Scegliere il peggio e lasciare il (poco) di buono contenuto nelle dichiarazioni di D'Alema a Vienna
la scelta di u.d.g. e del quotidiano
Testata:
Data: 29/05/2006
Pagina: 7
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: D'Alema: non si affamino i palestinesi

Desta seria preoccupazione l'interpretazione che della politica estera delineata da Massimo D'Alema, in particolare relativamente al conflitto israelo-palestinese, fornisce L'UNITA' del 29 maggio 2006.
Muovendo dall'assunto, falso, che il blocco dei finanziamenti ad Hamas mirasse ad "affamare i palestinesi", il quotidiano sintetizza in un titolo a effetto: "D'Alema: non si affamino i palestinesi". Il sottotitolo recita: "Ingiusto e inaccettabile il blocco degli aiuti umanitari. Ma Hamas rinunci alla violenza", nessun cenno al fatto che Hamas non è ritenuto un interlocutore dallo stesso D'Alema.

E' bene ricordare che nè l'Unione europea, nè Israele  (che ha deciso di fornire medicine gratis agli ospedali dei territori) hanno deciso il blocco degli aiuti umanitari, ma solo quello dei finanziamenti al governo di Hamas.

Le parole di D'Alema, dunque, o non aggiungono sostanzialmente nulla alla politica europea,  o preludono a un' apertura di credito all'organizzazione terroristica.

Nel suo articolo u.d.g. fa proprie le affermazioni più discutibili di D'Alema, come quella relativa al rischio che i palestinesi si convincano che "la democrazia porta guai " (non la democrazia porta guai, ma la vittoria elettorale di forze totalitarie e terroriste), e come  la dichiarazione di un'  infondata certezza circa  la non condivisione dell'oltranzismo di Hamas  da parte della maggioranza dei palestinesi, che per la forza islamista, però,  hanno votato.

Insieme al titolo questo testo sembra dunque aprire la porta all'interpretazione peggiore della politica proposta da D'Alema.
Aiuti umanitari ad ogni costo, per evitare di "affamare" i palestinesi e di produrre guai politici peggiori di quelli che si vogliono evitare.
E un domani, non appena Hamas offra il minimo appiglio, forse persino finanziamenti esplicitamente diretti all'organizzazione islamista.

Ecco il testo:

