I delicati rapporti tra Israele e Russia
l'analisi di Anna Momigliano
Testata:
Data: 01/03/2006
Pagina: 7
Autore: Anna Momigliano
Titolo: Le relazioni pericolose dello zar Putin spingono Olmert a cambiare strategia
Mosca è stata la prima nazione non araba ad offrire sostegno economico all'Autorità nazionale palestinese governata da Hamas. Venerdì una delegazione di Hamas sarà a Mosca, anche se per ora di incontro ufficiale con Putin non se ne parla. La Russia è anche il principale mediatore con l'aspirante potenza nucleare iraniana e tale rimarrà per un po'. E, in tutto questo, Teheran ieri ha annunciato un trasferimento di 250 milioni di dollari al governo di Ramallah. In altre parole, per Israele è giunto il momento di riesaminare a fondo le relazioni con la Russia. E' per questo che ieri Ehud Olmert ha annunciato una riunione con i vertici dell'esecutivo: il ministro degli Esteri Tzipi Livni, il ministro della Difesa Shaul Mofaz, e il direttore del Consiglio di sicurezza nazionale Giora Eiland. Fonti governative riferiscono che l'incontro era programmato da mesi, ma che «assume un nuovo significato» alla luce degli sviluppi moscoviti.
La situazione è chiara: con il rinnovato impegno nella vicenda mediorientale, il Cremlino tenta di riproporsi, se non al centro, come uno degli attori principali della diplomazia mondiale. Le ambizioni geo-diplomatiche di Putin non sono certo passate inosservate nella stampa nostrana (della «nuova grandeur russa» scriveva per esempio Sandro Viola ieri su Repubblica). Ma per Israele, assai più che per altre nazioni, la nuova strategia di Putin in Medio Oriente assume un rilievo particolare. All'indomani della caduta dell'Unione Sovietica le relazioni tra Gerusalemme e il Cremlino hanno attraversato un momento diplomatico a dir poco idilliaco che ora rischia di interrompersi (quasi) ex abrupto. Così Shlomo Avineri, direttore dell'istituto per gli studi europei all'università ebraica di Gerusalemme, riassume l'evoluzione delle relazioni russo-israeliane: dissolta l'Urss, che con la breve eccezione 1949-1951 ha stabilmente sostenuto i paesi arabi, «libera di distorsioni ideologiche» Mosca ha cominciato a guardare Israele come un potenziale amico nel Mediterraneo, migliorando di anno in anno le relazioni, nonostante gli interessi economici in Iran. La «buona disposizione» del Cremlino è poi stata aiutata da tre fattori. La «relativa posizione di forza» di Gerusalemme rispetto all'Anp di Arafat spingeva Mosca a privilegiare i propri rapporti con Israele, in base a un approccio realista. Poi la diffusione dei movimenti islamisti internazionali, per non parlare del contributo saudita all'irredentismo ceceno, hanno alienato la Russia da una fetta degli ex partner arabi. Infine il milione e passa di immigrati negli ultimi dieci anni hanno fatto di Gerusalemme uno dei luoghi principali della diaspora russofona, accrescendo gli investimenti russi in Israele (dove buona parte dei media, per non parlare delle squadre di calcio, sono di proprietà russa) e cambiando la prospettiva israeliana sull'ex “nemico” sovietico.
Ora la strategia del Cremlino sembra radicalmente cambiata. In primo luogo, si potrebbe obiettare ad Avineri, perché «la relativa posizione di forza israeliana» non può più essere data così per scontata. L'Anp è ora forse più isolata rispetto all'era di Fatah, ma la vittoria di Hamas è pur sempre una dimostrazione di forza, e ha già cambiato l'assetto della regione. Contemporaneamente, lo stesso ElBaradei ha più o meno esplicitamente ammesso che l'Iran di Ahmadinejad sta tenendo sotto scacco la comunità internazionale: le sanzioni non funzioneranno, di intervento militare non se ne parla, quindi «dovremmo abituarci all'idea di un nucleare iraniano». Poi il più o meno formale isolamento di Teheran e di Ramallah sono stati una tentazione troppo forte per il Cremlino, che ha colto l'occasione per proporsi come unico interlocutore credibile.
Ora Israele si trova in una situazione molto difficile. Nella sua campagna elettorale, Ariel Sharon aveva menzionato più volte la sua intenzione di migliorare i rapporti con la Russia. Oggi i suoi eredi di Kadima vorrebbero proseguire in questa direzione. Poi ci sono gli swinging voters russi (20 per cento della popolazione) da corteggiare, ragione che ha spinto Olmert a piazzare una semi-sconosciuta russofona come Marina Solodkin al sesto posto della lista Kadima davanti a personaggi del calibro del ministro della Difesa Shaul Mofaz. Nonostante l'appuntamento nazionale, le relazioni con Mosca vanno re-impostate: ieri il premier ha ammesso che il dialogo con Mosca «deve migliorare». Inoltre Olmert, nonostante gli episodi di violenza di Gush Etzion dove un palestinese ha aggredito due civili israeliani, ha annunciato che «se proprio necessario» potrebbe aprire il dialogo con Hamas. Putin docet?
cipiace@ilriformista.it