L'impossibilità, per il presidente palestinese Abu Mazen, di rifiutare il governo di Hamas é un portato della sua debolezza e di ripetuti errori, suoi e della comunità internazionale. L'errore di non aver disarmato Hamas e quello di averne permesso la partecipazione alle elezioni, nonostante gli avvertimenti israeliani.
L'editoriale del RIFORMISTA del 21 marzo 2006, invece, trasfigura questa impotenza in necessità politca e orgoglio nazionale (impossibile per i palestinesi dare retta al "cattivo" generale Mofaz) e in un passaggio si unisce persino al coro di quanti danno a Israele la colpa dei guai politici interni dei palestinesi chiamando in causa del tutto a sproposito l'azione di Gerico, che non é servita a dimostrare l'irrilevanza di Abu Mazen ma a impedire la scarcerazione di un gruppo di terroristi e la violazione di un accordo. Il finale dell'articolo mostra un eccessivo ottimismo sulle "concessioni" di Hamas, che in realtà non fa ribadire i suoi no al riconoscimento di Israele, alla rinuncia al terrorismo e al rispetto degli accordi già stipulati.
Ecco il testo:
Non si sarà stupito il ministro della Difesa israeliano se il presidente palestinese Abu Mazen, come sembra, deciderà di ignorare completamente la sua richiesta di respingere il governo presentato ieri da Hamas.Una formazione che a ragione preoccupa tutti le parti in causa nel processo di pace mediorientale e che prevede, tra le altre cose, la nomina dell’ultra radicale Mahmoud Zahar al delicato portafoglio Esteri.Ma anche una formazione che Abu Mazen non può permettersi di rifiutare, soprattutto dopo lo smacco israeliano dell’assedio alla prigione di Gerico, che ha messo intenzionalmente a nudo l’impotenza de facto del presidente Anp.Del resto,si potrebbe far notare,Shaul Mofaz è l’ultimo tra i rappresentanti politici israeliani cui un palestinese potrebbe pensare di prestare orecchio, anche solo a titolo consultivo: non solo Mofaz fu tra gli artefici principali dell’assedio di Gerico,ma di recente ha annunciato la prosecuzione degli omicidi mirati, aggiungendo in modo poco diplomatico che il premier Ismail Hanyeh «potrebbe essere il prossimo bersaglio». Questo governo di Hamas, purtroppo, s’ha da fare.Una volta giunto il nullaosta di Abbas,non rimarrà che attendere il voto in parlamento, poco più di una formalità. Dall’altro lato della linea verde, nel frattempo, la posizione israeliana non farà che irrigidirsi. Non ci rimane che prendere atto che i tempi di Oslo, quando i leader delle due parti si stringevano la mano, sono andati. Eppure le concessioni più o meno unilaterali da ambo le parti, promesse di ritiri ulteriori da un lato, conferma di una tregua dall’altro, almeno per ora sembrano reggere.E, per quanto costi ammetterlo, meglio di quanto non accadesse ai tempi di Oslo.
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