Un incontro per la "giusta pace" tra israeliani e palestinesi: denuncia l'"occupazione", ma non il terrorismo
il resoconto su Minerva, periodico dell'Università degli Studi di Torino
Testata:
Data: 06/09/2005
Pagina: 1
Autore: la redazione
Titolo: Un incontro per la "giusta pace" tra israeliani e palestinesi: denuncia l'"occupazione", ma non il terrorismo
MINERVA , periodico dell'Università degli Studi di Torino pubblica nel numero 2 del 2005, a pagina 62, un articolo di Franca Balsamo intitolato "Studenti per la pace in Israele e Palestina"
Si tratta della sintesi di un incontro con un gruppo di studenti palestinesi, reduci da un viaggio in città europee e statunitensi, organizzato nell'ambito del Corso di Sociologia delle Relazioni Interetniche su proposta del Gruppo Donne in Nero (un organizzazione"pacifista" fortemente ostile a Israele) di Torino.
L'articolo riporta le testimonianze di due dei palestinesi, Hekmat Bessso Adel Aghoul, incentrate sulla denuncia dell'occupazione israeliana di Cisgiordania Gaza, ritualmente definita "una prigione a cielo aperto" e della presenza di detenuti palestinesi, tutti, o quasi, "pacifisti", par di capire, nelle carceri israeliani. I due palestinesi sono naturalemente "scettici" circa il disimpegno israeliano da Gaza, perché "l'occupazione continua in Cisgiordania": ma a Gaza i palestinesi ora hanno l'opportunità di governarsi edi dimostrare di voter convivere pacificamente con Israele. L'articolo riporta poi in modo pituttosto sbrigativo le ossservazioni del professor Bruno Contini, che durante il convegno ha ricordato, tra l'altro che le limitazioni alla libertà personale i degli abitanti di Gaza "blocchi ci sono per combattere e prevenire gli attentati in Israele".
Viene subito riportata la "risposta" di Hekmat che chiede "perché se volesse invitare a casa sua come amico il professor Contini ciò sarebbe impedito?". come si vede tutt'altro che una risposta all'ossrvazione di Contini.
Franca Balsamo, a conclusione del suo resoconto, esprime una condanna dell'intolleranza, e in particolare dell'episodio di intimidazione squadristica contro Daniela Santus e il rappresentante dello Stato di Israele, verificatosi all'Università di Torino e risponde alle critiche di quanti hanno lamentato l'assenza di studenti israeliani:sarebbe stato certamente più utile per la costruzione di un percorso di apce che il gruppo fosse sato misto di israeliane/i e palestinesi, ma che in questo caso il gruppo di studenti sostenuti dalla FFIPP erano solo palestinesi, anche perché come sa chi lavora in quesat area, non è affatto facile organizzare incontri congiunti, anche se il nostro impegno per il futuro dovrà continuare a dandare in quella direzione.
La FFIPP (Faculty For Israeli Palestinian Peace) è "una rete internazionale, con sede principale negli Stati Uniti, costituita da docenti studenti di vari paesi, impegnate/i nella costruzione di una giusta pace tra israeliane/i e palestinesi e favorevoli alla cosnclusione dell'occupazione di Cisgiordania e Gaza".
In realtà, però, il problema dell'equlibrio numerico di israeliani e palestinesi in queste delegazioni è un falso problema.
Un'organizzazione che sostiene la "fine dell'occupazione" come passo risolutivo per il raggingimento della pace in Medio Oriente, senza affrontare politicamente il nodo del terrorismo (al massimo pronunciando condanne morali, senza però riconoscere il terrore come principale o almeno come un ostacolo sulla via della pace, senza ammetere la necessità della sua sconfitta, anche militare) potrà sempre selezionare israeliani vicini a questo messaggio, grazie al fatto che Israele è una società democratica, dove tutte le opinioni hanno libero corso.
Per contro sosterrà nei loro viaggi, certo, palestinesi che esprimono rincrescimento per le vittime israeliane innocenti (del resto, la stessa Anp di Arafat non avrebbe mai cercato di spiegare ad europei e americani le delizie del "martirio" terrorista, come faceva con i bambini palestinesi), ma assai più difficilmente palestinesi disposti ad attaccare la politica di sostegno al terrorismo, l'indottrinamento ideologico, le responsabilità dei diversi gruppi violenti nel determinare l'insolubiltità del conflitto.
Tra l'altro, perché quella palestinese ancora non è una società libera, nonostante i progressi compiuti verso la democrazia. Oscilla tra un autoritarismo corrotto e l'anarchia violenta e non vi ha luogo un effettivo dibattito politico.
In queste condizioni, sembra che incontri come quello dell'Università di Torino conducano necessariamente a una semplificazione unilaterale della visione del conflitto israelo-palestinese, tale da eludere costantemente uan domanda fondamentale. Davvero la "fine dell'occupazione" porterebbe alla pace? Alla sicurezza per gli israeliani e alla libertà per i palestinesi? O non continuerebbero estremismo, fondamentalismo eterrorismo a spadroneggiare nel campo palestinese e colpire i civili israeliani.
E perché chi si batte contro l'"occupazione" non si batte anche, contemporaneamente, contro il terrore?
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