LA REPUBBLICA di giovedì 14 aprile 2005 pubblica a pagina 26 un articolo di Franco Pappito, "Razzismo, la Ue accusa l'Italia "Fa poco contro le nuove minacce".
Non sappiamo se il rapporto dell'Onu è reticente come questo articolo, certo è che Franco Pappito, allorchè scrive di un acuirsi della "violenza legato soprattutto all'aumento delle tensioni in Medio Oriente" evita accuratamente di indicare i responsabili di tale violenza e la loro ideologia.
Così che la convergenza tra islamisti, estrema sinistra e frange di estrema destra nel dar vita al nuovo antisemitismo è un argomento che non viene neppure sfiorato, al pari del ruolo dell'antisionismo e della demonizzazione mediatica di Israele.
Ecco l'articolo:Nuovo allarme dell´Osservatorio europeo sul razzismo e la xenofobia: aumenta nell´Unione la violenza a carattere razzista, mentre governi e responsabili dell´ordine pubblico stentano ad attrezzarsi per mettersi nelle condizioni di condurre una lotta efficace contro il fenomeno. L´indagine dell´Osservatorio è stata condotta nei quindici paesi che facevano parte dell´Unione prima del suo allargamento a Est. Una delle conclusioni principali è che «la raccolta di dati ufficiali sulla violenza razzista è inesistente in numerosi paesi dell´Ue», tanto che l´Osservatorio - che ha sede a Vienna - in assenza di dati ufficiali è costretto in molti casi a basare le sue analisi su articoli di stampa.
Solo sei paesi su quindici «dispongono di un sistema completo che mette in evidenza l´ampiezza e la natura della violenza razzista». La situazione più carente si riscontra invece in Italia, Grecia e Portogallo, che «non hanno nessun dato pubblico ufficiale sulle violenze e sui crimini razzisti». Inoltre, secondo il rapporto, lo Stato italiano non sembra avere la lotta al razzismo fra le sue priorità più alte.
Beate Winkler, direttrice dell´Osservatorio di Vienna, sottolinea che «l´Ue deve prendere coscienza di quanto questo fenomeno è diffuso, altrimenti non sarà in grado di proteggere le proprie minoranze culturali, religiose ed etniche contro la violazione dei loro diritti fondamentali». Un monitoraggio «completo» del fenomeno esiste infatti solo in Finlandia, Francia, Irlanda, Gran Bretagna, Danimarca e Svezia. Germania e Austria limitano la loro attenzione sull´estrema destra. Negli altri paesi, niente.
Nonostante le lacune denunciate, il rapporto traccia un quadro generale dell´identità delle vittime e degli autori di episodi di violenza razzista. I gruppi più vulnerabili sono quelle degli immigrati illegali, degli ebrei, dei musulmani, dei rifugiati e dei rom. I responsabili sono in genere «giovani maschi membri di organizzazioni politiche estremiste». Ma i dati più recenti di alcuni paesi - Francia, Olanda e Svezia - mostrano che ormai la maggior parte dei crimini e delle violenze razziste non sono più attribuibili a gruppi estremisti, e sono invece commessi sempre di più da persone non aderenti a tali formazioni. C´è un aumento generale della violenza che appare legato soprattutto al moltiplicarsi delle tensioni in Medio Oriente. Le proporzioni maggiori si osservano in Francia e Germania, ma i confronti sono difficili perché spesso le cifre dei vari paesi non sono omogenee. «Preoccupante» è anche la situazione in Gran Bretagna.
Per quel che riguarda l´Italia, il rapporto denuncia che «lo Stato non sta facendo abbastanza per contrastare le attività dell´estrema destra». A pagina 110, per esempio, si legge: «Le attività razziste e la propaganda che emanano da alcuni membri della Lega Nord, la quale continua a mantenere una preminente posizione nelle politiche nazionali e locali, sono indicative dell´assenza di controlli su sentimenti e attività razziste da parte dello Stato italiano». Si cita poi il coinvolgimento di agenti di polizia e carabinieri «in casi di cattivo trattamento, abuso e violenza nei confronti di migranti e minoranze», nonché gli «abusi avvenuti nei centri di internamento degli immmigrati clandestini denunciati da Médecins sans Frontières e Amnesty International nel 2004».
