Dialogo tra Israele e Pakistan
una svolta diplomatica favorita dal disimpegno da Gaza
Testata:
Data: 02/09/2005
Pagina: 17
Autore: Davide Frattini - un giornalista
Titolo: Pakistan-Israele, storica stretta di mano - Il Pakistan di Musharraf apre alle relazioni con Israele (e gli ebrei)
Il CORRIERE DELLA SERA di venerdì 2 settembre 2005 pubblica a pagina 17 un articolo di Davide Frattini sullo storico avvicinamento diplomatico tra Israele e Pakistan, "Pakistan-Israele, storica stretta di mano "

Ecco il testo:

L'incontro storico è avvenuto in campo neutrale. Israeliani e pachistani hanno scelto Istanbul per la prima stretta di mano tra i ministri degli Esteri. I due Paesi sono usciti dalla clandestinità dopo gli incontri segreti degli ultimi anni, con il premier turco Recep Tayyip Erdogan a fare da intermediario.
Per il governo di Ariel Sharon è un premio diplomatico che arriva dopo il ritiro da Gaza. «E' un giornata molto importante — ha detto il ministro Silvan Shalom — perché può portare all'apertura di relazioni con altre nazioni musulmane, che devono capire che è il momento giusto per farlo, anche agli occhi dei loro cittadini». Il pachistano Khursheed Kasuri ha sfruttato l'occasione per rafforzare l'immagine di Islamabad come alleato dell'Occidente nella guerra al terrorismo e provare a far dimenticare che la maggior parte degli attentatori di Londra erano passati per le scuole religiose del Pakistan: «Gli Stati islamici sono favorevoli alla pace. Tutto questo parlare di scontro di civiltà è disastroso e suicida ». Il presidente Pervez Musharraf è intervenuto per precisare che «non si parlerà di un riconoscimento di Israele, fino a quando non nascerà uno Stato palestinese. Questi sono solo contatti indiretti». E ha svelato che l'incontro è stato sostenuto dall'Arabia Saudita e dall'Autorità palestinese. Che ufficialmente ha reagito attaccando l'apertura del dialogo: «Non è stato scelto il momento adatto, Israele deve ancora dimostrare il suo sincero attaccamento alla pace. E' troppo presto per fare questi regali», ha detto il vicepremier Nabil Shaat. Anche Hamas ha condannato «il frettoloso allacciamento di relazioni diplomatiche, i musulmani devono evitare di cadere nella trappola di Sharon che vuole far credere di averci restituito tutti i nostri diritti». Per la Jamaa Al-Islamiya, il maggior partito islamico del Pakistan, «è il giorno più nero nella storia del Paese». La Lega Araba ha sostenuto che il governo israeliano «non ha fatto alcuna concessione per meritare questo passo».
Le uniche nazioni islamiche ad avere relazioni diplomatiche con Israele sono Egitto, Giordania, Turchia, Mauritania, più tre repubbliche dell'Asia centrale. Adesso Shalom è convinto di poter aprire rapporti con almeno dieci Paesi dal Golfo Persico al Nord Africa.
Ieri Maariv ha rivelato che il re di Giordania Abdallah starebbe preparando una visita a Gerusalemme. La casa reale ha smentito, ma poi fonti anonime hanno spiegato che resterebbe da definire solo la data. L'ultimo viaggio di Abdallah in Israele risale all'agosto del 2000, le relazioni tra i due Paesi si erano raffreddate con la seconda intifada.
Un altro frutto del ritiro da Gaza potrebbe essere un discorso di Hosni Mubarak davanti alla Knesset, 28 anni dopo quello di Anwar Sadat: diplomatici israeliani hanno commentato che prima devono passare le elezioni egiziane, le presidenziali del 7 settembre e il voto per il parlamento a novembre.
E' invece sicuro che il premier Ariel Sharon e il leader del Cairo si incontreranno all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, a New York tra il 14 e il 16 settembre, dove il primo ministro israeliano deve prendere la parola.
Egitto e Israele hanno firmato ieri l'accordo per lo schieramento di truppe egiziane lungo la fascia di confine a sud di Gaza, è la Philadelphi Road fino ad ora controllata dai soldati di Tsahal. I 750 uomini delle forze speciali inviati dal Cairo dovrebbero posizionarsi domenica per pattugliare la zona e impedire il traffico di armi vero la Striscia.
Anche IL FOGLIO pubblica, in prima pagina, un articolo sull'argomento,"Il Pakistan di Musharraf apre alle relazioni con Israele (e gli ebrei)" .

