L'UNITA' enfatizza un articolo di Maariv nel quale si sostiene la possibilità di un'intesa tra Israele e il ministro degli Esteri italiano D'Alema, giudicato un "pragmatico".
Per l'appunto un pragmatico , con il quale sono possbili trattative non certo un amico di Israele del quale fidarsi a priori, come suggeriscono Umberto De Giovannangeli e un titolo scorretto.
Ecco il testo:
ROMA Una forzatura indebita. Una mezza gaffe diplomatica. Una interpretazione portata all’eccesso dei «desiderata» di circoscritti ambienti politici di Gerusalemme che avevano sposato la causa del centrodestra italiano. «Una crocefissione superflua»: è il titolo dell’articolo a firma Menachem Ganz, corrispondente da Roma di Maariv, uno dei più autorevoli quotidiani d’Israele. Nell’articolo, Ganz lamenta che la diplomazia israeliana si sia affrettata ad esprimere giudizi sul neoministro degli Esteri italiano Massimo D’Alema fin dai primi giorni del governo Prodi. Secondo Maariv, ci sono a Gerusalemme diplomatici persuasi che sia bene che «D’Alema sappia che gli occhi di Israele seguono le sue mosse con preoccupazione». Questo è, secondo l’articolista, un atteggiamento errato. «Indubbiamente D’Alema non sarà un amico di Israele - scrive Ganz - e la sua politica non sarà sempre dalla parte di Israele come è avvenuto prima, ma (il ministro degli Esteri) è un pragmatico che sa lasciarsi alle spalle l’ideologia». «Israele deve capire chi ha di fronte - incalza il giornalista - non stiamo parlando di un leader comunista o di un attivista del movimento no-global ma del presidente dei Ds che quando è stato primo ministro ha appoggiato le operazioni della Nato in Kosovo e ha incontrato Ariel Sharon e anche Benyamin Netanyahu». Il corrispondente del Maariv sottolinea che nelle sue più recenti dichiarazioni, e in modo molto netto e circostanziato nell’intervista concessa a l’Unità, D’Alema ha detto con estrema chiarezza che non si allontanerà dalla linea dell’Ue in Medio Oriente.
Voltare pagina, dunque. Con D’Alema, sostiene Maariv, «è possibile fare affari». A condizione, aggiunge, che il prossimo ambasciatore di Israele sappia adottare la impostazione giusta: «Allora la luna di miele conclusa potrebbe essere seguita da un fruttuoso menage familiare». All’ambasciatore uscente di Israele a Roma Ehud Gol, il quotidiano di Tel Aviv riconosce che ha conseguito successi «impressionanti»; ma rileva anche che «di lui è stato detto che era fin troppo identificato con Silvio Berlusconi». Presto nell’ambasciata ci sarà un avvicendamento e il suo successore, conclude il giornale, dovrà dedicare maggiori sforzi per stringere le relazioni con la sinistra italiana.
Relazioni sollecitate da esponenti significativi della politica israeliani e palestinesi. Come Yossi Beilin, più volte ministro nei governi guidati da Yitzhak Rabin e Shimon Peres, e Yasser Rabbo, già ministro dell’Autorità nazionale palestinese, esponente dell’ala progressista della dirigenza dei Territori. Sulla stessa lunghezza d’onda si muovono i più stretti collaboratori del presidente dell’Anp Abu Mazen. Come Saeb Erekat: «Speriamo - dice Erekat a l’Unità - che il ministro degli Esteri italiano possa dare il suo contributo al rilancio del negoziato tra noi e Israele». «Conosco D’Alema - aggiunge Erekat - e so che ha a cuore le sorti del popolo palestinese e di quello israeliano, i cui diritti inalienabili, ad uno Stato indipendente e alla sicurezza, sono tra loro indissolubilmente legati».
Per rafforzare la tesi , L'UNITA' raccoglie anche un'intervista a Yossi Beilin.
Certo, Israele é una democrazia, e a cercare tutte le opinioni vi sono rappresentate.
