Testata: Data: 29/08/2005 Pagina: 1 Autore: Giorgia Greco Titolo: Dopo il disimpegno, tornerà il terrore
Un evento drammatico e senza precedenti si è concluso in Israele in questi giorni: il governo israeliano ha "sfrattato" gli ottomila abitanti della Striscia di Gaza, quelli che il mondo chiamava "coloni".
Molti di loro sono senza casa, senza lavoro; alcuni "abitano" in albergo, quelli che hanno accettato subito la decisione del governo si sono visti assegnare delle "caraville" che non sono per nulla confrontabili con le abitazioni che, in anni di sacrifici e in condizioni di vita durissime, si erano costruiti.
Il mondo è stato testimone di un grande esempio di democrazia che non ha paragoni.
Chi ha appoggiato il disimpegno da Gaza ritiene che le relazioni politiche fra israeliani e palestinesi miglioreranno nel prossimo futuro, si avrà un calo degli attentati per giungere infine all’apertura di nuovi negoziati.
Se infatti il problema era "l’occupazione" una volta cessata la soluzione non dovrebbe tardare ad arrivare.
Chi invece si è opposto al ritiro evidenzia che il rischio più grande ora è che i palestinesi lo interpretino come una resa, una debolezza da parte israeliana, il risultato cioè degli attentati terroristici compiuti negli ultimi quattro anni
Ne consegue che se la violenza paga non ci si potrà aspettare altro che una recrudescenza del terrorismo.
Di questo parere è Daniel Pipes che scrive: "Acquisendo il loro nuovo dono senza mostrare un briciolo di gratitudine, i palestinesi concentreranno la loro attenzione su quei territori che gli israeliani non hanno evacuato. Il ritiro non sarà fonte di cortesia ma di una nuova euforia di rigetto, di una maggior frenesia di rabbia antisionista, e di una recrudescenza della violenza antisraeliana"
Uno dei leader di Hamas afferma: Gli eroici attacchi di Hamas hanno smascherato la debolezza e la volubilità dell’impotente establishment di sicurezza sionista. Il ritiro segna la fine del sogno sionista ed è indice del declino morale e psicologico dello Stato ebraico…."
Mohamed Deif, capo delle brigate Ezzedin al Qassam, ricercato da Israele in quanto mandante di decine di attentati kamikaze è apparso in un documento diffuso da Hamas su internet affermando: "Ai sionisti che hanno spogliato la nostra terra diciamo: tutta la Palestina diventerà per voi un inferno. Il nemico sionista lascia Gaza nell’umiliazione grazie al trionfo della pura resistenza armata palestinese.. Gli attacchi continueranno fino alla liberazione di tutto il territorio palestinese occupato".
Un nuovo attentato suicida a Beersheba, che ha fatto 50 feriti e che avrebbe potuto provocare una strage, sembra concretizzare minacce e previsioni pessimistiche.
Gli israeliani si sono ritirati da Gaza ma la volontà di distruggere Israele è rimasta immutata.
E’ evidente che a questo punto spetterà ai palestinesi determinare il corso degli eventi; Abu Mazen deve assumersi la responsabilità sulla questione sicurezza, smettere di dialogare con le formazioni terroristiche e agire per smantellarle.
Si sa che il prezzo politico di tutto questo è molto alto e, al momento, non si ravvisa una ferma volontà di procedere in tal senso.
Eppure sono i palestinesi che, di fronte a questa nuova opportunità, devono decidere se accettare l’esistenza dello Stato ebraico impegnandosi a costruire il proprio Stato e una nuova società democratica (come già in passato avrebbero potuto fare), rinunciando definitivamente al progetto da sempre perseguito di distruggere Israele.
Certamente non si può chiedere a Israele di "stare a guardare" mentre viene attaccata dal terrorismo e mentre l'Anp non fa nulla per fermare la violenza.
Il disimpegno, seppur condotto a termine senza spargimento di sangue e violenza, ha comportato uno strappo nella coscienza israeliana che, è fuor di dubbio, lascerà un segno.
Una ripresa degli attentati non potrà che scatenare una dura e doverosa reazione militare israeliana. Giorgia Greco