Da La Padania di mercoledì 1 marzo 2006:
Il rapporto tra la sinistra e gli ebrei in Italia ha iniziato a incrinarsi
definitivamente (dopo anni di alti e bassi che seguirono al cambio di diktat
sovietici in seguito alla guerra dei sei giorni della primavera del 1967)
subito dopo la gaffe di Durban dell¹agosto 2001 e ancora di più dopo
l¹undici settembre . A Durban come è noto le ong terzo mondiste di mezzo
mondo, comprese quelle sinistrorse italiane, cercarono di far votare un
documento in cui il sionismo era equiparato al razzismo.
Che sarebbe un po' come volere paragonare il socialismo italiano della prima
ora con il fascismo.
Il vero problema, come ha spesso ricordato l'analista Angelo Pezzana che con
il sito "Informazionecorretta.com" monitora ogni giorno tutto quello che
scrive la stampa italiana e internazionale su Israele e dintorni, è che
finchè si tratta di stracciarsi le vesti per gli ebrei morti dell¹Olocausto,
i vari Diliberto, Bertinotti, D'Alema e compagnia cantante, uno li trova
sempre in prima fila pronti a deporre corone di fiori e a partecipare a
dibattiti e convegni nelle scuole.
Quando invece si tratta di prendere le parti di ebrei ancora vivi (magari
abitanti dello stato ebraico per eccellenza, cioè Israele), ma che se
continua così potrebbero non restarlo per molto grazie alle amorevoli cure
del terrorismo islamico e dei suoi fiancheggiatori no global in mezzo mondo,
allora il discorso cambia.
Basta leggersi il "manifesto" o "liberazione" per rendersi conto di questo
assunto. Ieri ad esempio il "Corriere", che pure aveva montato la polemica
sulla manifestazione pro Hamas di due sabati orsono in cui i soliti teppisti
di sinistra avevano bruciato le bandiere di Israele , riportava
un'intervista molto illuminante a un agit prop di questo sedicente Forum
Palestina, Stefano Chiarini.
Un giornalista del "manifesto" che oramai vive solo di queste
manifestazioni anti israeliane la prossima delle quali si svolgerà il 18
marzo. In queste manifestazioni il neutro cronista è sempre tra i primi a
prendere la parola e a "denunciare i crimini²"dei vari Bush e Sharon, con
toni molto meno ipocriti e diplomatici di quelli usati con il "Corriere".
Ma a ben vedere esiste un termometro ancora più indicativo di questo ormai
pessimo rapporto tra una grossa fetta della sinistra, che va da D'Alema al
correntone di Salvi, per finire sulle sponde dei Comunisti italiani di
Diliberto e su quelle del "manifesto" e gli ebrei italiani, ed è proprio il
concetto dl diritto dello stato di Israele ad esistere. Concetto
riconosciuto per lo più a parole ma mai nei fatti. Per loro il concetto è
quello di appeasament caro ai nostalgici di Monaco 1938, ai Chamberlain che
precipitarono il mondo nella seconda guerra mondiale.
Se uno si difende dai terroristi magari uccidendoli allora diventa subito
"un boia". Come Sharon per l¹appunto. E le scritte con falce e martello che
indicano l'ex premier israeliano con questo epiteto riempiono i muri di Roma
come quelli di Milano. Mentre sul carro dell¹antisemitsmo vecchio stampo i
compagni sono subito pronti a saltare, ben consci che l¹argomento coinvolge
più alcune cattive compagnie del centro destra, quando si tratta di usare un
po¹ di onestà intellettuale sulla vera natura del conflitto arabo-israeliano
nascono i problemi.
E iniziano i distinguo.