L’EUROPA PUNTA su Abu Mazen. E fa degli aiuti umanitari un investimento politico a favore del presidente moderato dell’Autorità nazionale palestinese. Il Medio Oriente «irrompe» nel vertice informale dei ministri degli Esteri dell’Unione europea conclusosi ieri
a Klosterneuburg, alle porte di Vienna. Il vertice dei Venticinque fa della «questione palestinese» uno dei punti centrali di un rinnovato protagonismo dell’Europa in quella tormentata Regione. Assieme ai Balcani, il Medio Oriente è ai primi posti della politica estera italiana. A sottolinearlo è Massimo D’Alema. È fondamentale lavorare per «evitare il rischio umanitario nei Territori palestinesi» e fare questo senza però «favorire il governo di Hamas», spiega il titolare della Farnesina nel suo incontro conclusivo con la stampa a Vienna. Dalla capitale austriaca, D’Alema mette in guardia dal pericolo di «far pagare alla popolazione palestinese» la vittoria elettorale di Hamas. Anzitutto perché indurrebbe i palestinesi a pensare che «la democrazia porta guai» e poi perché, in mancanza di aiuti occidentali, le uniche risorse nei Territori affluiscono «dall’Iran e dalle organizzazioni islamiche» e quindi «rafforzano i gruppi radicali». In questo contesto, il ministro degli Esteri riferisce che i Venticinque capi delle diplomazie dell’Unione hanno approvato il meccanismo studiato dalla Commissione per far affluire fondi e risorse nei Territori a fini umanitari e di assistenza. D’Alema insiste su un punto: se la popolazione palestinese non dovesse ricevere aiuti, sarebbe «ingiusto e inaccettabile». E, inoltre, si rischierebbe «radicalizzazione e destabilizzazione» della situazione con effetti «contrari alla prospettiva della pace e della sicurezza». L’Europa vuole evitare il «rischio di collasso umanitario» nei Territori: è l’indicazione che emerge dal vertice in terra austriaca.
È un dovere e un impegno che l’Unione Europa porterà avanti «senza favorire il governo di Hamas» che, ribadisce D’Alema «non può essere considerato un interlocutore». Hamas deve invece dare risposte positive alle richieste internazionali e, quindi, rinunciare alla violenza, riconoscere Israele e gli impegni sottoscritti dall’Anp. Gli aiuti umanitari possono essere anche un importante strumento politico per rafforzare la leadership di Abu Mazen. L’Unione Europea, rimarca in proposito il vicepresidente del Consiglio, segue «con interesse» l’iniziativa politica del presidente dell’Anp. D’Alema dice di ritenere che la popolazione palestinese non sia «contraria a questa prospettiva» di pace e che l’atteggiamento del governo di Hamas «non risponde ai sentimenti prevalenti della popolazione palestinese». Abu Mazen, rileva il titolare della Farnesina, «cerca di fare leva su quella volontà di pace che esiste nella maggioranza del popolo palestinese» ed è anche per questa ragione che il mancato aiuto umanitario nei Territori avrebbe «effetti negativi»: da un lato indurrebbe la convinzione che la democrazia «porta guai e non sviluppi positivi» e dall’altro permetterebbe soltanto ai gruppi integralisti di disporre di risorse.
Dal «fronte mediorientale» alla sfida europeista. Per D’Alema «non si può parlare di crisi dell’Europa. La costruzione comunitaria ha conosciuto battute d’arresto, ma il processo compiuto fino ad oggi è irreversibile». L’Unione ricorda il vicepremier «si è allargata a Venticinque paesi ed è prossima ad allargarsi ulteriormente». All’Europa, «guardano con una forte domanda Paesi nei Balcani, la Turchia, l’Ucraina». Al tempo stesso il ministro degli Esteri riconosce che l’Europa ha bisogno di «istituzioni più forti» e che è assolutamente indispensabile «rilanciare il processo di integrazione europeo». La pausa di riflessione durerà ancora un anno e in questo periodo sarà assai importante - è opinione di D’Alema - utilizzare i trattati esistenti per rafforzare la cooperazione in alcuni settori concreti, come quello della politica energetica. Di certo «non verrà abbandonato» il Trattato costituzione e l’Italia vuole che ne «sia salvata e recuperata la maggior parte possibile».
Nel frattempo bisogna «utilizzare i trattati esistenti», non si stanca di ripetere il titolare della Farnesina, soddisfatto che sia prevalsa, in sede di conclave, questa logica su quella del cosiddetto «cherry picking» del Trattato (prenderne dei pezzetti soltanto, ndr.) che, dice il ministro, «sarebbe dire abbandonarlo». In questo quadro, D’Alema torna a insistere sull’importanza di un rapporto più forte tra Italia e Germania sulla strada del rilancio europeo.
Il titolare della Farnesina ha avuto, l’altro ieri sera, un colloquio con il suo collega tedesco Frank Walter Steinmeier nel corso del quale, sottolinea. sono state constatate «grandi convergenze di vedute e di interessi». Tra Roma e Berlino c’è, annota D’Alema, «un forte impegno comune per rilanciare le prospettive europee». Questo, in vista soprattutto del turno di presidenza tedesco dell’Ue che cadrà nel primo semestre del 2007 in concomitanza, tra l’altro, con il cinquantesimo anniversario dei Trattati di Roma e con le elezioni presidenziali francesi. L’Unione ha comunque bisogno di istituzioni più forti, insiste il titolare della Farnesina. E l’orizzonte temporale, in tal senso, è «quello che guarda al 2009: l’obiettivo è quello di arrivare alle elezioni europee in un quadro costituzionale rinnovato

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