Ma la selezione operata dall'UNITA' é chiaramente parziale.
Ecco il testo.
Ho molto apprezzato le considerazioni svolte da Massimo D'Alema nella sua intercista a l'Unità per ciò che concerne il conflitto israelo-palestinese. Concordo soprattutto su un punto cruciale: l'affermazione in campo palestinese di Hamas non può divenire il pretesto per perseguire da parte di Israele una politica unilateralista e per negare l'esistenza in campo palestinese di una controparte con cui negoziare. Quella controparte esiste: è il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Mahmud Abbas (Abu Mazen)». A parlare è Yossi Beilin, leader di Yahad, il partito della sinistra sionista, uno degli artefici dell'Iniziativa di Ginevra, il piano di pace elaborato da politici, intellettuali, militari israeliani e palestinesi. "Ricordo- sottolinea Beilin - che D'Alema fu tra i leader politici europei che sostennero con convinzioni quell'iniziativa, convinto che delineasse un compromesso equo e praticabile su tutti i contenziosi aperti».
Isolare Hamas e al tempo stesso operare per un rilancio del negoziato di pace fra Israele e Anp. È l'impegno che il neoministro degli Esteri e vicepremier italiano Massimo D'Alema si è assunto nella lunga intervista a l'Unità.
«Si tratta di una presa di posizione importante soprattutto se diverrà una linea d'azione comune dell'Europa. L'affermarsi di Hamas nelle elezioni palestinesi del gennaio scorso ha rappresentato indubbiamente una pesante battuta d'arresto nella strategia negoziale e tuttavia le ragioni che spingono alla ricerca di un compromesso sostenibile con i Palestinesi non sono venute meno, semmai si sono rafforzate. Delegittimare la controparte non è mai stata una buona politica, perseverare nell'errore sarebbe prova di una grave miopia politica».
D'Alema punta al rafforzamento in campo palestinese della Presidenza Abu Mazen.
«Si tratta di un investimento politico da sostenere. In questo senso, il mini vertice di Sharm el-Sheikh di ieri (domenica, ndr.) può essere visto come un primo passo nella giusta direzione. Ma resterebbe fine a se stesso se su questa strada Israele non incontrasse la determinazione di Europa e Stati Uniti nel rilanciare il processo di pace. Non da oggi Massimo D'Alema è convinto che al dialogo non vi sia alternativa. È tempo che l'Italia torni a fare di questa convinzione parte fondamentale della propria azione diplomatica in Europa e sullo scenario mediorientale».
C'è chi, in Israele e nell'ebraismo italiano, ha espresso preoccupazioni per la nomina di D'Alema a ministro degli Esteri, tacciandolo per «filo-palestinese».
«Se può consolarlo, dica a D'Alema che è in buona compagnia: per aver dato vita all'Iniziativa di Ginevra sono stato tacciato di tradimento, di collusione con i terroristi…Difendere il diritto dei palestinesi a un loro Stato indipendente non significa osteggiare le ragioni e gli interessi di Israele, ma rafforzarli, perché non vi potrà mai essere una pace nella sicurezza per noi israeliani se non sarà data una soluzione equa alla questione palestinese. Dire questo e lavorare per questo, significa essere dei veri amici di Israele. Nessuna causa, neanche la più legittima, può giustificare il terrorismo contro civili inermi, ma il modo più incisivo per isolare e sconfiggere i fautori del terrore è dare una chance alla pace e dimostrare ai palestinesi che con il dialogo possono veder realizzati i loro diritti».
Dai Territori giungono appelli pressanti perché la Comunità internazionale eviti il rischio di una catastrofe umanitaria.
«Su questo, faccio mie le considerazioni di Tzipi Livni (ministro degli Esteri israeliano), ndr.: noi vogliamo aiutare il popolo palestinese e non punirlo per il voto. Questo aiuto è un atto di giustizia, di moralità ed anche una prova di lungimiranza politica».
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