Che le vignette, sebbene poco opportune, siano state un semplice pretesto e che il putiferio sarebbe potuto scoppiare per qualunque altra scusa è una questione ormai più che assodata e lo hanno ben illustrato innumerevoli articoli di personalità esperte nel campo.
Ad insospettire è il tempo trascorso, 4 mesi, tra la prima pubblicazione e l'inizio della violenza (forse il tempo necessario per aizzare le masse?), i numerosi focolai sparsi per tutto il mondo islamico dall'Indonesia alla Libia, proprio come in un incendio doloso, la scarsa diffusione della lingua e del quotidiano danesi, la grande disponibilità immediata, per contro, delle bandiere, i precedenti autoironici dei tanti musulmani liberali che sono passati nell'indifferenza, la coincidenza con l'avanzamento del programma nucleare iraniano e i terribili colpi di coda del regime dittatoriale siriano in Libano e tanti altri particolari che non sto qui ad elencare.
E poi, se per 12 vignette, o come nel caso dell'Italia, una sola per di più sotto la cravatta verde di un leghista che non ha mai brillato per il rispetto delle culture altrui, ha scatenato una tale violenza in cui sono morte tante persone che non c'entravano niente, cosa sarebbe potuto succedere se, poniamo il caso, non sia mai, fosse stata devastata una moschea, o se fossero stati presi di mira dei fedeli musulmani all'uscita di una funzione religiosa?
Il problema che ora ci si pone è quello della controreazione che noi Paesi "occidentali" dovremmo avere alle richieste, diciamocelo pure ricattatorie, che provengono per lo più dal mondo delle dittature in cui ogni diritto umano è negato.
Probabilmente nessun comportamento è perfetto o esente da critiche. È stoltamente inutile e anzi controproducente la ricerca dello scontro frontale, il render pan per focaccia, provocare le sensibilità (anche quando sospette, come in questo caso) altrui. Anche perché se noi vogliamo essere rispettati dobbiamo dare per primi il buon esempio.
D'altra parte, però, la sollecitudine di molti governanti e personalità europee ad obbedire a qualunque richiesta di satrapi che non aspettano altro di dettar legge anche al di fuori dei loro confini, sembra un atto di dhimmitudine, cioè di resa incondizionata bell'e buona.
Che fare allora? Un terzo tipo di risposta, soprattutto alla provocazione del concorso indetto da Ahmadinejad di scherzare sul genocidio nazista, viene da Israele dove due giovani, Amitai Sandy artista 29enne di Tel Aviv e il 30enne Eyal Zusman, hanno lanciato l'idea di una gara autoironica sul sito www.boomka.org: accetteranno vignette provenienti da tutto il mondo per dimostrare che la più grande produzione di satirica proviene dal mondo ebraico.
Come in ogni competizione che si rispetti gli ideatori promettono ricchi premi, tra cui, neanche a dirlo, il famoso pane azzimo cotto con il sangue dei bambini cristiani.
C'è già chi teme che l'iniziativa, presa sul serio, potrebbe rivelarsi un autogol. I pessimisti infatti immaginano che gli arabi, non comprendendo l'autoironia possano affermare che "Se lo dicono anche loro, vuol dire che queste non sono infamie, ma è la pura e semplice realtà".
Intanto alcune vignette già arrivate non hanno niente da invidiare alla propaganda nazista o islamofascista e il concorso prosegue. Se non altro nessuno potrà sostenere che non tutti i tentativi per uscire da questo paradosso comportamentale che Paul Watzlawick descrive così bene, insieme agli altri due coautori nel suo: "Pragmatica della comunicazione umana" siano stati presi in considerazione.
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