La giornata pasquale ci ha portato due buone notizie, contenute negli articoli di Giulio Meotti sul FOGLIO (16.4.2006 pag.2 titolo "La rivista di paolo VI denuncia l'islamizzazione dell'occidente) e di Magdi Allam sul CORRIERE della SERA (16.4.2006,pag 1-26 titolo "Vignetta su maometto, l'oltraggio e la liberà". Due buone notizie, il lettore se accorgerà leggendo i due articoli estremamente interessanti di Meotti e Allam. Verrebbe da pensare che sia iniziato il risveglio del mondo cattolico. Anche se è troppo presto per crederci, tuttavia ce lo auguriamo. Un solo appunto al titolo del FOGLIO. Non avremmo così enfatizzato il nome di Paolo VI. Se c'è stato un Papa in questo dopoguerra che non ha certo favorito la democrazia in Medio Oriente, questo è stato Papa Montini. Tanto disponibile a comprendere le ragioni dell'assolutismo islamico quanto arrogante nei confronti di Israele. Non abbiamo dimenticato il suo viaggio in Israele e,soprattutto,la lettera di ringraziamento per l'accoglienza ricevuta (ootima,peraltro) che inviò al presidente dello Stato ebraico. Sulla busta c'era scritto il nome del presidente preceduto da "Signor" e come indirizzo,senza alcuna altra indicazione, Tel Aviv.
Ecco l'articolo di Giulio Meotti:
Roma. Il suo peso specifico triplica alla luce della proposta del cardinale Raffaele Martino sull’ora islamica nelle scuole. Il saggio è apparso sul montiniano "Studium", bimestrale fondato nel 1906, diretto da Aldo Moro, a cui collaborò Paolo VI e guidato da Francesco Casavola, ex presidente della Corte costituzionale. Si intitola "La questione islamica" ed è scritto da Roberto Bertacchini e dal gesuita Piersandro Vanzan. Teologo all’Università Gregoriana, Vanzan non è un conservatore, fa parte del collegio di "La Civiltà Cattolica", la rivista della Compagnia di Gesù sotto il controllo delle autorità vaticane. "Davanti agli attentati di Madrid, ci siamo consolati perché gli attentatori venivano da fuori. Quando due kamikaze inglesi andarono a farsi esplodere in Israele, ci siamo consolati pensando che l’Europa era solo una base logistica. Il 7 luglio finalmente siamo allarmati: e ogni volta non abbiamo capito. Anche se formalmente questi governi non ci hanno dichiarato guerra, la verità che essa non solo è in atto, ma – purtroppo – non sarà breve e ci farà pagare il fio di moltissime scelte sbagliate e miopi (…). Questo programma panislamizzante può far sorridere, come a suo tempo non pochi sorrisero davanti a Hitler, prima della sua ascesa politica. Invece è un programma vero, che è attuato secondo un disegno lucido, che, seppure lentamente, sta macinando successi". Per il linguaggio, la sincronia storica e la capacità di raccontare il senso della crisi, questa di Vanzan è una riflessione inedita all’interno del mondo cattolico. "Dall’Afghanistan al Kashmir alla Cecenia al Daghestan all’Ossezia alle Filippine all’Arabia Saudita al Sudan alla Bosnia al Kosovo alla Palestina all’Egitto all’Algeria al Marocco gruppi consistenti hanno sferrato una guerra all’occidente". Per il padre gesuita, al Qaida è un fenomeno relativo, il terrore islamista inizia con l’eccidio di Monaco. "Mettendo in parallelo questo episodio con la strage nella scuola di Beslan del 2004, con i centocinquanta bambini uccisi, con i tre giorni di sevizie e la tortura della sete nella palestra, con le bambine prima stuprate e poi uccise, vediamo all’opera una ferocia talmente opposta al comune senso morale da esigere una carica ideologica assoluta". In questo pamphlet drammatico, che intreccia l’Opec e George Habash, guerra del Kippur e Gaudium et Spes, Vanzan prende le parole di Aisha Farina, milanese convertita all’islam ("vi conquisteremo pacificamente, ad ogni generazione ci raddoppiamo"), per denunciare "l’incompatibilità tra multiculturalismo radicale e stato di diritto", islam e liberaldemocrazie, colpevoli di tollerare l’odio coranico: "L’assolutismo saudita o di altri emirati, l’inferiorità giuridica della donna, eccetera, non sono stranezze emendabili. Sono effetti di una causa radicale, che non si può rimuovere senza distruggere l’islam. Ecco perché tali stranezze sono così difese. Perché esse hanno un rapporto con l’identità islamica. E dunque un’integrazione potrà esservi con i singoli musulmani, ma non con l’islam (…). I jihadisti non sono persone pazze: essi agiscono secondo ragione e secondo coscienza, semplicemente identificando un pericolo – che siamo noi". L’uragano Katrina è stato definito soldato inviato da Dio dal quotidiano kuwaitiano al Siyassa. "Se si arriva a gioire per cose così orribili, tale gioia spezza la naturale solidarietà umana e precisa il senso dell’espressione ‘cani infedeli’. Un massacro di cani non mi tocca, non sono uomini. L’islamizzazione dell’occidente non è un fantasma né una paura: è un’intenzione e un fatto che emerge dall’esame obiettivo dei dati". Vanzan è molto chiaro anche su reciprocità e immigrazione, questo "neocolonialismo a rovescio". Senatores boni viri, senatus mala bestia: "L’islam moderato, propriamente, non esiste perché non esiste una teologia islamica istituzionale e moderata. Esistono musulmani moderati, anche a volte lungimiranti. Ecco perché non solo sarebbe prudente, come già sosteneva il cardinale Giacomo Biffi, scoraggiare l’immigrazione islamica in Europa, ma sarebbe addirittura autolesionistico incoraggiarla senza esigere contropartite in termini di integrazione". Se i musulmani hanno censurato il poeta Omar Khayyam perché parlava di vino e ubriachezza, quale sarà il prezzo che faranno pagare all’Europa nel proteggersi? "Non solo il problema dei jeans delle ragazze. E’ problema della scuola, dei giornali, dei sindacati, delle donne in ruoli dirigenti, del cinema, della televisione, delle biblioteche: tutto l’occidente che nelle sue istituzioni è una minaccia antislamica. E lo è non perché voglia esserlo, ma semplicemente per il suo esistere. Come Israele (…). La necessità di un’autocritica vasta circa i rapporti con l’islam, che finalmente esca da un ‘buonismo’ cieco e suicida, è inderogabile (…) Dialogare con chi ha il retropensiero di islamizzarci e di ridurci a dhimmi, a sudditi di sott’ordine, semplicemente non ha senso". Segue il testo di magdi Allam: Perché coloro che hanno prontamente protestato, musulmani e cristiani, alla pubblicazione di una vignetta su Maometto in Studi Cattolici, Per inviare la propria opinione al Foglio e al Corriere della Sera, cliccare sulle e-mail sottostanti.
