Dal Riformista di giovedì 19 gennaio 2006:
New York. Per 25 anni, quella mappa della Palestina datata 1948 è stata sotto gli occhi di tutti, pronta a ricordare un’epoca in cui lo Stato di Israele non esisteva sulle carte geografiche. E per 25 anni diplomatici, alti funzionari e politici di passaggio al Palazzo di Vetro hanno fatto finta di non notarne il significato simbolico. Adesso, però, l’ambasciatore americano John Bolton ha deciso che è venuto il momento di dire basta e ha spedito a Kofi Annan una dura e imbarazzante lettera. La storia è cominciata il 29 novembre, durante un evento per celebrare l’annuale «Giornata Internazionale di Solidarietà con il popolo palestinese ».Tra i partecipanti, oltre al segretario generale dell’Onu, anche il presidente dell’Assemblea generale, Jan Eliasson e Andrei Denisov, ambasciatore russo e presidente di turno del Consiglio di Sicurezza. La manifestazione, una delle molte nate negli anni Settanta per promuovere la causa palestinese al Palazzo di Vetro, si è svolta come di consueto. Kofi Annan, nel suo discorso, ha ricordato che il ricorso alla violenza danneggia la causa palestinese. Il flash di un fotografo, tuttavia, lo ha ripreso con lo sfondo della mappa e l’immagine, pochi giorni dopo, è arrivata sull’homepage di eyeontheun.org, («un occhio sull’Onu») un sito non certo tenero con le Nazioni Unite. Per John Bolton, la foto ha rappresentato un invito a muoversi. All’inizio di gennaio, così, il rappresentante di Washington ha scritto a Kofi Annan una dura lettera. «E’ del tutto inappropriato che quella mappa sia usata », ha sbottato Bolton, «perché può suggerire che le Nazioni Unite appoggino tacitamente l’abolizione dello Stato di Israele ». Inoltre, «visto che ora abbiamo un leader mondiale che persegue l’armamento nucleare e ha chiesto apertamente che Israele sia cancellato dalle carte geografiche, la questione diventa ancora più saliente» ha poi aggiunto. Con la consueta franchezza, il diplomatico americano ha ricordato che la legge americana vieta di finanziare eventi simili, e ha poi apertamente minacciato di tagliare i fondi destinati alla pubblicità se manifestazioni simili saranno promosse in futuro nei siti internet dell’Onu o altrove. Alla lettera, una cui copia è arrivata sulle scrivanie del quotidiano The New York Sun, Kofi Annan ha promesso di rispondere personalmente. Ancora, tuttavia, non lo ha fatto. Il problema è delicato per il diplomatico ghanese, che nei suoi anni di mandato ha in effetti fatto molto per smussare le punte della propaganda anti-israeliana dell’Onu e che ha sempre cercato di favorire l’integrazione dello Stato ebraico in un ambiente internazionale che ha spesso cercato con successo di isolarlo - va ricordato per esempio l’incontro con Ariel Sharon nel marzo del 2005 e l’elogio al piano di ritiro da Gaza. Per il momento, comunque, la risposta è stata lasciata al portavoce Stephane Dujarric. «Il segretario generale è grato all’ambasciatore Bolton per avergli segnalato il problema della mappa», ha spiegato il portavoce, e si augura che la Divisione per i diritti palestinesi, che organizza la manifestazione, «decida di non utilizzare più la mappa in futuro». In realtà, la sparata di Bolton mette Annan tra l’incudine e il martello.Gli Stati Uniti, infatti, già si rifiutano di contribuire al finanziamento di alcuni organi dell’Onu che considerano un veicolo di pura propaganda pro-palestinese e un ulteriore taglio dei fondi metterebbe ancor più in dubbio il successo dei tentativi di riforma dell’organizzazione internazionale. L’Assemblea generale, per di più, ha ordinato al segretario generale di promuovere la giornata di solidarietà già del 1977 e ha sempre votato senza discutere un bilancio di 5 miliardi e mezzo di dollari per la Divisione per i diritti palestinesi. «Quella mappa è esposta da decenni e dice chiaramente che è del 1948», si è difeso per ora il rappresentante palestinese Riad Mansour, «e l’anno scorso alla manifestazione ha partecipato anche l’allora ambasciatore americano John Danforth». Per gli israeliani, tuttavia, quella carta geografica resta il segno più evidente che Israele non è ancora «un paese come gli altri» agli occhi della comunità internazionale. «Anche se sarà risolto il problema della mappa», ha reagito l’ambasciatore Daniel Carmon, «rimarrà il problema centrale delle risoluzioni anti-israeliane approvate automaticamente»
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