"le Crociate, la «Reconquista» spagnola del califfato di Cordova; ma poi, via via sempre più vicine, la tratta dei neri negli Stati americani del Sud, in Messico, in Brasile, durata fino a metà dell´Ottocento; l´apartheid sudafricana; la discriminazione dei neri americani; la guerra contro i «boxer» nella Cina del primo Novecento; il colonialismo inglese francese olandese portoghese belga tedesco. Infine, non più solo moderno ma addirittura contemporaneo, il neo-imperialismo americano, le due guerre del Golfo, l´entrata in scena del terrorismo di Al Qaeda, l´attentato dell´11 settembre alle Torri, gli attentati di Madrid e di Londra. Il terrorismo e la lunga guerra tra Israele e palestinesi. La vittoria di Hamas. L´avanzata dei Fratelli musulmani in Egitto Il contesto storico è questo".
Questa la lezione di storia premessa da Eugenio Scalfari sul giornale da lui fondato alle sue opinioni circa l'attuale "incendio del mondo islamico". Si notano subito alcune omissioni: le Crociate furono precedute dalla conquista islamica dei luoghi santi cristiani, oltre che del Nord Africa, e dalla distruzione o oppressione della cristianità che vi era fiorita nei secoli precedenti . Come causa prossima,dalle violenze contro i pellegrini. La Reconquista fu preceduta, come dice la parola stessa, da una non pacifica conquista. Forse per compensare queste lacune , il Fondatore ha pensato di inserire fatti che non c'entrano nulla con la storia della conflittualità tra occidente e Islam: "la tratta dei neri negli Stati americani del Sud, in Messico, in Brasile, durata fino a metà dell´Ottocento; l´apartheid sudafricana; la discriminazione dei neri americani; la guerra contro i «boxer» nella Cina del primo Novecento ". E' bene ricordare che l'unico punto di questo elenco che c'entri qualcosa con l'Islam é quello della tratta dei neri, ma solo perché ad essa contribuirono i mercanti arabi e la giustificazione della schiavitù dei non musulmani fornita da un'interpretazione della sharia ancora oggi in vigore, con conseguenze pratiche, in alcuni paesi (per esempio il Sudan, dove cristiani e animisti vengono resi schiavi di padroni musulmani). Non sappiamo che cosa sia "il neo-imperialismo americano", ma per ciò che riguarda "le due guerre del Golfo", appare certo che la seconda, quella che ha portato alla liberazione dell'Iraq, segue e non precede, come invece appare nell'elenco di Scalfari, " l´entrata in scena del terrorismo di Al Qaeda" e "l´attentato dell´11 settembre alle Torri". Ma omissioni, aggiunte non pertinenti e inversioni temporali concorrono a un unico scopo: fornire il quadro, assolutamente falso, di un Islam costantemente aggredito dall'Occidente e costretto a difendersi. Scalfari dipinge come reattiva una violenza che é aggressiva e conquistatrice.
A queste "promettenti" premesse Scalfari fa seguire un articolo che non deluderà gli appassionati di "islamically correct ". A partire dalla rituale perorazione a favore della "scommessa" sull'evoluzione "moderata" di Hamas. Proprio al fatto che Israele "non scommette più da molto tempo" sarebbero dovuti, pontifica il Fondatore, molti degli attuali guai del Medio Oriente. A noi pare di ricordare che l'ultima scommessa di Israele (quella su Arafat) sia finita piuttosto male, senza che poi chi l'aveva incoraggiata (l'Europa) si sentisse in dovere di una qualsiasi solidarietà con uno stato frustrato nelle sue speranze di pace e aggredito dal terrorismo. Ma non importa, Israele deve continuare a "scommettere", a giocare alla roulette russa consegnando potere e finanziamenti a chi vuole distruggerla. Per pagare "il prezzo della pace" (di una pace temporanea e illusoria, di una hudna), tra l'Europa e il fondamentalismo islamico.
Per concludere, ammettiamo che sull'ultimo punto da lui toccato, quello della difesa delle comunità cristiane nei paesi islamici, Scalfari pone un problema serio. E' vero che vi é il rischio che tali comunità vengano ancor più identificate con "l'Occidente" nemico, nel caso di una forte presa di posizione a loro sostegno da parte di quest'ultimo.
L'alternativa proposta da Scalfari, l'appello all'Onu, é però del tutto illusoria, dato il ruolo che in tale organizzazione giocano i paesi islamici che opprimono, discriminano e talora perseguitano i cristiani.
