Un articolo di Umberto De Giovannageli sui campi di addestramento al terrorismo per bambini, istituiti da Hamas.
Un articolo che informa su uno degli aspetti peggiori, e meno conosciuti, della guerra scatenata dai gruppi palestinesi contro Israele.
Non senza reticenze e difetti.
Non è la "questa sporca guerra", ad esempio, ad aver rubato l'infanzia ai bambini palestinesi.
Sono piuttosto coloro che la guerra l'hanno voluta e la vogliono. Appunto i capi terroristi di Hamas e Al Fatah.
Ecco il testo:
QUESTA SPORCA guerra ha rubato loro l'infanzia. Li vedi marciare sotto un sole cocente, «persi» in tute mimetiche più grandi dei loro corpi esili, da bambini, quali sono. I loro occhi hanno visto scene che la loro mente non cancellerà mai: padri, fratelli
maggiori uccisi, imprigionati. Sono loro, i bambini di Gaza, le prime vittime di un conflitto che appare interminabile. «Avanti, un, due, tre» ritma il loro istruttore. Siamo a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, in uno dei campi di addestramento istituiti da Hamas. Campi per bambini. Che «giocano» alla guerra. In piena offensiva militare israeliana, i campi di addestramento istituiti da Hamas servono a insegnare a Ahmed, Mahmud, Faisal, Nabili, età media 10 anni, a vincere la paura. «Noi siamo forti. Allah, Allah, Allah», ritmano i bambini che marciano al suono di una musica marziale. Alcuni di loro sono cresciuti a un passo dal mare ma il primo bagno l'hanno potuto fare solo una estate fa, quando Israele ha smantellato i 21 insediamenti ebraici nella Striscia. Prima, racconta Ghassam, «io e i miei fratelli non potevamo avvicinarci al mare, perchè la strada era sbarrata dai soldati di guardia all'insediamento».
Sono un centinaia i piccoli «shahid», la fronte cinta da una fascia verde e bianche t-shirt con su scritto: «No all'assedio. Stanno insieme per una settimana, studiano (il Corano), marciano, e soprattutto imparano a conoscere, e odiare, il «nemico sionista». Fanno tenerezza, questi bambini strappati alla loro infanzia. E fanno rabbia coloro che violentano i loro pensieri, che costruiscono nelle loro menti solo una spazio per l'odio. «Noi non siamo qui per formare dei kamikaze. Insegniamo loro solo a non subire la violenza passivamente e cerchiamo di aiutarli a stare meglio», dice Mohammad, un religioso. L'Anp ha cancellato tutti i campi estivi nella Striscia per mancanza di soldi e per ragioni di sicurezza. Hamas no. Hamas punta decisamente a inquadrare la gioventù palestinese, fin dalla più tenera età. È un investimento sul futuro. Un investimento sulla pelle di questi bambini. Si ribella a questa nostra affermazione Saad Owan, uno degli istruttori. «Noi cerchiamo di distrarli dalle devastazioni quotidiane. Cerchiamo di sottrarli alla violenza consumata ogni giorno dai soldati israeliani. Non siamo noi - dice convinto - a inculcare l'odio in questi bambini, è la realtà che li circonda che parla solo di odio, di morte, di ingiustizia». «Avanti, un, due, tre», ripete un miliziano. I bambini marciano, ma più che marciare trascinano se stessi. «Gli israeliani vogliono ucciderci e distruggere le nostre case», afferma Abdallah Hamed, sette anni.
Entriamo in una piccola stanza che funge da classe di studio e di ricreazione per questi bambini in divisa. Alle pareti ci sono decine di foto di «shahid» i martiri dell'intifada, gli uomini-bomba che hanno seminato morte e distruzione nelle città israeliane. Sono gli eroi dei bambini di Gaza. Nemer, un altro istruttore, ci mostra i disegni fatti dai bambini. Sono la riproduzione del loro vissuto quotidiano: aerei che bombardano case, bambini grondanti di sangue, madri a cui soldati con la stella di David strappano dalle braccia i loro figli. Ma nella loro mente c'è anche spazio per la speranza: «Spero che la mia vita possa cambiare un giorno, e spero che gli israeliani possano capire che con i musulmani è possibile andare d'accordo», sostiene Mohammed Sobeh, 11 anni. La sua storia è simile a quella di tanti bambini di Gaza: cresciuto nel campo profughi di Khan Yunes, assieme a 12 fratelli e sorelle, Mohammed ha visto suo padre, Bassem, venir portato via dai soldati israeliani una notte di tre anni fa. D'allora, Mohammed non ha più notizie del padre: «È in un carcere israeliano - dice - e spero che possa essere liberato in cambio del soldato rapito». Storie di sofferenza, di patimenti, di miliziani. Storia di Hakim, nove anni, che ha visto morire tra le sue braccia Munir, 13 anni, suo fratello, colpito da un proiettile di gomma sparato da un soldato israeliano durante uno scontro con ragazzini palestinesi che lanciavano pietre. Non ha sogni Hakim, o forse sì. Ma un sogno terribile: quello di divenire un giorno un «uomo-bomba». «Un, due, tre, avanti..», scandisce l'istruttore. Qui nel campo estivo di Rafah la guerra non è un gioco. È la realtà che ha violato l'infanzia dei bambini di Gaza.
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