Come si annacqua un titolo
se riguarda il terrorismo palestinese
Testata:
Data: 03/04/2005
Pagina: 17
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: Ramallah,Abu Mazen dichiara lo stato d'assedio
Sull'UNITA' di oggi 3-4-05 un bell'esempio di come, annacquando ben bene la titolazione, si impedisce al lettore di capire quanto avviene.
Abu Mazen non riesce a controllare le sue forze di sicurezza, che arrivano a sparare addirittura all'interno del palazzo della Muqata contro la stessa Autorità palestinese. Come titola l'UNITA' ? " Ramallah,Abu Mazen dichiara lo stato d'allerta" ! Il che è, semmai, una conseguenza. Il titolo veritiero avrebbe dovuto essere: " Forze di polizia palestinese sparano contro l'Autorità palestinese all'interno della Muqata ".Lo stato d'allerta viene dopo.
All'UNITA', con Colombo o senza, le abitudini restano le stesse. Massimo pregiudizio se in ballo c'è Israele, massima condiscendenza, fino ad arrivare allo sbianchettamento della notizia, se in gioco c'è l'immagine palestinese. Importa poco se c'è di mezzo il terrorismo.
L'articolo di commento di Umberto de Giovannangeli, curiosamente, è molto più corretto del titolo. Lo diciamo con piacere, visto che siamo attenti a quanto scrive. Perchè non protesta lui con chi ha fatto la titolazione ?
Ecco il pezzo:Centinaia di agenti armati, a bordo di automezzi o a piedi, pattugliano le strade della città «per garantire ordine e sicurezza». A Ramallah è scattato lo stato di massima allerta. A decretarlo è il presidente dell'Autorità nazionale palestinese, Mahmoud Abbas (Abu Mazen). Il leader dell'Anp ha deciso tale provvedimento nonostante Israele non abbia ancora trasferito ufficialmente il controllo delle questioni di sicurezza in questa città della Cisgiordania.
La forzatura compiuta da Abu Mazen dà il senso e lo spessore della gravità della situazione nei Territori. Al momento del suo insediamento ai vertici dell'Anp, «Mahmoud il moderato» aveva promesso di contrastare il «caos armato» che regnava in Cisgiordania e a Gaza. Si era impegnato a riformare radicalmente i servizi di sicurezza e ad avviare il disarmo delle varie milizie dell'Intifada. Ma molti, anche nelle fila dell'Autorità palestinese, hanno navigato contro: «La verità è che esiste una vera e propria mafia che non ha alcun interesse a disarmare le milizie e a mettere fine al caos poiché è proprio grazie al caos e all'anarchia armata si consolida e realizza i propri affari sotto banco», rileva Ali Jirbawi, analista palestinese dell'Università di Bir Zeit. Un commento preoccupato viene anche da Gerusalemme: «Disarmare i gruppi estremisti non è un favore che Abu Mazen fa a Israele ma la condizione essenziale per salvaguardare la propria leadership», dice a l'Unità Ranaan Gissin, portavoce del premier Ariel Sharon. L'ultima «pallottola» che ha fatto traboccare il vaso e costretto Abu Mazen a proclamare lo stato di emergenza nella capitale cisgiordana è quella sparata (in tanti colpi di mitra) mercoledì scorso da miliziani delle Brigate dei martiri di Al Aqsa (Al Fatah) nel cortile della Muqata, il quartier generale dell'Anp, per esprimere la loro rabbia dopo aver ricevuto l'ordine di evacuare l'edificio.
Il giorno dopo, Abu Mazen aveva promesso di intervenire contro gli attivisti armati «indisciplinati». L'altro ieri il presidente palestinese aveva silurato diversi responsabili dei servizi, tra i quali il capo della sicurezza nazionale Haji Ismail Jaber, «a causa del persistente caos in Cisgiordania e a Gaza». Ieri, infine, la decisione dello stato d'emergenza a Ramallah. Abu Mazen ha disposto che sia «stroncata qualsiasi aggressione contro persone e proprietà» e ha di nuovo assicurato che «sarà garantita la sicurezza della popolazione». Tra le scelte immediate che i vertici dell'Anp sono chiamati a compiere vi è quella della nomina del nuovo capo dei servizi di sicurezza in Cisgiordania. La candidatura più accreditata è quella dell'ex consigliere per la sicurezza nazionale di Yasser Arafat, Jibril Rajoub. Per l'intera giornata nella super presidiata Ramallah, Abu Mazen ha avuto incontri finalizzati a ridisegnare i vertici dei servizi di sicurezza. «Decisioni drastiche non sono più rinviabili», ammette il portavoce della presidenza dell'Anp, Nabil Abu Rudeina, prima che alla Muqata fossero convocati da Abu Mazen il premier Abu Ala e il ministro dell'Interno Nasser Yousef. A denunciare una situazione non più sostenibile era stato Tawfiq Tirawi, responsabile dell'intelligence generale in Cisgiordania, uomo vicino ad Abu Mazen. Giovedì scorso, Tirawi si era dimesso accusando la sicurezza nazionale di non aver fatto nulla per tenere sotto controllo i militanti armati dell'Intifada. Il presidente dell'Anp ha, per il momento, «congelato» le dimissioni di Tirawi ma i problemi denunciati dal suo fedelissimo restano tutti sul tappeto. Sempre più esplosivi. Fuori dalle rassicuranti dichiarazioni ufficiali, i più stretti collaboratori del presidente dell'Anp non nascondono la crescente irritazione di Abu Mazen nei confronti del primo ministro Abu Ala, accusato di immobilismo e di connivenza con il vecchio notabilato di Al Fatah che si oppone a qualsiasi rinnovamento del partito e all'attuazione di quelle riforme necessarie per impedire che le elezioni legislative del 17 luglio prossimo segnino il trionfo degli integralisti di Hamas. Un trionfo elettorale che renderebbe ancor più arduo il cammino della pace e forse impossibile quello di Abu Mazen.
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