L'unico modo realistico per difendere la libertà dei cristiani nel mondo islamico riducendo i "danni collaterali" é allora quello di difendere, insieme alla loro, la libertà di tutti coloro che, insieme a loro, vivono sotto il giogo della tirannia. La libertà religiosa non deve, semplicemente, essere separata dalle altre libertà: di pensiero, di espressione, politiche, civili ed economiche.
Ecco il testo dell'articolo:
«PER i profeti dello scontro di civiltà sembra scoccata la grande ora». L´ha scritto ieri su "Repubblica" Lucio Caracciolo ed è proprio di lì, da quella lucida constatazione, che bisogna partire. Le vignette anti- maomettane e la maglietta di Calderoli hanno avuto la stessa valenza del colpo di pistola di Sarajevo del 1914: un pretesto, un´occasione, un fiammifero acceso e buttato in un pagliaio. Di fiammiferi accesi se ne sono visti parecchi e non solo quelli. In alcuni casi c´è stato chi andava in giro con torce di pece e le buttava sui depositi di dinamite; altri azionavano addirittura i lanciafiamme per provocare incendi memorabili. Nelle piazze musulmane, ma anche nelle piazze e soprattutto nei palazzi del potere occidentali. È una storia molto lunga con radici lontane, le Crociate, la «Reconquista» spagnola del califfato di Cordova; ma poi, via via sempre più vicine, la tratta dei neri negli Stati americani del Sud, in Messico, in Brasile, durata fino a metà dell´Ottocento; l´apartheid sudafricana; la discriminazione dei neri americani; la guerra contro i «boxer» nella Cina del primo Novecento; il colonialismo inglese francese olandese portoghese belga tedesco. Infine, non più solo moderno ma addirittura contemporaneo, il neo-imperialismo americano, le due guerre del Golfo, l´entrata in scena del terrorismo di Al Qaeda, l´attentato dell´11 settembre alle Torri, gli attentati di Madrid e di Londra. Il terrorismo e la lunga guerra tra Israele e palestinesi. La vittoria di Hamas. L´avanzata dei Fratelli musulmani in Egitto. Il contesto storico è questo. Spesso viene dimenticato, si lavora sul dettaglio di ieri e dell´altro ieri, lo si isola dal resto, lo si ingigantisce. Si fa ricorso alle emozioni. I fautori della guerra di civiltà sono maestri in materia. Basta un funerale per scatenare una rabbia endemica. E una contro-rabbia da tempo repressa. Esibizioni muscolari contro opposte esibizioni. Fiammate identitarie in tempi di globalizzazione. Rilanci religiosi usati come cemento politico. «Per i profeti dello scontro di civiltà sembra scoccata la grande ora». A Bengasi devastano il consolato italiano. A Trebisonda ammazzano don Andrea Santoro, in Nigeria bruciano chiese cristiane. L´Elefantino del Foglio dimena coda e proboscide, invoca la Fallaci e sentenzia: «La pace ha un cartellino con su scritto il prezzo e chi non paga non avrà altro in mano che un cumulo sempre maggiore di minaccia e di violenza». Quel prezzo, manco a dirlo, consiste nel contrapporre minaccia a minaccia, ultimatum ad ultimatum, guerra preventiva ad attentati, blocco di emigrazione contro ondate di immigrazione. Se voi suonerete le vostre trombe noi suoneremo le nostre campane. E viceversa. Così marciamo festosamente verso il caos mondiale. Califfato musulmano contro impero occidentale. Bandiere verdi del Profeta contro la Croce come bandiera e maglietta personalizzata. Allegria di naufragi. In una guerra asimmetrica come questa perdono i ricchi e vincono i poveri. Credo inutile spiegare perché.