rivista a diffusione limitata, non si sono indignati per la raffigurazione di Gesù che defeca su Bush e sulla bandiera americana?
Raffigurazione, questa, trasmessa solo quattro giorni fa da «South Park», un cartoon che è visto da decine di milioni di persone in tutto il mondo. Perché?
Dobbiamo sollecitare una fatwa del predicatore d'odio Youssef Qaradawi, che si è attribuito la presidenza del «Comitato internazionale per il sostegno dell'ultimo profeta», di condanna a morte del direttore Cavalleri e del vignettista Clericetti? E a quando la fatwa contro Dante e la «Divina Commedia» a cui si sono ispirati? O dobbiamo invece sostenere il diritto a ribellarsi a un terrorismo islamico che vorrebbe sottomettere la nostra civiltà senza necessariamente eliminarci fisicamente?
Se non contestualizziamo correttamente la vicenda, rischiamo di fare il gioco dei carnefici facendoli passare per vittime. Le vignette su Maometto, al di là della legittima critica, sono una non meno legittima reazione all'aggressione terroristica islamica alla vita e alla libertà dell'umanità intera, occidentali e orientali, cristiani, musulmani ed ebrei. Ma ricordiamoci che non costituiscono in sé un'azione sacrilega. Perché non esiste nessuna interdizione coranica alla raffigurazione di Maometto. Casomai a oltraggiare l'islam sono i terroristi che si fanno esplodere perfino all'interno delle moschee massacrando i fedeli in preghiera, o i Fratelli Musulmani che nel loro logo accostano il Corano alla spada e al versetto «E preparate contro di loro forze e cavalli quanto potete, per terrorizzare il nemico di Dio e vostro» (Corano VIII, 60).
Così come la satira è un diritto irrinunciabile in una democrazia. Irridere su Maometto, che oltretutto è un comune mortale, è diventato un tabù e un casus belli soltanto quando l'hanno deciso i predicatori d'odio. Ricordiamoci che il caso delle 12 vignette pubblicate dal quotidiano danese Jyllands-Posten il 30 settembre scorso, ha scatenato una ondata di violenza in tutto il mondo soltanto 5 mesi dopo, quando ad istigarla fu il burattinaio Ahmad Abu Laban, imam di una moschea di Copenaghen, e l'Unione internazionale degli ulema, presieduta da Qaradawi e con sede a Dublino. Teniamo presente che la serie animata «South Park» aveva trasmesso il 4 luglio 2001 una puntata dal titolo « Super best friends », in cui Maometto compare al fianco di Gesù, Mosè e Buddha, con una pistola e delle dita che lanciano fiamme. Eppure non ci fu nessunissima reazione. Per una ragione molto semplice: non ci fu un burattinaio del terrore che ritenne di strumentalizzare la vicenda.
Oggi, all'opposto, è l'Occidente stesso che ha sviluppato un riflesso condizionato a difesa non dell'islam, bensì della sua interpretazione radicale. Il 4 aprile la Corte di Cassazione, nel condannare un italiano che aveva apostrofato due musulmane velate, ha sentenziato che «la religione musulmana impone il velo alle credenti». Come è possibile che nel nostro Stato laico si accrediti, al più alto livello della magistratura, la tesi che gli estremisti islamici vorrebbero imporre alle donne musulmane che nella loro maggioranza non indossano il velo?
Nella puntata «Cartoon wars» della serie «South Park», gli americani decidono di seppellire, come gli struzzi, la testa sottoterra «perché dobbiamo dimostrare ai terroristi che non abbiamo visto la raffigurazione di Maometto!». E poi, per vendetta, sono i terroristi che diffondono le immagini dissacranti di Gesù. Un Occidente sottomesso e vilipeso. In preda alla paura. Che sta perdendo il bene della vita e il valore della libertà. Di questo passo, all'insegna dell'islamicamente corretto, quando si pronuncerà il nome di Maometto, tutti indistintamente, musulmani e non, dovremo rispondere coralmente «La pace e la benedizione di Dio su di lui».