Parla Hamas, il quotidiano di Rifondazione Comunista tace e acconsente
scandalosa intervista ad Hassan Youssef, leader del gruppo terroristico in Cisgiordania
Testata:
Data: 30/08/2005
Pagina: 1
Autore: Ivan Bonfanti
Titolo: Parla Hamas: «Abbiamo diritto alla resistenza»
Titolo in prima pagina di LIBERAZIONE di martedì 30 agosto 2005 "Parla Hamas: «Abbiamo diritto alla resistenza» " L'empatia per le affermazioni del gruppo terroristico palestinese e la volontà di dare ad esse risonanza e credito son evidenti fin da qui. Segue, anche a pagina 2, l'intervista di Ivan Bonfanti ad Hassan Youssef, leader di Hamas in Cisgiordania.

La riportiamo:

Non c'è scritto proprio «Benvenuti da Hamas», ma insomma. Sul vetro della porta di ingresso campeggia in bella vista l'inconfondibile simbolo del "Movimento di resistenza islamica", due scimitarre incrociate sul profilo del Al-Haram al Sharif, il Nobile Santuario nella spianata delle moschee di Gerusalemme. Alle pareti dell'anticamera due poster con gli slogan di guerra del gruppo insieme alle sagome nere di due kalashnikov, per il resto sembra l'ufficio di un avvocato o di un dentista.

Ma c'è una certa agitazione, in questa domenica di sole, al secondo piano della moderna palazzina nella periferia di Ramallah dove il leader di Hamas in Cisgiordania, lo Sheikh Hasan Youssef, ha accettato di incontrare Liberazione. Due ore prima un attentato suicida ha sfiorato l'ennesima strage di civili israeliani su un autobus di Beersheva, nel Sud di Israele. L'attentato non è stato rivendicato, ma un esponente di Hamas da Gaza intervistato da Bbc l'ha salutato come «inevitabile razione alle provocazioni israeliane», formula classica con cui si definiscono gli attentati terroristici che è sembrata quasi una firma. Tuttavia Youssef, leader e portavoce di Hamas in Cisgiordania uscito da sette mesi dalla prigione israeliana di Ashkelon, non sembra preoccupato dell'eventuali reazioni israeliane. «Perché dovrei? Tutti noi palestinesi siamo costantemente nel mirino degli israeliani, questa è la nostra realtà» sentenzia sorridendo mentre spalanca la finestra e fa accomodare gli ospiti. Sul tavolo, acqua e Nescafè.

La bomba di Beersheva è opera di Hamas?

Chi l'ha detto? La Bbc? Hmm, aspettate un momento (esce dalla stanza, parlotta con un altro militante e torna dopo pochi secondi). Hamas non ha rivendicato questa operazione, dunque non posso dirle con precisione. E' molto tempo che manteniamo l'accordo sul periodo di calma raggiunto in Egitto con tutti i gruppi della resistenza palestinese. Vede, Hamas, a differenza di altre formazioni, è un partito veramente unito. Questo vuol dire che quando dà una parola è quella e tutti i militanti la rispetteranno. Tuttavia gli ultimi tre massacri compiuti dagli israeliani nelle ultime due settimane prima a Shafamer, poi a Shilo e infine, pochi giorni fa, a Tulkarem, hanno provocato quindici martiri tra la nostra gente. Questo porta inevitabilmente la popolazione palestinese a difendersi, ad esercitare il proprio diritto all'autodifesa. Dunque cosa posso dirle? Il vero responsabile dell'operazione di questa mattina (domenica ndr) è l'occupazione israeliana, che non ha rispettato l'accordo con i palestinesi per tenere calme le acque.

Però Israele ha evacuato i coloni da Gaza. E presto si ritireranno anche i soldati. Come giudica Hamas il periodo che si chiude e la nuova stagione che si apre?

