Saeb Erekat fa bene il suo mestiere di propagandista
ma u.d.g. fa male quello di giornalista
Testata:
Data: 13/03/2006
Pagina: 11
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Il Muro di Olmert cancella la speranza di pace»
L'UNITA' di lunedì 13 marzo 2006 pubblica un'intervista di Umberto De Giovannangeli a Saeb Erekat. Le risposte del capo negoziatore dell'Anp sono propagandistiche, le domande di u.d.g. poco incisive e acritiche.
La vittoria di Hamas, sostiene Erekat 
"è anche il prodotto di dieci anni di non trattativa e della politica dei fatti compiuti portata avanti da Israele" , mentre solo "il negoziato" può assicurare la sicurezza a Israele. Negoziato sempre rifiutato con "pretesti" come quello di definire Arafat un "terrorista".
Naturalmente Erekat dimentica che Arafat era davvero un terrorista, che Israele ha provato la via del negoziato, senza ottenere sicurezza, ma piuttosto una violenza senza precedenti. Che barriera difensiva ed eliminazioni mirate hanno effettivamente ridotto il numero degli attentati e delle vittime. E dimentica, naturalmente, che tra le cause della vittoria di Hamas c'é la corruzione di al Fatah.
E naturale che dimentichi tutte queste cose, visto il suo ruolo nell'apparato di potere creato da Arafat .
Meno naturale é che u.d.g., che fa il giornalista e non il funzionario palestinese, non gliene ricordi nemmeno una.
Ecco il testo:
 
«Quello di Ehud Olmert può essere un buono spot elettorale di chi si candida a erede di Ariel Sharon. Ma il piano da lui indicato cancella ogni speranza di pace». A parlare è Saeb Erekat, capo negoziatore dell'Anp, uno dei più stretti collaboratori del presidente Abu Mazen. «La vittoria elettorale di Hamas - riflette Erekat - è anche il prodotto di dieci anni di non trattativa e della politica dei fatti compiuti portata avanti da Israele. Il piano-Olmert prosegue su questa strada. Una strada che non garantirà sicurezza a Israele e rafforzerà ulteriormente i gruppi estremisti che agiscono nei Territori». E tra questi gruppi Erekat annovera il più inquietante e pericoloso: Al Qaeda. «Nei Territori - conferma a l'Unità il parlamentare palestinese - agiscono cellule che fanno riferimento alla centrale di Al Qaeda in Iraq».
Il premier ad interim israeliano Ehud Olmert ha promesso che entro il 2010 Israele avrà confini definitivi.
«Mi auguro che sia solo un messaggio elettorale, perché se fosse davvero la linea su cui Israele intende muoversi nei prossimi anni, ciò provocherebbe solo una nuova ondata di violenza. Israele si illude se crede di poter garantire la propria sicurezza attraverso il suo unilateralismo forzato. Il piano-Olmert non solo dà un colpo mortale alla Road Map (il tracciato di pace elaborato dal Quartetto, Usa-Onu-Ue-Russia, ndr.) ma svuota di ogni significato un possibile rilancio del processo di pace».
Cosa la preoccupa di più del piano-Olmert?
«La sua attuazione equivarrebbe alla definitiva sepoltura di una idea di pace fondata sul principio di due popoli, due Stati. Perché dello Stato palestinese non resterebbe niente: il piano-Olmert spaccherebbe la Cisgiordania in due tronconi, e ciò che rimarrebbe di un ipotetico "Stato" palestinese assomiglierebbe in tutto e per tutto a un bantustan sudafricano dell'epoca dell'apartheid. Nei disegni di Olmert il Muro si svela per quello che noi palestinesi abbiamo da sempre denunciato: non una barriera difensiva transitoria ma l'indicatore dei nuovi confini di Israele;confini decisi e imposti unilateralmente».
Olmert ribatte sostenendo che Israele è costretta ad agire unilateralmente perché di fronte a sé a un governo palestinese guidato da Hamas.
«Israele ha sempre trovato una scusa per non negoziare un accordo di pace globale: prima il "terrorista Arafat", ora Hamas. Ma sono stati proprio questi dieci anni di non trattativa ad aver alimentato il disincanto di molti palestinesi nei confronti della pace. Un disincanto che è una delle componenti decisive del successo elettorale di Hamas».
Ehud Olmert si candida a guidare Israele dopo le elezioni del 28 marzo sulla base dell'eredità politica di Ariel Sharon.
«E invece ci sarebbe bisogno del coraggio della discontinuità rispetto alla strategia unilateralista di cui Sharon è stato artefice. Una strategia che ha puntato alla delegittimazione della controparte e che ha indebolito fortemente quanti in campo palestinese avevano scelto la linea del dialogo».
Una linea che il presidente Abu Mazen non intende abbandonare. E Al Fatah, di cui lei è uno dei leader? C'è chi dice che sareste pronti a un accordo di governo con Hamas.
«L'ho detto subito dopo il risultato elettorale e lo ribadisco oggi: Hamas ha tutto il diritto di governare ma Al-Fatah ha il dovere di esercitare il ruolo di una opposizione rigorosa e costruttiva, gettando così le basi per una rivincita elettorale. Ciò che Hamas non può fare è cancellare la storia di questi anni, giudicando carta straccia gli accordi sottoscritti dall'Anp e condannando il popolo palestinese all'isolamento internazionale e offrendo a Israele la giustificazione per portare a termine la sua strategia unilateralista. Per noi la scelta del negoziato è irreversibile, per Hamas no: la distanza è difficilmente colmabile».
Cosa si sente di chiedere oggi all'Europa?
«Di mantenere in vita una prospettiva negoziale, di non essere succube dell'unilateralismo di Israele e di non considerare la vittoria di Hamas come l'affermazione tra i palestinesi di una logica di guerra».

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