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Sento dire che il problema si può risolvere appoggiando gli Stati arabo-musulmani moderati per contenere l´Islam antagonista e integralista e dar voce ad un Islam desideroso di modernità. È diventato ormai un luogo comune del buonismo occidentale. La speranzosa ricetta che dovrebbe scongiurare la vocazione muscolare che minaccia di impestare sia l´Oriente che l´Occidente. Ma quali sono gli Stati arabo-musulmani moderati? L´Egitto di Mubarak? L´Iraq dell´ayatollah al Sistani? L´Arabia wahabita della monarchia saudita? L´Afghanistan di Karzai? La Libia del colonnello Gheddafi? Gli Emirati del Golfo? Il Pakistan di Musharraf? Basta farne l´elenco per capire che si tratta di dittature militari (Egitto, Pakistan, Libia) oppure di Stati-fantoccio controllati dagli Usa (Afghanistan, Emirati, Iraq) oppure di Stati feudali dove il Corano costituisce la legge nella sua lettura più integralista. In questi Stati, in nessuno di essi, esiste la democrazia. In alcuni ci sono state elezioni con larga affluenza alle urne. Elezioni libere? Diciamo abbastanza libere dal punto di vista formale. In Afghanistan guidate dai «signori della guerra», capitribù rivestiti con i panni di grandi elettori. In Iraq guidate dal clero sciita. In Egitto controllate dal dittatore. Laddove si sono aperti modesti spiragli di libertà hanno progredito i movimenti islamici più intransigenti. La verità è che in questi paesi la borghesia non esiste o è estremamente esile, basata soltanto sul terziario commerciale e artigiano. Manca una struttura industriale e una classe operaia. Il concetto di laicità è sconosciuto. Perfino la democratica e laica Turchia vede una robusta ripresa dei movimenti islamici. Forse il solo paese musulmano dove alcune di queste condizioni esistono è il Marocco dove il giovane re si cimenta con il difficilissimo compito di avviare un percorso di modernità istituzionale ed economica. Insidiato anche lì dalle scuole coraniche e da una gioventù ribellistica. Pensare che queste strutture possano seminare modernità e democrazia sconfiggendo la tentazione teocratica, identitaria e «muscolare» mi sembra pura illusione. Non a caso la vera battaglia in corso si sta svolgendo tra l´Islam radicale e i regimi «moderati» che tutto sono fuorché moderati. L´Occidente, cioè l´America, li appoggia e in molti casi li finanzia e con ciò stesso sul lungo termine li condanna alla sconfitta. Abbandonarli non può, sotto quelle terre c´è gran parte del petrolio mondiale. Può soltanto affidarli, come ha fatto finora, ai militari e agli ayatollah, sperando che loro guida sia compatibile con gli interessi dell´Occidente. L´altra opzione è la guerra. La guerra contro la Siria, la guerra contro l´Iran. Le bombe intelligenti. Lanciafiamme sui pagliai del fondamentalismo e del terrorismo. Con mutamenti devastanti nella democrazia occidentale. Uno scenario da incubo per chi creda nei valori dell´Occidente già fin d´ora largamente indeboliti.
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Hamas è un caso a parte ma molto indicativo. Intanto perché la Palestina è uno dei pochissimi esempi di elezioni libere nel Medio Oriente. Israele non aveva alcuna possibilità di intervenire nel confronto tra Fatah e Hamas. Gli Usa neppure. I paesi arabi meno che meno. L´indicazione degli elettori palestinesi è stata inequivocabile. Fatah aveva perso la loro fiducia per l´inconcludenza del negoziato e della diffusa e visibile corruzione. Hamas è anche – non soltanto – un´organizzazione terrorista. Terrorismo nazionale, mai esportato fuori del conflitto con Israele. Terrorista come lo era stato Al Fatah prima degli accordi di Oslo e come lo era stata, prima ancora, l´organizzazione sionista allo scadere del protettorato britannico. Affamare Hamas e cioè l´Autorità palestinese? Programma inutile e micidiale. Inutile perché i soldi negati da Israele e dagli Usa saranno quasi certamente rimpiazzati da erogazioni di provenienza araba. Micidiale perché acuirà all´ennesima potenza il radicalismo palestinese e attirerà infiltrazioni di terrorismo islamista, come è accaduto in Iraq dopo la caduta di Saddam. Forse bisognerebbe scommettere sulla trasformazione di Hamas come partito di governo, per arrivare quanto prima alla fondazione d´un vero Stato palestinese, coprendo entrambi le entità con una garanzia internazionale Usa, Europa, Onu. Hamas al governo diventa responsabile della sicurezza dello Stato da lei governato; il terrorismo non è, per definizione, l´arma di uno Stato. Certo è una scommessa. Non priva di buone probabilità di riuscita. Israele non scommette più da un pezzo e questa lacuna è stata probabilmente una delle cause, forse la principale, dell´incancrenirsi del conflitto. Un vero Stato palestinese con confini garantiti da ambo le parti e dalla Comunità internazionale: questa sì, sarebbe la prima vera vittoria democratica in Medio Oriente, capace di innescare processi virtuosi in tutta la regione. Ricordiamo che Hamas ha impedito finora infiltrazioni di cellule terroriste obbedienti ad Al Qaeda e, nel caso sollevato dalle vignette danesi, ha frenato le manifestazioni di piazza. Ricordiamo inoltre che i palestinesi sono i meno disponibili alle varie forme di sharia islamica. Se esiste una chance di frenare la deriva del fanatismo religioso essa si gioca soprattutto in Palestina. Si gioca politicamente ed anche economicamente, investendo in quel paese come si è investito in Israele. Se non ora, quando?