Quello che è accaduto a Gaza è un successo della nostra resistenza. Quella di Hamas e di tutto il nostro popolo. E' il frutto della volontà dei palestinesi di difendere i propri diritti. Tuttavia dobbiamo renderci conto che nel vocabolario israeliano la parola ritiro non esiste, perlomeno se per ritiro intendiamo terminare l'occupazione da tutta la striscia di Gaza.

Quanto accaduto è l'uscita degli occupanti, ma l'occupazione mantiene ancora importanti capisaldi. A quanto mi risulta, fino ad ora, gli israeliani sono ancora all'interno di Gaza. Così come restano i fili spinati, che entrano in profondità all'interno del territorio di Gaza, da uno a due chilometri a seconda della zona. Dunque gli israeliani non sono usciti dai confini di Gaza. Al contrario tutto è ancora sotto il loro controllo, comprese le vie di terra, di aria e di mare. L'aeroporto, il porto, il passaggio di sicurezza tra Cisgiordania e Gaza: nulla è in mano ai palestinesi. Questi ostacoli gli israeliani li mantengono perché giocano a tenere alta la tensione a Gaza, un modo per distrarre la nostra attenzione e quella dei media dalle altre cose che stanno facendo ai danni del popolo palestinese.

Noi siamo preoccupati, perché non vogliamo che il mondo cada in questa trappola. Sharon cerca, a livello internazionale, di presentare la sua mossa come la soluzione definitiva, come se tutto fosse risolto con l'uscita degli occupanti da Gaza. Ma se guardiamo la Cisgiordania l'occupazione prosegue. Eccome. Israele sta confiscando altre terre palestinesi, avanza nella costruzione del muro, prosegue con l'isolamento di Gerusalemme e con l'ebraizzazione (tahwiid) dei luoghi sacri cristiani e musulmani e viola quotidianamente i diritti dei palestinesi. La striscia di Gaza è soltanto l'uno e mezzo del totale della terra di Palestina. Tuttavia l'uscita degli israeliani è un primo passo.

Facciamo conto che Israele si ritiri completamente da Gaza. Ci sono accordi tra l'Autorità Nazionale Palestinese (Anp) e Hamas sui passi da compiere una volta usciti gli israeliani? Insomma, al di là dell'occupazione cosa propone Hamas per il futuro della gente di Gaza?

Noi crediamo che ci sia una sola autorità, ed è quella dell'Anp. E' stato già raggiunto un accordo tra i partiti della resistenza per mettersi tutti insieme e questo comitato deciderà come andare avanti a Gaza. Noi non siamo in competizione con l'Autorità nazionale quindi non decideremo da soli cosa fare per Gaza, ma vogliamo dare il nostro contributo alla costruzione del futuro del popolo.

Questo vuol dire che rispetterete «l'autorità» dell'Anp anche se chiederà ad Hamas di rinunciare una volta per tutte alla milizia Ezzedin al Qassam (il braccio armato del movimento ndr)?

Sono usciti gli israeliani dalla striscia di Gaza? Hanno evacuato i confini? Hanno liberato il passaggio tra Gaza e Cisgiordania? Ci hanno forse lasciato l'aeroporto? Dobbiamo rinunciare al nostro diritto alla resistenza? Ci sono garanzie che l'occupazione non torni? E che le politiche delle uccisioni mirate si fermino? Non possiamo rinunciare al nostro diritto a difenderci quando sappiamo, per esperienza di decenni, che gli israeliani occupano la nostra terra, uccidono e affamano la nostra gente. Si ricordi che anche quando Gaza era un territorio amministrato dall'Egitto ci sono state diverse incursioni israeliane, a partire da quella del 1956 (riferimento all'occupazione israelo-anglo-francese del canale di Suez ndr).

D'accordo.
Hamas dichiara di "difendere" Gaza da eventuali "aggressioni" israeliane (mentre Israele ha sempre condotto solo guerre difensive, da minacce militari o terroristiche). Ivan Bonfanti si dice, esplicitamente, d'accordo!

