Il CORRIERE DELLA SERA di giovedì 30 giugno 2005 pubblica a pagina 5 la cronaca di Alessandra Coppola dal titolo, quantomeno enfatico, "Gaza, la furia dei coloni contro il piano di Sharon", che riportiamo:Tra i detriti del primo piano, due sacchi a pelo e una confezione aperta di pane in cassetta. Alla guerra come se fosse il campeggio estivo.
Arrivano con lo zainetto in spalla e il nastro arancione al polso.
Meir e Raanan, 16 anni, hanno fatto l'autostop da un insediamento in Cisgiordania e ora sono qui, sulla spiaggia diGaza, dove si sta consumando la prima battaglia del disengagement . I vostri genitori lo sanno? Meir confessa di essere venuto di nascosto. Raanan è più sbruffone: « Io sono qui a proteggere la terra d'Israele e loro sono d'accordo con me » . Dalla terrazza del terzo piano compare una chitarra e il ragazzo che la suona, boccoli neri e kippah, si mette a cavalcioni sul parapetto. E' uno dei pochi a essere quanto meno maggiorenne.
Per il resto la casa occupata di Siriat Hayman, nell'area degli insediamenti di Gush Katif, sembra un ostello della gioventù estremista israeliana. Età media 15 anni, canti, cori, danze. E poi anche minacce, calci e sassaiole.
A 50 metri dal fortino degli adolescenti c'è una casa Mawassi, tribù beduina che da anni vive circondata dai coloni. E' l'abitazione di Ibrahim, 33 anni e 13 figli. Maadesso è anche il quartier generale del villaggio. Seduti a terra, le gambe incrociate, nel patio ci sono una cinquantina di uomini, ragazzi e pure bambini. Tutti maschi ( « Le donne sono dentro » , dice Ibrahim) e guardano gli occupanti della casa di fronte.
C'è aria di sfida. Gli adolescenti dell' « ostello » hanno scritto sul muro « Maometto maiale » e hanno issato sull'edificio ( appartenente ai Mawassi) bandiere arancioni anti ritiro. Gli arabi restano silenziosi, pronti a scattare. Gli « anziani » , una canna di gomma usata a mo' di frustrino, tengono a bada i più intemperanti. Ibrahim, che vive di pesca, sostiene che i ragazzini di fronte gli abbiano bruciato la barca. « Un proiettile dice ha anche bucato la cisterna: siamo da due giorni senz'acqua » .
Di armi, eccetto enormi pietre, nella casa degli adolescenti non se ne vedono. Al secondo piano si sono barricati quelli che si preparano per la battaglia: bastoni di legno emattoni, hanno sprangato la porta di ferro rossa in attesa del blitz. Nella terrazza al terzo piano, un gruppo di ragazzine, capelli lunghi, gonnelloni e foulard indiani, si sgola contro i soldati, gli arabi, i giornalisti. Una biondina con il polso ingessato ( « Me l'ha rotto un poliziotto un mese fa » ) dice di avere 16 anni e di essere venuta a salvare Israele. Ma sembra l'avvio di una guerra: non avete paura? « No, perché crediamo in Dio » . Yossi se ne sta più in disparte. Dichiara 18 anni, ma ne dimostra meno. Racconta di essere arrivato anche lui da un insediamento in Cisgiordania, originario però di Lione, Francia.
Neppure lui ha paura: « Questa è casa mia » .
Polizia e militari sono schierati davanti al fortino in attesa delmomento in cui fare irruzione ( arriverà in serata: 30 arresti). Ogni tanto portano via uno dei più agitati. E tutti gli altri scendono in strada, insultano, picchiano. Un militare si tocca la gamba: « Ho preso un gran calcio » . I ragazzini li provocano: « Lo fate solo per la paga: disobbedite agli ordini » . E ancora: « Siete poliziotti e non nazisti » .
C'è un grande caos, sale la tensione. Un adolescente con la kippah si avvicina alla casa dei Mawassi. « Ascolta il Dio di Israele » , grida: si dice a chi sta per morire.
Improbabile che gli scontri siano davvero scoppiati, come suggerisce questa frase, perchè i palestinesi hanno percepito nelle parole del giovane israeliano una minaccia di morte.
E va avanti così. Parte il primo sasso, e a catena tutti gli altri. Il ragazzo sanguina, ma resta lì a gridare. Mezz'ora di scontri violenti.
Con le pietre che piovono in tutte le direzioni e i militari che sparano in aria. Alla fine si contano 4 feriti tra gli arabi, due gravi. E una decina di contusi, tra cui il fotografo che era col Corriere .
Ieri attorno a Gerusalemme ci sono stati blocchi stradali e azioni di sabotaggio ( chiodi e olio sull'autostrada): 150 i fermi. Un militare israeliano è rimasto ucciso in un attacco dell'Hezbollah al confine col Libano. La paura in Israele, a un mese emezzo dal ritiro, è che questo sia solo l'inizio.
