L'Unità fatica a perdere il vizio. Saranno pure arrivati dei deboli "contrordine compagni !", ma se si può mettere Sharon in difficoltà un titolo (Cisgiordania, sì di Sharon a più di 200 nuove case) e un sottotitolo "Il piano di colonizzazione denunciato dai pacifisti israeliani, non si perde l'occasione. Poco importa che Gush Etzion,Maalè Adumim,Ariel siano città israeliane a tutti gli effetti e,semmai,oggetto di compensazioni nel momento in cui l'ANP si deciderà finalmente a trattare. Il titolo deve essere demonizzante. Per essere poi magari smentito nell'intervista a Bar-On pubblicata nella stessa pagina. Sembra che l'Unità segua ormai la linea ondivaga dell'accontentare tutti. Sei un riformista ? ecco l'intervista a Bar-On. Sei ancora pieno di veleno antisionista ? Beccati Sharon cattivo che costruisce case. Come deve essere duro il mestiere, vero Udg ?
A fianco riportiamo l'immagine della pagina dell'Unità nella qualecon grande evidenza è stato pubblicato l'articolo. (A seguire l'intervista di Ronnie Bar-On nella quale si chiariscono i termini della situazione).
Kadima e la pace. I sondaggi continuano a indicare nel neonato partito centrista di Ariel Sharon il vincitore delle elezioni legislative del 28 marzo prossimo. Se le urne confermeranno le previsioni, su quali basi Kadima intenderà rilanciare il processo di pace e con quali obiettivi strategici? L'Unità lo ha chiesto a uno dei leader di Kadima, il deputato Ronnie Bar-On, colui a cui Sharon ha affidato il compito di definire il programma del partito.
Kadima e la pace. Se vincerete le elezioni, su quali basi affronterete questo nodo cruciale per il futuro di Israele?
«L'obiettivo supremo di un governo diretto da Kadima sarà quello di preservare l'esistenza e la sicurezza dello Stato di Israele, focolaio nazionale del popolo ebraico. È a partire da questo assunto che discende la nostra strategia volta a realizzare una pace nella sicurezza».
Qual è il punto di partenza di una strategia di pace di Kadima?
«Per Kadima è di fondamentale importanza progredire nel processo di pace con i palestinesi. Il nostro impegno sarà volto a definire i principi che permettano di stabilire le frontiere permanenti dello Stato di Israele e pervenire così alla calma e alla pace».
Definire i confini permanenti. La dirigenza palestinese sostiene che quei confini sono indicati dalle risoluzioni 242 e 338 delle Nazioni Unite.
«La dirigenza palestinese sa bene che nessun governo israeliano, neanche il più aperto al compromesso, accetterebbe mai di tornare alle linee di frontiera del 1967. Per ragioni di sicurezza e perché la realtà sul terreno è profondamente mutata in questi 38 anni. È il principio di realtà che deve guidare un serio e costruttivo negoziato di pace…».
Quali confini sono accettabili per Kadima?
«La discussione è aperta, la definizione del programma è in corso, ciò che posso dirle è che in linea di massima, le linee di frontiera definitive di Israele dovrebbero inglobare l'insieme di Gerusalemme, e tre blocchi di insediamenti in Giudea e Samaria (Cisgiordania, ndr.), vale a dire quelli di Ariel, Gush Etzion e Maale Adumim. In questo quadro, un governo guidato da Kadima è pronto a aprire un negoziato sulla base del principio di reciprocità…».
Il che vuol dire?
«Individuare aree appartenenti oggi a Israele da cedere ai palestinesi».
Un altro nodo cruciale nella trattativa con i palestinesi riguarda il diritto al ritorno dei rifugiati. Qual è su questo punto il programma di Kadima?
«Accettare il diritto al ritorno equivarrebbe per Israele al suicidio nazionale; significherebbe cancellare l’identità ebraica dello Stato. Il nostro "no" è categorico. Altra cosa, invece, è discutere su forme di risarcimento economico e sul rientro dei rifugiati nel futuro Stato palestinese: su questo, siamo pronti a trattare e a giungere ad una intesa».
Kadima è dunque favorevole ad un accordo di pace fondato sul principio di due Stati?
«È uno sbocco possibile, negoziabile. Un’intesa del genere rientra peraltro nella Road Map (l’itinerario di pace tracciato dal Quartetto (Usa, Ue, Onu, Russia, ndr) ma perchè ciò possa determinarsi occorre l’impegno della leadership palestinese a contrastare i gruppi terroristici e a porre fine alla violenza. Israele può convivere con uno Stato palestinese democratico, non certo con uno Stato del terrore».
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