La gepolitica di Israele
recensione di un numero monografico della rivista
Testata: Limes
Data: 19/09/2005
Pagina: 1
Autore: la redzione
Titolo: La potenza di Israele
LIMES numero 3 del 2005 è dedicato alla "Potenza di Israele". Il titolo, come pure l'immagine di copertina, una Stella di Davide che proietta una minacciosa ombra sul Medio Oriente, sembra riecheggiare stereotipi ben noti riguardo a Israele e agli Ebrei. Poco rassicurante anche il sommario di copertina: "La Palestina a pezzi" ("fatta a pezzi" da Israele, penseranno i più), "La mezzaluna di Davide" ( che semnbra ipotizzare un "imperialismo" israeliano esteso a tutto il mondo islamico) e "Gerusalemme a Washington" (qui siamo dalle parti del "controllo" israeliano sulla politica americana).
All'interno della rivista le cose sembrano andare, inizialmente, un po' meglio.
L'editoriale "Se questa è una vittoria" contiene sì convenzionali attacchi al piano di disimpegno di Gaza giudicato uno stratagemma per conservare Gaza e mettere in difficoltà i palestinesi e teorizza una discutibile anitesi tra diffusione della democrazia in Medio Oriente e lotta al fondamentalismo (ma democrazia è un'abbreviazione di "democrazia liberale", che rispetti i diritti fondamentali, come nessun regime fondamentalista farebbe), ma nel complesso sviluppa un'analisi geopolitica equilibrata.
La prima parte del dossier "Piccolo grande Israele" presenta contributi di grande interesse, come "A che serva la barriera" di Arnon Soffer, professore di Geostrategia ll'Università di Haifa, incentrato sulle motivazioni demografiche della barriera, "Gas e Petrolio nel Levante si gioca senza gli arabi", di Margherita Paolini, coordinatrice scientifica di Limes, sulla strategia di approvigionamento energetico di Israele che, anche per garantirsi le fonti di energia di cui necessita, deve far fronte all'ostilità araba, "Hizbullah, minaccia strategica per Israele" di Ely Carmon, esperto di antiterrorismo a Herzlya e "Il Partito di Dio è vittima della sua vittoria", di Guy Bechor, esperto di questioni Medio Orientali sempre a Herzlya, sull'organizzazione terroristica libanese. I contributi sul ritiro da Gaza, per esempio l'articolo di Aldo Baquis "Regno di Giudea vs Stato di Israele", a ritiro compiuto rivelano chiaramante un eccesso di allarmismo circa la possibilità di una guerra civile israeliana. L'articolo di Sami Michael, scrittore e intellettuale israelinao di origine irachena e presidente della Lega israeliana per i diritti del cittadino, nega, contro la realtà evidente, che Israeleabbia le carte in regola per dare lezioni di democrazia ai suoi vicini,tra i quali pure si contano dittature sanguinarie.
Israele è accusata di aggressione militare a scopo di conquista ai danni dei paesi confinanti: un patente falsità storica. I cittadini arabi, sono definti "di serie B". Una frase ripetuta in continuazione dalla propaganda antiisraeliana, senza che cambino i dati di fatto: gli arabi in
Israele hanno gli stessi diritti degli ebrei. E, pertanto, hanno diritti che non avrebbero in nessun paese arabo.
La seconda parte del dossier, "Israele visto dagli altri" inizia con una netta caduta di livello, pubblicando senza alcuna nota critica l'articolo "La finta pace con l'Egitto", del generale egiziano in pensione Abd al Ra'uf Musrafa al Siddiqi. Si tratta di un testo basato su falsità e leggende, violentemente antiisraeliano e a tratti chiaramante antisemita, che inizia così:Se dovessi sintetizzare in una frase come gli egiziani vedono gli israeliani direi che li detestano tanto da avversare qualunque forma di integrazione eogni tentativo di normalizzazione delle relazioni tra i due popoli perché hanno già avuto un'esperienza secolare, nel corso della loro millenaria storia, degli israeliti, virtualmente emolto teoricamente antenati degli attuali israeliani.
In questa frase sono presenti due classici stereotipi dell'antisemitismo arabo: gli ebrei mantengono caratteristiche negative immodificabili, dalla fuga dall'Egitto a all'attuale Stato di Israele, e, nel contempo, gli ebrei attuali non hanno nulla a che fare con quelli della Bibbia e con quelli che vivevano in Palestina 2000 anni fa. Gli ebrei non sono un popolo e non hanno continuità storica. Che le due affermazioni siano tra loro palesemente incompatibili non ha ovviamente alcuna importanza per la mentalità antisemita, che ha sempre fatto convivere accuse contrastanti senza nemmeno porsi il problema della loro conciliazione.
Il testo di Al Siddiqi andava certamente pubblicato perchè informa i lettori occidentali sul modo razzista, irrazionale e carico d'odio con qui si guarda a Israele nel mondo arabo. Ma la rivista doveva prendere apertamente le distanze da simili contenuti.
Nella seconda parte si segnala negativamente anche una conversazione di Riccardo Staglianò con l'islamista della Columbia University (tempio accademico dell'odio antiisraeliano e antiamericano) Richard Bulliet impegnato a confutare una versione ipersemplificata e caricaturale delle teorie dell'islamista di Princeton Bernard Lewis. Inutile cercare di promuovere in Medio Oriente democrazie liberali, sostiene Bulliet, meglio affidarsi agli islamisti "moderati", che sarebebro poi quelli che dissentono dai radicali circa i mezzi più adeguati per affermare un regime fondamentalista, ma condividono questo obiettivo finale .
Un po' come se nel 48 un brillante accademico americano avesse consigliato di affidare la lotta al comunismo in Italia al PCI, dato che non voleva fare la rivoluzione con mezzi violenti.
Nella terza parte del dossier "Come cambia il Medio Oriente" Paola Caridi , nell'articolo "Sdoganare gli islamisti" è ancora più esplicita nel sostenere l'idea suicida che la democratizzazione del Medio Oriente possa essere attuata dai Fratelli Musulmani e da gruppi affini. Rilancia anche il famigerato terzo rapporto sullo sviluppo umano nel momdo arabo delle Nazioni Unite, che, con tipica spudoratezza, attribuisce a Stati Uniti e Israele la colpa della macanza di libertà e sviluppo dei paesi arabi.
I quali sono governati da dittature che si legittimano quasi esclusivamente sulla base dell'odio antiisraeliano, antiamericano e antioccidentale che alimentano. Ora avranno un nuovo argomento da aggiungere al loro repetorio: sono Israele e gli Stati Uniti, potranno dire ai loro popoli citando l'Onu, che ci "obbligano" a togliervi la libertà.
Qualcuno, nel mondo arabo, potrebbe anche crederci. Certamente c'è chi ci crede in Occidente.
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