima pagina, il quotidiano pone l'allucinante titolo: "Libano. è guerra contro i bambini".
Unito a quello interno "Olmert: "Israele sta vincendo la guerra" comunica l'immagine di un Israele che deliberatamente uccide i bambini e se ne compiace.Cliccare sul link sottostante per inviare una e-mail alla redazione dell'Unità lettere@unita.it