Poi, prosegue così:

Ma il presidente Abbas sostiene che dovrebbe essere una milizia nazionale, al limite, a difendere i palestinesi dalle minacce esterne. O no?

Non credo che l'Autorità Nazionale sia interessata a creare un esercito nazionale nel quale siano rappresentate tutte le forze palestinesi. Tuttavia noi possiamo essere in armonia con l'Autorità nazionale e lo dimostra il fatto che sono mesi che Hamas rispetta l'accordo per il periodo di calma. Non abbiamo usato le armi in questi mesi proprio per rispettare la parola data, per dare una possibilità all'Autorità nazionale. Quindi l'armonia è possibile.

Prima parlava di confini. Quali sono per Hamas? Quelli stabiliti dalle Nazioni Unite nel 1967? Oppure quelli disegnati della mappa sopra la sua scrivania? (dove campeggia una mappa della cosiddetta Palestina storica, in sostanza senza Israele)
Hamas ha più volte detto che mira alla distruzione dell'intero Israele. Non c'è bisogno di ripetere la domanda per saperlo, fornendo l'occasione di abili diversioni propagandistiche. Come in questo caso. Ecco infatti come replica Youssef:
Come italiano, cos'è l'Italia per te?

Direi una rappresentazione geografica creata su base comunitaria, linguistica e culturale un secolo e mezzo fa. Più o meno.

(Ride) Quindi ci sono dei confini stabiliti e chiari. Giusto?

Sì.

Ebbene se arrivasse da voi un altro Stato e tagliasse l'Italia in due, voi italiani potreste mai dimenticare quali sono i veri confini del vostro Paese?
Questo paragone è del tutto assurdo: uno Stato palestinese non è mai esistito nella storia. Ecco invece come prosegue Bonfanti:
Non lo so. Ma se da tantissimo tempo un altro popolo vivesse nella stessa terra e se inoltre il rischio fosse di perderla tutta personalmente accetterei di condividerla. Ma importa quello che pensate voi non certo io…


Ovvero "se voi pensate che Israele non ha diritto di esistere, chi sono io per contestarvi"!
Dopo questa dichiarazione servile Youssef incalza Bonfanti, che da giornalista viene trasformato in scolaretto da interrogare e ammaestrare:

Adesso ti faccio un'altra domanda.

E va bene.

Israele è disposta a ritirarsi da Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme Est? Israele accetterebbe la nascita di uno Stato di Palestina, sovrano, senza insediamenti all'interno della Cisgiordania né a Gerusalemme? Se Israele facesse davvero tutte queste cose, ma senza ambiguità, ebbene noi penseremmo se accettare i confini del 1967 (si tocca il petto, a mo' di promessa). Ma vogliamo i fatti, non le parole. Dateci i fatti e allora Hamas deciderebbe come comportarsi.
Naturalmente Bonfanti non ricorda all'interlocutore che Hamas ha più volte affermato che l'intera "Palestina" non è cedibile per motivi religiosi, in quanto appartenente all'islam. Così la menzogna propagandistica di Youssef (molto abile: in realtà lo sceicco non ha concesso nulla) raggiunge il suo scopo, inducendo i lettori a credere che l'intransigenza di Hamas sia una conseguenza della supposta intrasingenza israeliana.
Come definisce questi sette mesi di Mahmoud Abbas? Qual è il bilancio di Hamas sul nuovo presidente Anp?

Abbas è un uomo colto e ben istruito. Mahmoud Abbas è arrivato in un momento difficile, in uno Stato devastato da tutti i punti di vista. Prima delle elezioni aveva tanti slogan sul miglioramento della situazione. Tuttavia si è trovato gli stessi strumenti e le stesse persone intorno. Per questo, anche se mette tutto il suo impegno per la causa e si sforza tanto ai palestinesi sembra che stia facendo poco o niente. Certo, sta cercando di migliorare, di cambiare, di ritornare in linea con le aspirazioni della nostra gente. Ma i problemi sono talmente tanti che i risultati non si vedono.

Sta dicendo che non è cambiato nulla rispetto agli anni scorsi?

