Anp: l'eredità di Arafat è il caos
cronache e analisi
Testata:
Data: 27/12/2005
Pagina: 0
Autore: la redazione
Titolo: Guerra civile a bassa intensità - Abu Ala si scinde dal Fatah e fonda il nuovo partito «Arafat»

Il Foglio di martedì 27 dicembre 2005 pubblica un editoriale sul caos politico e sull'anarchia armata interni all'Anp. Ecco il testo:

 Nel 2003, il presidente palestinese Abu Mazen rispose con durezza a Franco Frattini che gli chiedeva di applicare la road map, disarmando i gruppi terroristi palestinesi: “Non sono disposto a rischiare una guerra civile in Palestina per disarmare le milizie. Neanche se lo chiede l’Europa”. Oggi, notizie giunte ai servizi segreti israeliani, descrivono un presidente dell’Anp sull’orlo delle dimissioni, motivate proprio dalla verifica dell’impossibilità di disarmare senza traumi i troppi servizi di sicurezza ereditati dal rais Yasser Arafat. Qualsiasi scelta compia Abu Mazen, costretto addirittura a concedere la leadership del partito al capo dell’Intifada Marwan Barghouti, è comunque evidente che si è giunti ben oltre il drammatico problema della decina di servizi di sicurezza palestinesi fuori controllo, che dispongono di fondi e di armati, e che curano soltanto gli interessi di clan contrapposti. L’eredità di Yasser Arafat appare sempre più avvelenata. Quattro anni della sua Intifada delle stragi hanno infatti trasformato l’intero tessuto politico palestinese. Non soltanto ogni partito, ma ormai anche ogni fazione di partito dispone di squadre di “bravi”. Ogni passaggio politico palestinese si sviluppa infatti a mitra impugnati. La formazione delle liste elettorali di al Fatah è stata fatta a suon di occupazioni armate delle sedi di partito, le candidature sono state definite con il mitra puntato alla nuca.
Si combatte una guerra civile strisciante che già ha mietuto vittime a centinaia: nei primi dieci mesi del 2005, 151 palestinesi sono stati uccisi da palestinesi, più di quanti ne abbia uccisi l’esercito israeliano; nel 2004 erano stati 93; nel 2003 furono 56. In questo contesto, le stesse elezioni politiche – al di là della partecipazione o no di Hamas – avranno ben poco di democratico e saranno soltanto occasione per una conta tra clan armati, sulle macerie di una società dominata da fazioni ora corrotte, ora violente, in cui la prevaricazione e la ritorsione sono legge. Nessun movimento di liberazione nazionale del mondo si è mai presentato con un quadro interno così fosco alla trattativa finale per l’indipendenza.

Il Corriere della Sera pubblica a pagina 12 una cronaca delle vicende politiche interne palestinesi, in particolare della nascita di un nuovo partito giudato dal premier Abu Ala e del crescente frazionamento del sistema politico:

RAMALLAH — Cresce il caos nelle zone palestinesi di Cisgiordania e Gaza. «Il presidente Abu Mazen si è dimostrato del tutto incapace di imporre la sua autorità e potrebbe dimettersi appena dopo le elezioni politiche previste per il 25 di gennaio. Sempre che si riesca ad arrivare al voto», osservano ormai praticamente all'unisono i circoli diplomatici occidentali tra i consolati di Gerusalemme. Prova più evidente di questo regime senza artigli è l'assoluta impunità con cui i gruppi estremisti a Gaza sparano i loro razzi contro Israele (oltre 200 in meno di 3 mesi). Tanto che il governo Sharon intende creare una «fascia di sicurezza» nel nord di Gaza sul modello di quella in Libano sino al maggio Duemila.
Un dramma politico di cui stanno beneficiando pienamente i dirigenti del movimento fondamentalista Hamas. Gli esponenti del Fatah, il gruppo maggioritario del vecchio Olp in cui milita Abbas, non sono tra l'altro riusciti a impedire le divisioni interne. Negli ultimi giorni il primo ministro Ahmed Qureia, Abu Ala (nella foto), si è scisso dal Fatah, creando una lista propria chiamata «Arafat». Abbas vorrebbe lasciare le sorti del partito nelle mani di Marwan Barghouti (al momento in un carcere israeliano con la condanna a 5 ergastoli), considerato il vero leader delle nuove generazioni nei territori occupati. Anche la moderata Hanan Ashrawi ha presentato un suo partito che fraziona ulteriormente il fronte laico.

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