Ecco il testo:

Roma. Mercoledì 31 agosto all’Hotel Four Seasons di Istanbul, Israele ha concretamente raccolto i primi dividendi del suo disimpegno da Gaza. Il primo storico incontro tra il ministro degli Esteri israeliano, Silvan Shalom, e il plenipotenziario pachistano, Khurshid Mehmoud Kasuri, segna non soltanto l’inizio di un disgelo lungamente ponderato, ma anche il tramonto di un tabù. Se è infatti già dal luglio del 2003 che Pervez Musharraf ventila l’ipotesi di contatti formali con Israele, la granitica opposizione del fronte islamista e le ambigue resistenze di ampi strati dell’establishment militare e dell’intelligence avevano finora chiuso ogni margine di trattativa.
Sull’onda del ritiro israeliano, Musharraf è finalmente riuscito a imprimere la sua svolta, una sterzata cercata con ancora più slancio per controbattere la cattiva pubblicità internazionale piovuta sul Pakistan dopo gli attacchi di Londra. Pur puntualizzando che il colloquio di Istanbul prescinde dal riconoscimento d’Israele – almeno "fino a quando non verrà creato uno Stato palestinese", ha detto Musharraf – Kasuri ha lodato gli sforzi del governo di Gerusalemme senza nascondere la portata simbolica del suo dialogo con Shalom. Da parte israeliana l’auspicio è che questa "prima volta" sul Bosforo rappresenti anche un ponte diplomatico verso l’intero mondo arabo e islamico, una speranza incoraggiata dalla prevista visita in Israele di re Abdullah di Giordania. "E’ tempo che tutti i musulmani e gli arabi riconsiderino il loro rapporto con Israele. Questo incontro – ha sottolineato Shalom – sarà un segnale molto positivo per l’opinione pubblica israeliana e palestinese".
Prevedibilmente in Pakistan le reazioni non si sono fatte attendere. Se la governativa Lega musulmana pachistana ha salutato l’evento con favore, perché "il mondo arabo beneficerebbe dall’avvio di relazioni diplomatiche tra Pakistan e Israele", l’opposizione non ha lesinato l’indignazione. "Oggi è il giorno più nero della storia del Pakistan", ha sentenziato Abdel Ghaffar Aziz, portavoce di Jamaa al Islamiya, il maggiore partito islamico pachistano, in un’intervista alla tv araba al Jazeera. "Sin dalla sua nascita il Pakistan è stato sempre contro l’occupazione israeliana della Palestina – ha detto Aziz, preannunciando proteste formali – Siamo contrari a questa decisione in modo assoluto".

L’amicizia tra Gerusalemme e l’India
A Islamabad assicurano che nessuna manifestazione fermerà Musharraf. Il generale si prepara a sfidare altri "anatemi" il 17 settembre, rilanciando la sua strategia del dialogo all’American Jewish Congress (Ajc). Sarà il primo leader di uno Stato musulmano a parlare davanti a una platea di religione ebraica. Secondo il quotidiano South Asia Tribune, il discorso di Musharraf sarà incentrato sull’"esigenza di abbracciare la modernità con apertura e tolleranza" ma, al di là delle parole, la mera presenza del presidente pachistano a un assemblea dell’Ajc avrà una risonanza dirompente. Il dado a Islamabad sembra ormai tratto e il rischio che il terreno si riveli scivoloso per Musharraf è un’insidia calcolata. Il generale però non desiste.
L’avvicinamento diplomatico a Israele, coadiuvato dalla regia del primo ministro turco, Recep Tayyip Erdogan, è un progetto già accarezzato a partire dal ’99 e definito grazie ai buoni uffici di due consiglieri graditi a Washington: Jehangir Karamat, ex generale attualmente in forza a un think tank statunitense, e il diplomatico Ashraq Qazi, inviato dell’Onu a Baghdad. Oltre al desiderio di avvalorare un’immagine meno fosca del Pakistan, Islamabad cerca un ruolo da mediatore nel mondo islamico e nel "grande gioco" tra Stati Uniti, Cina e Russia per il controllo dell’Asia centrale. Musharraf teme anche la relazione sempre più amicale tra India e Gerusalemme (testimoniata da commesse militari, preoccupanti per il Pakistan) e non è un segreto che le profferte pachistane mirino anche a controbilanciare questo rapporto privilegiato.
Per Islamabad la strada per conquistarsi una patente di affidabilità è ancora in salita. Non sfuggono né a Washington né a Gerusalemme le ambivalenze di Musharraf davanti all’estremismo islamico. Nonostante le promesse e le rassicurazioni su un giro di vite contro i jihadisti, la lotta del generale è più cosmetica che sostanziale. L’impegno a cacciare dalle madrasse gli studenti stranieri o a chiudere i seminari dove predicano gli integralisti dopo un primo impulso sembra essere caduto nel vuoto.
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