L'occupazione persiste, la violenza e i soprusi contro i palestinesi pure. Ma rispetto agli anni scorsi c'è sicuramente più democrazia, e questo è un fatto positivo. Direi in effetti che il più grande merito di Abbas, fino ad ora, è stato quello di innalzare il grado di democraticità negli affari palestinesi. Questo sì.

Alle presidenziali non avete partecipato. Alle politiche del prossimo 25 gennaio invece Hamas presenterà i suoi candidati. Cosa vi aspettate dal voto? Puntate a vincerle?

Abbiamo segni positivi e siamo decisi a proseguire nella nostra lotta sia contro l'occupante che per migliorare la nostra società.
Le elezioni saranno un momento importante nel quale il popolo palestinese potrà esprimere le proprie aspirazioni e Hamas vuole essere presente. Non posso certo dire come andranno. Ma abbiamo segni positivi. Sentiamo la vicinanza della gente palestinese tutti i giorni per le strade, nei mercati, nelle piazze e nelle moschee. Per questo siamo fiduciosi.

Degli anni trascorsi in prigione cosa rimane?

La prigione è il peggiore dei posti per vivere. E' una tomba dei vivi. La prigione mi ha insegnato cosa vuol dire l'umiliazione, la violenza, la privazione dei diritti. Ma per i palestinesi la prigione insegna anche cosa vuol dire lottare per la libertà, è il prezzo che dobbiamo pagare. In prigione la mia fede si è rafforzata, così come la mia decisione a resistere per la nostra terra.
Altra occasione di propaganda sulle "disumane" carceri israeliane. ma Israele è un paese democratico. Istituzioni dello Stato come la Corte suprema, avvocati, associazioni di difesa dei diritti civili rendono il suo sistema carcerario certamente migliore di qualsiasi altro in Medio Oriente.
Ed è facile immaginare, per contro, che cosa sarebbe la giustizia penale amministrata da Hamas.

Ahmed Yassin, Abdel Aziz Rantissi, c'è un lunga lista di suoi predecessori che sono stati uccisi. Non ha paura?

Paura? No, non ha paura. Il mio sangue non vale più di quello di migliaia di martiri palestinesi morti in questi anni. Io non sono migliore degli altri e il mio compito, il compito di Hamas, è quello di stare tra la gente. Non potrei nascondermi. La nostra causa è più importante delle nostre vite, io lotto per la Palestina non per me stesso.

Ma almeno Hamas sogna, prima o poi, di togliere quelle due spade dal vostro simbolo? Sperate nella pace o no?

Come reporter e come straniero: hai visto i check point? E il muro? Avrai visto cosa fanno tutti i giorni ai palestinesi? Le umiliazioni, le uccisioni mirate? Se finisce l'occupazione penseremo a togliere le spade dal nostro simbolo. Spero che venga il giorno in cui i palestinesi vivranno in pace. Togliamo le spade quando finisce l'occupazione, non prima. E ora dimmi: cosa si prova a sedere accanto a un terrorista?

E lei cosa prova a sentire che mezzo mondo vi chiama terroristi?
Mezzo mondo li "chiama" terroristi! Ma per Bonfanti, certo, non lo sono. In fondo uccidono solo israeliani.
Non mi interessa. E poi dipende dalle prospettive. Se per mezzo mondo lei intende Bush e Sharon, beh. C'è un'altra metà del mondo che chiama Bush e Sharon terroristi, e io sono tra questi. Se resistere all'occupazione della propria terra vuol dire essere terroristi allora io sono un terrorista. Ho conosciuto anche italiani che la pensavano come me. Terrorista vuol dire privare un altro popolo della libertà, uccidere giovani, donne e bambini in nome dell'imperialismo. Non è Hamas il terrorismo.
Nessuna replica a queste deliranti affermazioni. Chi tace acconsente: anche per Bonfanti i veri terroristi sono l'America e Israele che si difendono dal terrorismo.


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