In un articolo sull'amore della figlia del premier di Hamas Haniyeh per un terrorista palestinese, pubblicato dalla STAMPA del 30 maggio 2006, si trovano una banalizzazione e una estetizzazione del terrorismo.
I terroristi e i loro sostenitori diventano eroi romantici, i problemi diplomatici di un politico compromesso con la violenza, questioni da commedia sui rapporti famigliari.
Ecco il testo:
In territorio nemico, sotto falso nome: l’avventura che ieri ha portato Khawla Haniyeh, figlia del premier palestinese Ismail, in una prigione israeliana non è stata, a quanto pare, una missione suicida come ci si aspetterebbe dall’erede di uno dei leader di Hamas, ma una fuga d’amore. Con un documento falso la diciottenne Khawla è riuscita a infilarsi nel carcere di Beersheba, per incontrare il suo fidanzato, ma è stata scoperta e arrestata. Quando è stata rilasciata e scortata fino a Gaza, circondata dai poliziotti israeliani - velo islamico bianco stretto intorno al volto, mento alzato orgogliosamente, le labbra serrate, lo sguardo degli occhi (identici a quelli del papà premier) pieno di rabbia - non sembrava minimamente pentita di aver provocato un mezzo scandalo diplomatico e aver portato il padre sull’orlo del collasso nervoso.
Un’eroina così ovviamente non poteva innamorarsi che di un bravo ragazzo, come lo intende Hamas, e si strugge d’amore per Abdel Muaty Haniyeh, suo cugino, che a 30 anni ha la prospettiva di passare i prossimi tre lustri in carcere, per tentato omicidio. Non sappiamo se papà Ismail - costretto a gestire, oltre al governo palestinese, altri 12 figli - approvava la relazione, ma Khawla non sembra una di quelle che si fanno intimidire dall’opinione degli altri. E nemmeno dalle regole e dai posti di blocco: pur di vedere Abdel, ieri ha lasciato Gaza per attraversare il valico di Erez con un documento falso, appartenente a una delle sorelle del suo fidanzato. Contava sul fatto che i cognomi erano uguali e le facce, sotto il velo, non sarebbero apparse troppo diverse.
Ha funzionato, e a quanto pare non era la prima volta che Khawla tentava questa sortita. Da Gaza a Beersheba sono poche decine di chilometri, e arrivata alla prigione di Eshel la ragazza si è spacciata per la sorella del detenuto riuscendo a incontrarlo. Ma galeotto è stato il guardiano che assisteva al colloquio e l’ha sentita spiegare al fidanzato lo stratagemma al quale aveva ricorso pur di vederlo. E’ stata arrestata e ha confessato di essere figlia del premier palestinese, che nel frattempo la stava cercando disperatamente.
Dopo qualche ora di telefonate Khawla è stata rilasciata e scortata fino a Gaza. Ora dovrà rendere conto della sua scappatella al primo ministro in persona. Forse il severo padre islamico vorrà punire la figlia, ma il premier invece dovrebbe premiarla: grazie a Khawla si è scoperto che anche gli uomini - e soprattutto le donne - di Hamas hanno un cuore
Cliccare sul link sottostante per inviare una e-mail alla redazione della Stampa