L'UNITA' di giovedì 14 aprile 2005 pubblica a pagina 10, sullo stesso argomento, l'articolo di Sergio Sergi "Lotta a razzismo e antisemitismo, l'Italia maglia nera".
Qui il fatto stesso che il rapporto nomini il Medio Oriente è del tutto taciuto.
Ecco il testo:Ebrei, musulmani, nordafricani, rifugiati, Rom. Tutte «vittime invisibili» di forme gravi di un rinascente razzismo e dell'antisemitismo. In Europa ma anche in Italia che viene descritta come uno dei tre Stati dove non esiste un sistema di controllo e di raccolta delle manifestazioni razziste e xenofobe. Lo denuncia un rapporto, fresco di stampa, dell'Osservatorio europeo sul razzismo e la xenofobia che ha sede a Vienna e che presto diventerá una vera e propria Agenzia per i diritti dell'uomo. La violenza si presenta in aumento ma la difficoltá di raccolta dei dati in numerosi Paesi europei non consente di avere un quadro esatto del fenomeno e della sua reale pericolositá. Il fatto é che, fatta eccezione per sei Stati, tutti gli altri non dispongono di strumenti per controllare i fenomeni di violenza nei confronti delle minoranze.
Il rapporto dell'Osservatorio cita Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Gran Bretagna e Svezia come i Paesi che hanno il massimo di punteggio nel controllo del fenomeno tanto che, quando si conoscono i dati delle violenze, si ha l'impressione che il risorgente razzismo sia una peculiaritá di questi Paesi.
Lo studio di Vienna sottolinea, infatti, il fatto che buona parte dei Paesi «passa sotto silenzio alcuni incidenti razzisti e ció ostacola l'adozione di misure efficaci contro la violenza razzista ai danni delle minoranze». Tra i Paesi «maglia nera» sono citati l'Italia, la Grecia e il Portogallo. «Il fatto di non recensire gli episodi di violenza - ha dichiarato Beate Winkler, direttrice dell'Osservatorio - significa che si sottovaluta il problema e che le vittime restano invisibili».
Nel capitolo che prende in esame la situazione dell'Italia, il rapporto mette in rilievo le responsabilitá dei gruppi di destra e di estrema destra e che l'attivitá di questi gruppi si manifesta in particolare nel nord dove esiste una concentrazione di immigrati. Il rapporto cita anche la «propaganda contro gli immigrati e le attivitá di alcuni membri della Lega Nord e le sue organizzazioni associate». Nella nota si aggiunge che la Lega fa parte della coalizione di governo e che, per via di questa posizione, ha «coscientemente attenuato i suoi piú aperti legami di destra» spostandosi su posizioni populiste e nazionaliste che «incorporano aspetti della politica anti immigrati». Tra i gruppi di estrema destra con «attitudini xenofobe» e di tendenza neofascista e neonazista, sono citati quelli di Msi-Fiamma Tricolore, Forza Nuova e il Fronte sociale nazionale. Forza Nuova, in particolare, é segnalato come il gruppo neofascista «piú rapidamente in crescita» e che si caratterizza per le sue manifestazioni dal carattere «fortemente razzista, antisemita e anti islamico».
Secondo il rapporto dell'Osservatorio, i dati relativi all'Italia sono stati in qualche modo assemblati facendo ricorso a quanto pubblicato dagli organi di stampa: una dimostrazione dell'assenza di riferimenti ufficiali o ufficiosi sulla violenza razzista sebbene una legge del 1998 avesse disposto la creazione di centri regionali per l'osservazione e la diffusione dell'informazione sul fenomeno. «Lo Stato italiano sembra non faccia abbastanza - é scritto nella relazione - per monitorare e contrastare le attivitá dell'estrema destra, sia per quanto riguarda gli individui sia le organizzazioni».
In un altro passaggio si torna a parlare della Lega Nord: «Le attivitá razziste e la propaganda che proviene da alcuni esponenti della Lega Nord, che continua a mantenere una posizione prominente nella politica locale e nazionale, sono indicative dell'assenza di controlli delle manifestazioni razziste da parte dello Stato italiano».
Molto forte, leggendo questi due articoli, è l'impressione di una speculazione politica sul tema del razzismo e dell'antisemitismo. E di un pervicace rifiuto a fare, a questo proposito, i "conti con se stessi" e con le responsabilità della propria parte culturale e politica.
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