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Ciò detto, l´Occidente deve chiedere agli Stati arabo-musulmani una rigorosa protezione di tutte le sue comunità istituzionali, laiche, religiose. Deve pretendere reciprocità. Non la può chiedere alle varie jihad, deve chiederle ai governi esistenti e deve portare avanti in casa propria appropriate politiche d´integrazione con le comunità immigrate. Queste richieste di reciprocità includono, ovviamente, anche un´effettiva libertà religiosa ma non spetta ai governi innalzare la religione a simbolo dell´Occidente. Non solo per ragioni di opportunità ma perché l´Occidente è laico, la democrazia è laica per definizione, sicché le organizzazioni religiose vanno gestite come qualunque altra presenza occidentale. La Chiesa del resto che a buon diritto pretende la garanzia delle proprie attività e della propria presenza ovunque nel mondo, dispone di una diplomazia propria tra le più sagaci del mondo; tocca dunque a lei metterla all´opera. Non possono essere l´Europa e gli Usa a tutelare le chiese cristiane nigeriane. Dev´essere il governo nigeriano a farlo, sotto la spinta e il controllo dell´Onu e della diplomazia della Santa Sede. I fedeli nigeriani sono nigeriani. Riguardano come cristiani la loro Chiesa e come persone e cittadini del mondo la Comunità Internazionale rappresentata dall´Onu di cui lo Stato nigeriano fa parte. Stiamo attenti a queste distinzioni che non sono formali ma sostanziali. Se una folla inferocita di induisti bruciasse le moschee del proprio paese (come spesso accade) e se questo detestabile fatto diventasse sistematico, forse che le potenze occidentali avrebbero titolo per interloquire e intervenire? L´Onu ha titolo perché i diritti dell´uomo fanno parte del suo statuto e le potenze occidentali hanno pieno titolo di agire dentro l´Onu per ottenere il suo intervento a tutela di quei diritti. Per gli Stati dell´Occidente chiese cristiane e chiese di altri culti sono eguali. Se quelle cristiane diventassero cosa nostra saremmo responsabili dell´identificazione tra Occidente e cristianesimo. Credo che il primo a dolersene e a protestare sarebbe (dovrebbe essere) il Papa e la Santa Sede. Va da sé che spiegare queste cose a un padano come Calderoli, che fa abluzioni con l´acqua del dio Po e indossa magliette cristianofile, è un´impresa tanto impossibile quanto inutile. Pensare che la Lega è stata e tuttora è un membro costitutivo ed essenziale del governo in carica è desolante per tutti i cittadini del nostro paese.
Molto simile all'articolo di Scalfari é quello di Massimo Fini pubblicato dal GIORNO.
Vi si sostiene appunto che l'Islam reagisce alle aggressioni dell'Occidente. Anche Fini ne fornisce un elenco, più contenuto di quello di Scalfari, ma non meno sorprendente: l'aver spazzato via, in Afghanistan, un governo che "godeva dell'appoggio della stragrande maggioranza della popolazione" (che lo ha comunicato personalmente a Fini, dobbiamo pensare: particolarmente entusiaste erano le donne, costrette a morire di fame nelle loro case e private di cure mediche) , ovviamente la guerra in Iraq "con motivazioni che si sono rivelate del tutto pretestuose" (e il comprovato appoggio di Saddam Hussein al terrorismo? e le fosse comuni?), infine le "minacce" all'Iran ( se vi sembrava che fosse proprio l'Iran a minacciare, ricredetevi).
Come si può facilmente constatare, si tratta di argomentazioni inconsistenti che non brillano certo per originalità, se non per l'assolutezza con la quale viene espressa la convinzione (per altro, in forme più o meno attenuate, comune a molti ) che libertà e democrazia non venno bene, e mai andranno bene, per musulmani e arabi.
Viene dunque da chiedersi : come mai un giornalista così conformista e mainstream come Massimo Fini passa per un libero pensatore anticonformista e isolato?
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