Per Michel Sabbah il primo passo spetta a chi è aggredito
u.d.g. non ha niente da ridire
Testata:
Data: 13/04/2006
Pagina: 15
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «I potenti della Terra aiutino i palestinesi»
Il mondo deve aiutare i palestinesi, anche finanziando Hamas, e Israele, che é più forte, deve fare il primo passo per risolvere il conflitto mediorentale.
Questi i messaggi politicamente più rilevanti dell'intervista di Umberto De Giovannangeli al patriarca latino di Gerusalemme, il nazionalista palestinese e apologeta esplicito (fino alla reprimenda di papa Giovanni Paolo II) del terrorismo suicida.
A Sabbah sarebbe stato il caso di ricordare che il mondo ha in primo luogo il dovere di non finanziare stragi di civili o future guerre di annientamento, dando soldi a chi ha una lunga esperienza delle prime e prepara la seconda, e che non é il più debole a dover cessare per primo l'uso della forza, ma l'aggressore (il terroismo palestinese, in questo caso), colui che per primo ne ha fatto uso giustificando così l'autodifesa della vittima.
Ma u.d.g., naturalmente non lo fa.
Ecco il testo, dall'UNITA' di giovedì 13 aprile 2006 :
Una coincidenza temporale, quella di quest’anno della Pasqua ebraica e cristiana, che offre lo spunto per una riflessione sul destino che accomuna due popoli in Terra Santa.
Monsignor Michel Sabbah, Pa-
triarca latino di Gerusalemme, in occasione della Pasqua lancia un appello accorato alla Comunità internazionale: non sospendete gli aiuti al popolo palestinese. «La Comunità internazionale - sottolinea Sabbah - ha delle responsabilità nei confronti del popolo palestinese e non può interrompere i suoi aiuti». «Chi tocca con mano ogni giorno le sofferenze della povera gente palestinese - sottolinea il Patriarca latino - non può non levare la propria voce, innalzare la propria preghiera perché le ragioni della politica non alimentino patimenti e ingiustizie nella martoriata Terra Santa».
Monsignor Sabbah, tra pochi giorni il mondo cristiano celebrerà la Santa Pasqua. Di nuovo gli occhi del mondo saranno puntati sulla Terra Santa. Qual è l’appello che si sente di rivolgere in questo frangente?
«È un appello indirizzato ai potenti della Terra e a tutti gli uomini di buona volontà perchè non si sommi ingiustizia a ingiustizia e invece si dia speranza a un popolo sofferente, il popolo palestinese».
Un appello che si scontra con la determinazione di Usa ed Europa a bloccare gli aiuti all’Autorità nazionale palestinese egemonizzata da Hamas. Cosa si sente di dire in proposito?
«Spero e prego che si ritorni su una decisione che reputo ingiusta e inaccettabile. La Comunità internazionale non può venir meno alle proprie responsabilità nei confronti del popolo palestinese e non può interrompere i suoi aiuti. Non è giusto boicottare un popolo che ha subito e continua a subire oppressione e ingiustizie. E dico questo guardando anche agli interessi e alle aspettative del popolo israeliano. Le punizioni collettive non aiutano la ricerca di una pace giusta, solidale ma finiscono per calpestare la dignità umana. In questa chiave, mi auguro che le autorità israeliane adottino le giuste misure per liberare palestinesi e israeliani e considerare l’Autorità palestinese un partner per costruire la pace».
La Pasqua celebra la Risurrezione del Cristo. In Terra Santa è possibile la «resurrezione» di una speranza di pace?
«Guai a noi se chiudessimo i nostri cuori e le nostre menti alla speranza. Israeliani e palestinesi non solo devono ma possono ripartire da nuovi principi, da una nuova visione della vita in questa Terra Santa. Noi siamo capaci di liberarci dalla morte che finora ci è stata imposta. Noi, israeliani e palestinesi, siamo capaci di liberarci dalla paura nata nella violenza e nel terrorismo, dell’occupazione imposta dall’iniqua legge del più forte e dalla logica della morte e dell’odio. Insieme possiamo farcela».
Resta il fatto che a dominare in Terra Santa è ancora e sempre al logica della forza.
«Una logica perdente oltre che profondamente ingiusta. Pace e giustizia, pace e diritti sono elementi tra loro inscindibili. L’esercizio della forza è una falsa soluzione. L’amore e la fiducia sono più efficaci per riconquistare la libertà perduta, la sicurezza persa e l’indipendenza desiderata»..
Un discorso che può raggiungere le due leadership?
«Purtroppo questo linguaggio sembra essere estraneo a tutti coloro che nelle loro mani detengono il potere. Ma non per questo dobbiamo smettere di pregare e di operare perchè questa sordità venga rimossa».
Rimuovere questa «sordità» dei potenti, ma per raggiungere quale pace in Terra Santa?
«Una pace che riconosca il diritto alla sicurezza di Israele con la stessa forza con cui si riconosce la sicurezza e l’indipendenza dello Stato palestinese.Nessuna delle due priorità può esserci senza l’altra. Le vicende dei due popoli sono interdipendenti. La libertà deve essere la stessa per tutti, sia per il debole che per il forte. Palestinesi e israeliani devono convincersi che nessuna delle due parti può più vivere a spese dell’altra. Spetta al più forte fare un primo passo in direzione del più debole. Israele darebbe così prova di lungimiranza e non di cedimento».
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