IL RIFORMISTA pubblica a pagina 7 l'articolo di Anna Momigliano "Chiodi e olio sull'autostrada I coloni lanciano i primi avvertimenti", che riportiamo:Quarantasei giorni al ritiro da Gaza. Mentre ticchettano le lancette del «disengagement watch» e la maggior parte dei coloni prende le misure necessarie a un trasferimento pacifico, le fazioni più oltranziste del movimento anti-ritiro sono passati all'azione. Ieri mattina un gruppo di attivisti di estrema destra aveva disseminato di chiodi e olio un tratto dell'autostrada che congiunge Tel Aviv alla capitale, tanto che la polizia è stata costretta a bloccare gran parte della principale strada israeliana. Quest'ultimo episodio ha cambiato radicalmente il volto alla protesta anti-disengagement: certo, nelle ultime settimane il movimento dei coloni ha organizzato diverse manifestazioni, alcune delle quali sono degenerate in scontri con la polizia che hanno portato a decine di arresti, e la recente condanna a due mesi di reclusione del soldato di leva Avi Bieber (primo obiettore di destra) è indice di un conflitto profondo. Eppure mai prima d'ora nessuno tra i coloni era ricorso a un gesto che mettesse a repentaglio la sicurezza dei cittadini israeliani. L'indignazione è stata espressa da destra e da sinistra. Dal Labour, Amir Peretz (candidato favorito alle primarie) ha definito l'episodio come l'«atto più anti-sionista della nostra storia», mentre dal Likud, Effie Eitam accusa i responsabili di «essere prossimi alla definizione di terrorismo».
L'iniziativa, riporta la radio militare Galei Tsahal, è partita dal movimento oltranzista di Habait Haleumi ("Casa Nazionale") ed è subito stata condannata dal movimento principe dei coloni, il Yesha Council, che in passato ha organizzato molte manifestazioni pacifiche. Uno dei consiglieri di Sharon ha tuttavia dichiarato ai microfoni di Haaretz di ritenere il Yesha Council responsabile dell'episodio. Sempre secondo Haaretz, inoltre, la polizia avrebbe effettuato «arresti preventivi» prima dei disordini.
Ieri le proteste dei coloni hanno bloccato per ore il paese. Oltre all'autostrada Gerusalemme-Tel-Aviv, molte altre strade principali sono state bloccate con mezzi più pacifici: come la tangenziale Ayalon di Tel Aviv, un incrocio centrale di Haifa e gli ingressi stradali di Gerusalemme, Petah Tikvah e Kfar Saba. In particolare, nella capitale le forze dell'ordine, avvisate in anticipo, hanno tentato senza successo di impedire il blocco stradale. Dopo l'episodio dell'autostrada, il premier Sharon aveva dato istruzioni alla polizia di usare il pugno duro con i manifestanti. Giunta la notizia che all'ingresso di Gerusalemme si trovavano cartelli di benvenuto arancioni (colore dei coloni), i poliziotti hanno ricevuto l'ordine di non lasciare entrare i pedoni, ma i coloni sono riusciti ugualmente a bloccare l'entrata agli automobilisti. Cinquantacinque di essi, in maggioranza giovani adulti, sono stati arrestati. Scontri tra coloni e polizia sono avvenuti inoltre durante lo sgombero dell'insediamento illegale di Tal Yam. In un giorno tanto complesso per Israele, mentre il primo ministro dell'Anp Abu Ala invitava gli islamisti a evitare di compiere attentati durante il ritiro, dal Libano gli Hezbollah hanno bombardato la base militare israeliana di Har Dov, ferendo molti soldati.
Intanto comincia a diminuire il sostegno della popolazione al piano di disimpegno: secondo l'ultimo sondaggio il 48 per cento degli israeliani è favorevole, il 41 è contrario, con un ampio margine di «mixed feelings». Il sondaggio è stato commissionato dai Likudnik ribelli, capeggiati dall'ex premier Netanyahu, ma è accettato anche da fonti autorevoli di sinistra (tra cui Haaretz) perché sarebbe stato «effettuato seguendo tutti gli standard statistici accettati».
Nonostante l'inasprimento del conflitto tra governo e forze dell'ordine da un lato, e l'ala più estremista del movimento dei coloni dall'altro, molti israeliani residenti nella Striscia di Gaza hanno accettato loro malgrado di lasciare le proprie abitazioni. In realtà, uno smantellamento spontaneo delle colonie è già in atto con un mese e mezzo di anticipo rispetto al D-day (15 agosto) ed è quindi probabile che i 20 mila soldati israeliani che hanno il compito di portare avanti il ritiro dovranno occuparsi di un numero relativamente esiguo di coloni rimasti nella Striscia fino all'ultimo. Proprio mentre 55 manifestanti erano arrestati a Gerusalemme, la colonia agricola di Gadid ha cominciato a smantellare una sessantina di serre. Gadid, insieme ad altri villaggi di Gush Katif, vive soprattutto dell'esportazione di pomodori e cocomeri verso l'Europa. Ora la preoccupazione principale dei suoi abitanti è ottenere dal governo un altro terreno simile da coltivare.
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