Definire "denuncia" la fantapolitica del vescovo libanese Beshara Raj, secondo il quale Israele ed Hezbollah, e addirittura Israele , Siria e Iran, sarebebro alleati contro i cristiani libanesi sembra francamente eccessivo. Lo fa Il RIFOMISTA , il 21 luglio 2006, presentando l'intervista all'esponente religioso.
E non si capisce come un'intervista del genere possa contribuire all'informazione sul Medio Oriente, a maggior ragione se le dichiarazioni dell'ecclesiastico sono presentate in modo del tutto acritico, come sceglie di fare Rio Paladoro.
Ecco il testo:
In greco si pronuncia byblos, in arabo jubail. È una delle città più antiche del mondo fondata probabilmente più di 7 mila anni fa. Sorge a circa 37 chilometri a nord di Beirut, in Libano, sulle rive di un mare limpido e cristallino, acque un tempo protagoniste degli scambi commerciali tra i fenici e l’antico Egitto. Città alla quale, secondo alcuni studiosi, si deve la scoperta dell’alfabeto, Byblos è la città del libro, (propriamente significa papiro, termine che poi i greci tradussero come libro) ed è ancora oggi abitata da differenti etnie e appartenenze religiose.
Come in tutto il Libano, anche a Byblos convivono pacificamente cristiani e musulmani assecondando una sorta di patto non scritto che negli anni ha permesso alla città di fare da ponte tra la cultura araba e quella occidentale. A Byblos, infatti, i matrimoni misti sono all’ordine del giorno, i bambini frequentano le medesime scuole (né cristiane, né musulmane, eppure rispettose delle rispettive identità), ognuno può celebrare liberamente le proprie festività.
Fino ad una settimana fa a Byblos tutto era tranquillo. L’antico porto accoglieva le calme onde del Mediterraneo e invitava i tanti turisti europei a camminare fino al castello crociato, al tempio fenicio, al teatro romano, alla necropoli reale. Luoghi che trasudano storia, tradizione, antichità. Oggi non è più così. Anche se i raid israeliani hanno colpito soltanto due camion sospettati di trasportare armi per l’Hezbollah, in città si respira vento di guerra. In pochi giorni migliaia di profughi sono arrivati dal sud del paese chiedendo asilo e riparo nelle strade, nelle scuole, ovunque. Anche Beshara Rai, vescovo cristiano maronita della città, ha dovuto rimboccare le maniche alla sua lunga tonaca e accogliere anch’egli tanti disperati. Famiglie intere, anziani e bambini al seguito, che con i loro bagagli di fortuna chiedono spiegazioni di una guerra che non comprendono. Nei grandi occhi neri dei bambini, occhi profondi come lo erano un tempo le acque del fiume Giordano - le uniche che, seppur idealmente, riescono ancora oggi ad unire Libano, Siria, Giordania, Israele e Palestina - impresse sono le immagini dei bombardieri con la Stella di Davide che sganciano i loro ordigni sui più disparati obiettivi. Al fuoco, risponde l’offensiva via terra dell’Hezbollah, rapida e precisa come non lo era mai stata. «E in mezzo - spiega Beshara Rai - ci siamo noi libanesi». E ancora: «Siamo come un grande campo di calcio in cui due squadre si contendono un trofeo che non ci appartiene». Perché tutto questo? È la domanda che si pongono tutti a Byblos, senza riuscire a trovare risposta. «A mio avviso - tuona Beshara Rai, sanguigno vescovo della Chiesa maronita, una delle Chiese con più aderenti in Libano e in comunione con Roma dal tempo dei crociati - è in atto un tentativo mosso assieme da quattro alleati. Per come stanno evolvendosi le cose, mi sembra che Israele, Iran e Siria finanziando l’Hezbollah, siano alleati di un unico progetto, quello di cacciare i cristiani dal Libano e far sorgere un unico regime musulmano ben visto, tra l’altro, da tutto il mondo arabo». Pochi giorni fa, una comunità cristiana che celebrava ancora più a nord di Byblos la funzione di sant’Elia, è stata attaccata da raid aerei. «Cosa c’entra questo bombardamento con la disputa Israele-Hezbollah?», si domanda Beshara Rai. E per rispondere, cita il biblico re Salomone che, come raccontano i Libri dei Re, un tempo dovette prendere una decisone importante. Due prostitute gli vennero poste dinanzi. Abitavano lo stesso tetto e avevano partorito un figlio ciascuna. Una notte, uno dei due bimbi morì e, secondo l’accusa, una delle donne scambiò suo figlio morto con quello vivo dell’altra. Così, dopo aver sentito varie volte litigare le due, Salomone si fece portare una spada e si avvicinò al bambino, facendo credere che lo avrebbe tagliato a metà per darne una parte a ciascuna. In questo modo Salomone capì subito quale fosse la vera madre, non quella che approvava questo giudizio, ma quella che per amore del figlio implorò che fosse risparmiato, anche a costo di darlo all’avversaria. «Chi tra Israele o l’Hezbollah sarebbe disposto a deporre la spada per il bene del Libano? - si chiede Beshara Rai - Ve lo dico io, nessuno dei due perché nessuno è madre del Libano ma sono entrambi contendenti di un territorio che vogliono semplicemente radere al suolo».
«Condivido - conclude Beshara Rai - le parole del Papa che ha chiesto di difendere i diritti dei libanesi a “vedere rispettata l’integrità e la sovranità del loro paese”, degli israeliani a “vivere in pace nel loro Stato” e dei palestinesi “ad avere una loro patria libera e sovrana”. Ma, mi domando, chi tra Libano e l’Hezbollah è disposto ad ascoltarlo? Forse soltanto noi libanesi».
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