Il terrorismo non esiste, Israele annette territori per guadagnare "posizioni strategiche", senza che venga spiegato che queste ultime servono a difendersi da reali minacce.
Gli israeliani che "perseguitano" i palestinesi senza documenti di soggiorno (anche i paesi europei "perseguitano" gli immigrati clandestini?). Ecco, in sintesi, l'articolo di disinformazione firmato da Alberto Bobbio su L'Eco di Bergamo di lunedì 6 marzo 2006.
Ecco il testo:
VALLE DEL GIORDANO (ISRAELE) La strada scende da Gerusalemme verso est, ripida e veloce in questo mattino chiaro. La pioggia della notte fa brillare le rocce al sole e al vento del mattino. Al check point israeliano i soldati fermano l'auto. È una zona ben conosciuta ai pellegrini, perché a due passi c'è la casa del Buon Samaritano. La Terra Santa è un'enorme prigione di sicurezza per i suoi abitanti, ebrei e palestinesi, luogo della perenne perquisizione fisica, del controllo paranoico di documenti, permessi e passaporti. Il Muro sta lì a due passi sullo sfondo della grande collina di Ma'aleh Adumin, case bianche abbarbicate sul crinale in un equilibrio che sembra un miracolo. È il bastione che protegge Gerusalemme, passaggio obbligato della via verso la valle del Giordano, la West Bank e la depressione del Mar Morto. Ed è qui che si concentrano le maggiori tensioni geopolitiche della contesa globale sui Territori tra governo israeliano e A utorità palestinese.
Ma'aleh Adumim è stato il primo insediamento ebraico ad ottenere lo status di città ebraica nei Territori occupati da Israele in seguito alla Guerra dei sei giorni. Nacque per decisone del governo laburista nel 1975. Poi il primo ministro Begin, che portò alla vittoria per la prima volta i conservatori del Likud nel 1977, assicurò il sostegno e i soldi per l'espansione dell'insediamento. Oggi conta 32 mila abitanti, conficcati nel cuore della Cisgiordania, come una freccia che rischia di tagliare in due il territorio palestinese ad est di Gerusalemme, isolando la Samaria, a nord, dalla Giudea, a sud della Città Santa. Mentre nei mesi scorsi la comunità internazionale era occupata dalla questione del ritiro dei coloni dagli insediamenti della Striscia di Gaza, il governo di Tel Aviv ha proceduto nel piano di tagliare a pezzetti il territorio della Cisgiordania per prevenire la continuità territoriale di un futuro Stato palestinese. E nonostante le critiche amer icane, espresse anche a Sharon durante la visita negli Usa poco prima di venir colpito dalla malattia e finire in coma vegetativo, il primo ministro ad interim Olmert ha confermato che mai verrà abbandonata la Valle del Giordano e la città di Ma'aleh Adumim. Questa volta dunque la ragione non è di natura religiosa, né fa leva sul sentimento sionista ultraortodosso, che caratterizza buona parte degli insediamenti ebraici nei Territori. Più semplicemente Israele sta procedendo alla conquista di baluardi strategici in una terra che è sempre più stretta. È la stessa politica che aveva mosso i carri armati nel 1967, quando in sei giorni gli israeliani conquistarono Golan, Valle del Giordano e Sinai. La differenza è che oggi tutto avviene nel silenzio con l'imposizione di check point, restrizione di movimenti, richieste burocratiche impossibili. Ciò che sta accadendo nella Valle del Giordano, la vera area strategia di Israele, che sta appena sotto il bastione di Ma'eleh Adumim, lo dimostra.
Il controllo è veloce, ma rigoroso. Scendiamo sotto Gerico fino ad imboccare la statale 90, la Jordan valley road, la strada che si infila nel problema, un'area di insediamento antico dove si sono svolte buona parte delle vicende storiche che hanno intrecciato le religioni monoteiste. Si chiama West Bank questa zona, che letteralmente significa «sponda occidentale» di un fiume non grande, non ampio, ma fulcro di relazioni internazionali complesse. Molto di ciò che è accaduto ed è raccontato nella Bibbia si è svolto attorno a quest'acqua o vicino ad un pozzo e ad una sorgente. È l'unico fiume in uno spazio arido. Ed è anche l'unico motivo reale di tensioni geopolitiche e di competizioni che nei secoli e anche in anni recenti sono degenerate. Ad esso gli israeliani non rinunceranno mai e in previsione di un possibile futuro Stato palestinese, che potrebbe coprire l'area tra le colline della Samaria e il Giordano, dove corre la linea di confine con la Giordania, sta nno ritagliando per sé una zona ampia, incuneata da sud a nord, ad est della statale 90 fino alla riva del Giordano. La denuncia è contenuta in un Rapporto di «B'Tselem», una delle più note associazioni israeliane per i diritti umani, e confermata da una inchiesta del quotidiano israeliano «Haaretz». L'obiettivo è quello di espellere dall'area diverse migliaia di residenti palestinesi e impedire l'accesso a molti contadini palestinesi che quotidianamente si recano a coltivare le terre ad est della statale 90. Restrizioni dei movimenti dei palestinesi in questa zona erano stati imposti durante l'Intifada. Divieti e check-point oggi sono aumentati e così gli abitanti dei villaggi ad oriente della statale 90 non riescono ad andare a coltivare terre e a governare greggi lungo la rive del fiume: lavoratori stagionali, beduini che vivono in tende e baracche, ma sono registrati come residenti in altri villaggi. Sono quattro i posti di blocco permanenti e assicurano il passaggio solo a c hi ha un permesso speciale, accordato insieme dall'amministrazione civile e militare. Intanto da alcuni mesi la polizia israeliana ha moltiplicato le incursioni notturne nei villaggi nella Valle del Giordano per verificare i documenti. Chi non è registrato come residente viene espulso e perde il lavoro. Alcuni tornano percorrendo sentieri di montagna. Viaggiamo verso nord lungo la statale 90. Lo incontriamo lungo una strada polverosa che scende verso il fiume. Racconta di essere stato espulso già tre volte: «Una notte sono venuti i soldati, ma hanno avuto pietà per mia moglie e per i tre bambini. Io sono dovuto andare con loro». Sui documenti risulta essere residente nel villaggio di Tubas, a sud est di Jenin, ma abita da 20 anni in un villaggio nella Valle del Giordano. Altri sono nati in questi villaggi, ma non hanno documenti. Così da due anni, quando sono cominciati i controlli, molti hanno presentato domande per cambiare residenza, continuare a coltivare la terra e non essere più perseguitati. La richiesta veniva inoltrata all'Autorità palestinese e agli uffici israeliani. Per mesi non è accaduto nulla. Poi, poco prima delle elezioni palestinesi, le richieste sono state accettate dall'Autorità, ma nulla è accaduto sul versante israeliano. Il nostro interlocutore spiega che ha avuto i documenti nuovi solo chi è in grado di dimostrare il possesso della terra, ma non ha alcuna possibilità chi lavora la terra di altri: «L'amministrazione palestinese ha fatto discriminazione tra ricchi e poveri». Forse anche per questo il movimento di Hamas ha ottenuto un così alto consenso.
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