Il RIFORMISTA di lunedì 6 febbraio 2006 pubblica un editoriale di Oscar Giannino
Il sangue dei martiri è il seme della Chiesa, scriveva l’apologeta Tertulliano. Da ieri a quella dei 27 religiosi cattolici uccisi nel mondo per la propria fede nel 2005 si è aggiunta la vita di don Andrea Santoro, ucciso a revolverate nella sua chiesa a Trebisonda a seguito dell’ondata di fanatismo che in molti paesi musulmani costituisce la coda organizzata dai Fratelli Musulmani e dalla rete di associazioni jihadiste, contro la pubblicazione mesi fa di vignette oltraggiose del profeta su giornali danesi. Don Santoro era molto impegnato nel dialogo interreligioso tra musulmani e cristiani, più volte aveva partecipato alle iniziative di sant’Egidio. Ed è stato assassinato proprio per questo. Naturalmente, non bisogna commettere l’errore di attribuire ai musulmani in quanto tali l’assassinio di don Santoro, gli attacchi alle sedi diplomatiche occidentali a Beirut come a Damasco, le minacce che stanno spingendo molti occidentali a lasciare i paesi musulmani in questi giorni. Ma è evidente che l’atteggiamento volterriano di cui è impregnata la civiltà occidentale da solo non basta a capire e a fronteggiare che cosa abbiamo di fronte. Occorre il realismo di una seria analisi del quadro politico entro cui si muove, con scienza e coscienza, la rete dell’estremismo jihadista e quella del terrorismo musulmano, sia extrastatuale che statuale. In quel quadro - anche se si tratta di fenomeni ben diversi - la lotta al jihadismo in Iraq e nei diversi paesi, l’atteggiamento da tenere verso Hamas che ha vinto le elezioni palestinesi, e infine quello da opporre all’Iran di Mahmud Ahmadinejad sul sempre più scottante dossier nucleare rappresentano i tre aspetti di un’unica politica che dal 2001 ha purtroppo diviso l’Occidente.
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