Anche L'Unita' dà iI suo contributo all'enfatizzazione del "riconoscimento" della Shoah da parte dell'ex presidente iraniano "riformista" Khatami, che in realtà ha solo dichiarato che vi furono delle vittime ebree del nazismo. Ecco il testo dell'articolo di Gabriel Bertinetto:
RIFORMATORI IRANIANI rialzano la testa. L’ex-presidente Mohammad Khatami, che a lungo ha incarnato le speranze di rinnovamento in Iran, compie una spettacolare rentrée in politica, toccando un tema bollente, quello dell’Olocausto, la cui storicità è stata ripetutamente negata dal suo successore Mahmud Ahmadinejad. La Shoah è una «realtà storica», afferma Khatami in un’intervista all’agenzia Isna. «Non dimentichiamo che uno dei crimini di Hitler, e del nazionalsocialismo in Germania fu il massacro d’innocenti, fra i quali c’erano numerosi ebrei». E comunque, aggiunge, «bisognerebbe protestare anche se un solo ebreo fosse stato ucciso». Una confutazione netta e chiara della tesi di Ahmadinejad, secondo il quale invece intorno alla Shoah è fiorita «una leggenda», e la strage di milioni di ebrei non sarebbe una tragedia tristemente nota in tutti i suoi agghiaccianti dettagli, ma solo una vicenda su cui indagare per capire se sia davvero accaduta ed in quale misura.
L’importanza della coraggiosa presa di posizione di Khatami non deriva solo dalla natura del tema affrontato. Essa potrebbe essere il segnale di una inattesa disponibilità a porsi nuovamente alla testa del movimento riformatore, in una fase in cui nel loro insieme le tendenze innovatrici in Iran sono indebolite e apparentemente ai margini dello scontro fra le varie componenti del sistema di potere teocratico. Se a questa uscita seguiranno a breve distanza altre iniziative di rilievo, evidentemente sarebbe la fine di quel ritiro dalla prima linea politica, annunciato da Khatami al termine degli otto anni trascorsi alla presidenza della Repubblica.
Un tempo protagonisti di una battaglia per la modernizzazione e la democratizzazione del regime, i riformatori sono progressivamente stati emarginati e scalzati da tutte le posizioni di potere. Erano la maggioranza in Parlamento, ma grazie alle arbitrarie esclusioni di moltissimi loro candidati, sono usciti ridimensionati dalle ultime elezioni due anni fa, ed ora la loro rappresentanza è ridotta ad una pattuglia di poche decine di deputati. Nelle presidenziali dello scorso giugno non sono nemmeno riusciti a portare un loro esponente al ballottaggio, nel quale si sono affrontati l’ultraintegralista Ahmadinejad ed il pragmatico-conservatore Rafsanjani.
La linea del fronte si è così spostata, spiega l’analista iraniano Bijan Zarmandili, tutta all’interno dello schieramento conservatore, dove oggi paradossalmente vediamo il clero sciita contrapposto all’apparato militare. Uniti nella difesa dell’ideologia khomeinista e nell’adesione ai dogmi della rivoluzione islamica, le due caste sono divise dalla comune aspirazione al controllo dello Stato. Gli integralisti laici delle forze armate, dei Pasdaran, dei Basiji pretendono di avere un peso maggiore nella gestione degli affari pubblici di quanto non abbiano mai avuto in tutti questi anni nei quali hanno fatto semplicemente da supporto all’onnipotenza degli ayatollah.
Forse perché impegnato nel difficile gioco di contrasti reali ed intese apparenti con il clero, Ahmadinejad sinora ha evitato eccessi nella repressione dell’opposizione riformatrice. La stampa liberal è stata contrastata con più veemenza che in passato, attraverso pressioni, arresti, chiusura di testate. Ma i partiti, i movimenti, le associazioni, in generale continuano ad operare nelle stesse condizioni di semi-libertà del vicino passato. La repressione interviene con brutale fermezza là dove dal campo delle idee, la protesta passa ad attività di contrasto sociale. Emblematica l’ondata di arresti (1200) che ha stroncato almeno per ora il neonato sindacato indipendente dei trasporti pubblici a Teheran. Negli scioperi e nell’autodifesa sindacale dei lavoratori, il blocco di potere che ha portato Ahmadinejad al governo del paese vede la più robusta minaccia al suo disegno egemonico. Al quale è necessario il consenso degli strati popolari più umili, quelli conquistati da Ahamdinejad con la sua campagna populista e le promesse di redistribuzione delle ricchezze e fine della corruzione. L’insistenza su Israele e sul programma nucleare è anche un modo per dirottare l’attenzione generale dalla totale assenza di interventi migliorativi in campo economico e sociale.
Il quotidiano dà anche notizia di una lettera degli ebrei iranianiad Ahmadinejad sul tema del negazionismo. Ricordiamo che gli ebrei iraniani, come qualsiasi altro iraniano, ma con qualche discriminazione in più, non sono liberi e devono temere un potere tirannico e violento. Alla luce di questi fatti sarà più facile, crediamo, interpretare alcuni passaggi della lettera, come quello relativo alle presunte "strumentalizzazioni" della Shoah . Ecco il testo dell'articolo:
Questa la lettera inviata dal capo della comunità ebraica iraniana, Harun Yashayabi al presidente Mahmud Ahmadinejad.
«Signor Presidente della Repubblica, il dubbio sul numero degli ebrei morti nell’Olocausto non cancella il principio dell’Olocausto. Che qualcuno cerchi di strumentalizzare l’Olocausto non lascia tuttavia il benchè minimo dubbio sullo sterminio di massa degli ebrei, dei rom, degli slavi cristiani o musulmani o polacchi da parte dell’esercito nazista. Noi difendiamo l’innocenza e la memoria di tutte le vittime della Seconda guerra mondiale, consapevoli che l’Olocausto degli ebrei è una parte di tale tragedia. Noi siamo preoccupati per i valori essenziali della rivoluzione islamica in Iran, minacciati dal razzismo o dal falso patriottismo. Siamo preoccupati che la negazione dello sterminio degli ebrei da parte dei nazisti sbiadisca il principio della difesa dei deboli, della libertà e dell’indipendenza su cui aveva insistito lo stesso Imam Khomeini, riducendo quei valori al livello di un conflitto obsoleto tra le religioni e le razze.
Come è possibile una commissione d’inchiesta sull’Olocausto senza sentire il parere di tutte le parti interessate a tale argomento? È davvero avvilente convocare una commissione per stabilire se il numero degli ebrei uccisi nell’Olocausto è stato sei milioni oppure un milione, confondendo la mente dei nostri giovani su crimini commessi dalla violenza religiosa o razziale. Signo Presidente organizzare i seminari per negare l’Olocausto non avrà alcun risultato per la causa dei palestinesi, degli iraniani e dei musulmani. Soddisfa soltanto gli istinti razzisti di poche persone».
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