"Dialogo interreligioso" e "relazioni commerciali"
così la "sinistra liberal" s'illude di poter cambiare i regimi dittatoriali
Testata:
Data: 01/06/2006
Pagina: 0
Autore: la redazione
Titolo: SINISTRA/FASSINO E SOFRI: DEMOCRAZIA NON SI ESPORTA CON ARMI

"Diplomazia" , "dialogo interreligioso", "battaglie per la secolarizzazione," infine il "sistema delle relazioni economiche e commerciali".
Questi i mezzi privilegiati indicati dalla cosiddetta sinistra liberal (Fassino, sofri) per contrastare le dittature, durante la presentazione del libro di Christian Rocca "Cambiare regime".
E' certo che nessun regime è mai caduto  per simili cause e, in particolare nel caso iraniano, si vorrebbe che la "sinistra liberal" si sforzasse di indicare alternative più serie all'impiego della forza militare.
Che in alcuni casi, quando l'aggressione da parte di una dittatura , anche sotto forma di sostegno al terrorismo, dura da tempo, e se ne preparano di altre e peggiori , può risultare inevitibale e non posticipabile per aspettare che "dialogo interreligioso" e "relazioni economiche e commerciali"  conseguano i loro improbabili effetti di  democratizzazione.

Ecco il testo di un lancio Apcom:

 Roma, 1 giu. (Apcom) - La democrazia e i diritti sono la questione ineludibile dei nostri tempi ma la guerra non è il modo giusto, e nemmeno l'unico affinchè i sistemi democratici si consolidino anche nei paesi dittatoriali. Il segretario dei Ds, Piero Fassino e Adriano Sofri ne sono convinti entrambi e hanno esposto, con argomenti diversi, una tesi molto affine nel corso di un dibattito organizzato dal Foglio di Giuliano Ferrara, in occasione della presentazione dell'ultimo libro di Christian Rocca, 'Cambiare regime'. Nel libro l'autore interroga la sinistra sulla necessitÖ che non smarrisca la sua vocazione 'naturale' a "lottare per le dittature e battersi per i popoli oppressi". La tesi di Rocca è che "l'idea di abbattere i regimi dittatoriali sia principalmente un'idea di sinistra, di una sinistra democratica e liberale. Nel '99 questo è successo, durante il governo D'Alema, con l'intervento armato in Kosovo e nei Balcani, dove fu fatta una guerra preventiva e senza l'egida dell'Onu". Promuovere la democrazia dunque "vuol dire abbattere gli ostacoli al sistema democratico: cioè abbattere i dittatori, o finanziando l'opposizione oppure attraverso l'uso della forza". Secondo Fassino la tesi è corretta solo in parte, però, "affermare la democrazia è giusto e serve innanzi tutto a garantire la sicurezza - osserva -, la discussione però non dovrebbe concentrarsi tanto sulla opportunità o meno di battersi per il rispetto dei diritti laddove vengono negati, su questo siamo tutti d'accordo, tanto più lo è la sinistra, ma che la guerra venga considerata l'unica soluzione, l'unica risposta è rischioso è velleitario". L'uso della forza che il segretario della Quercia considera una ipotesi praticabile solo come 'extrema ratio' "non è replicabile a prescindere dai contesti, perciò io la condivisi per i Balcani ma credo che la crisi iraniana non si possa risolvere così". Dello stesso avviso l'ex leader di Lc che dice: "L'autore del libro sostiene senza ombra di dubbio che è giusto intervenire dove c'è la tirannide. Io ho molto dubbi su questo, dirlo significa considerare giusta la guerra. Credo invece sia necessario entrare ogni volta nel merito e valutare se è giusto intervenire con la forza considerando anche quali saranno gli esiti". Sofri cita a questo proposito il caso dei Balcani, in cui fu opportuno intervenire, quello dell'Iraq, nel quale il pericolo imminente che giustificasse un intervento militare non c'era, e infine quello del Ruanda, dove le grandi potenze lasciarono che compisse un massacro mentre "era una situazione in cui tutti sarebbero stati legittimati ad intervenire". Al centro del dibattito anche la situazione in Iran. Fassino ha sollevato il tema del disarmo nucleare, a suo avviso sottovalutato negli ultimi anni e ritornato di attualità proprio con la crisi iraniana. "Vedo un doppio standard che mi convince poco: intorno all'Iran vi sono quattro potenze nucleare a cui nessuno chiede niente, tra le quali il Pakistan". Anche Sofri ha sollevato il pericolo rappresentato da Ahmadinejad, che "oggi può sembrare solo una macchietta ma può diventare un personaggio tragico. Credo che l'intervento armato in Iran non servirebbe e non eviterebbe danni incalcolabili per l'Occidente, danni già provcati da Bush e Chirac quando hanno dichiarato che sono pronti ad usare la bomba nucleare tattica: il doppio standard è una follia. Più utile sarebbe invece fare in modo che tutti i dententori di armi nucleare si facessero carico di impedirne la proliferazione". Il segretario della Quercia ha quindi ricordato come "in questi anni troppe volte abbiamo tollerato e chiuso gli occhi davanti regimi dittatoriali, come quello dei talebani in Afghanistan o con Saddam Hussein, che è stato ampiamente corteggiato dalle potenze americane e inglesi per lungo tempo". Fassino, sostenitore convinto di una politica di pace preventiva illustra quali a suo avviso sono i campi per applicarla: "Non c'è solo la diplomazia ma anche il dialogo interreligioso, le battaglie per la secolarizzazione, il sistema delle relazioni economiche e commerciali". Diversi possono essere dunque i fronti sui quali avviare iniziative per affermare la cultura dei diritti, se non bastano "si passa all'uso della forza che allora però avrà una legittimazione e una giustificazione morale più grande. Questo è il tema che la sinistra deve porsi e che non si è posta fin'ora limitandosi a dire solo no alla guerra - ha concluso -. Io sono stato contrario alla guerra in Iraq ma ho avvertito lo scrupolo per non aver formulato una soluzione alternativa".

Cliccare sul link sottostante per inviare una e-mail alla redazione di Apcom. Sopratttutto, utilizzare questa notizia per scrivere la propria opinione al quotidiano di riferimento

redazione@apcom.it