Come quello grottesco che ha coinvolto una giovane e inesperta (su dove il
padrone di casa vuole che sia attaccato l'asino, ndr) giornalista del
"manifesto" che nel numero della domenica successiva alla manifestazione
aveva osato dare la notizia dei cori contro i caduti di Nassyria e del
bruciamento delle bandiere con la stella di Davide. Invano difesa da Rossana
Rossanda che si è ritrovata l'editoriale, che da anni ha un posto riservato
in prima pagina, relegato alla pagina numero dieci, la povera Sara Menafra,
nelle parole degli ingenerosi colleghi del "manifesto", è diventata,
"ingenua e sprovveduta", "giovane che non segue il Medio Oriente" e via
ipocriteggiando. Tutto per non dire che non si era attenuta alla linea
editoriale che prevede la criminalizzazione di Israele sempre e ovunque. E
comunque.
Linea che in Europa viene seguita dalla europarlamentare indipendente eletta
in Rifondazione, Luisa Morgantini, nota per essersi spesso fatta riprendere
anche mentre partecipava direttamente all¹Intifada e alle sassaiole contro i
soldati israeliani. Esattamente come un altro campione di questo giornalismo
militante di sinistra anti israeliano, cioè l'ex inviato del TG 3 Fulvio
Grimaldi, famoso per le proprie crociate ecologiste insieme al cagnolino che
si portava dietro.
E per delle ignobili videocassette di propaganda anti israeliana da lui
stesso prodotte e distribuite. Una serie di personaggi al limite tra il
folkloristico e il grottesco che però sono considerati dei maitre a penser
nei centri sociali.
Contro di loro una certa sinistra non ci si vuole scontrare, anzi li
corteggia. Perché l¹odio contro Israele secondo loro è cosa diversa
dall¹anti semitismo, anche se di fatto getta questi giovani tra le braccia
degli ideologi islamo nazisti di Hamas, Hezbollah, Al Qaeda.
D¹altronde Diliberto che tanto si lamenta, due anni fa aveva fatto
tappezzare Roma di manifesti in cui era scritto "lo sto con Arafat" e non ha
avuto pudore che le foto della sua stretta di mano con lo sceicco islamo
nazista degli hizbullah, Hassan Nasrallah , circolasse per mezzo mondo. Lui
di fatto sta con loro, non con lo stato d¹Israele.
E guai se il povero ambasciatore Ehud Gol si azzarda a intervenire contro
questo stato di cose. Allora i rappresentanti della sinistra di cui sopra
insorgono immediatamente contro le "ingerenze diplomatiche di uno stato
estero sull'Italia". Invece fare entrare un guerrigliero con pistola come
era Arafat nel nostro Parlamento era una cosa normale. Questi i due pesi
queste le due misure, dunque.
Ma lor signori hanno sempre la risposta pronta, e si difendono dietro le
teorie del complottismo anti americano e anti ebraico, comuni anche a buona
parte della destra estremistica italiana. Che però è molto più marginale
nella Cdl di quanto non lo siano loro nell'Unione.
Per questo oggi gli ebrei di tutta Italia si fidano, a sinistra, a malapena
di pochi moderati esponenti diessini, praticamente solo Fassino e Veltroni e
del giornalista Furio Colombo, il quale, oltre ad essere ebreo è sempre
stato un difensore della causa di Israele fino da quando era giornalista
dell¹ Europeo gestione Vittorio Feltri. Diverso il discorso nella Margherita
che vanta tanti amici di Israele, anche se poi quando si tratta di fare i
conti con gli alleati di coalizione si chiude sempre volentieri un occhio.
Tutti costoro restano però delle mere foglie di fico, come è una foglia i
fico il partecipare ogni 27 gennaio alla giornata della memoria della Shoà.
In fondo piangere sugli ebrei morti non costa niente nemmeno a Diliberto e
Marco Rizzo. E' sull'aiuto da dare a quelli ancora oggi ostinatamente vivi
che casca l'asino.
E ormai anche il politically correct che ha sempre caratterizzato la
gestione politica delle comunità ebraiche ha fatto il suo tempo.
A la guerre comme a la guerre. Almeno prima di trasformare le periferie
italiane nelle banlieu parigine dove la caccia all¹ebreo è diventato il
passatempo preferito degli immigrati islamici che agiscono coperti dalla
simpatia antisemita di tanti cittadini francesi pronti ad andare in piazza
sempre e solo per una "Palestina libera" e magari pure "rossa".
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