La via della pace tra israeliani e palestinesi passa anche dalla barriera difensiva
un'analisi lontana dai luoghi comuni
Testata:
Data: 17/03/2005
Pagina: 12
Autore: Shlomo Avineri
Titolo: Israele, il Muro riapre la strada della pace
Il CORRIERE DELLA SERA di giovedì 17 marzo 2005 pubblica, in collaborazione con la rivista Foreign Policy, un articolo di Shlomo Avineri (docente di Scienze politiche alla Hebrew University di Gerusalemme ed ex direttore generale del ministero defgli Affari Esteri di Israele).
Ecco il testo:

Per molti osservatori esterni, il muro di sicurezza di Israele rappresenta un simbolo dell'insuccesso, un monumento ornato di filo spinato all'incapacità o alla mancanza di volontà del primo ministro Ariel Sharon di negoziare un accordo finale di pace con i palestinesi. Ciò che in realtà la barriera rappresenta è l'insuccesso delle ideologie rivali a Israele e, per ironia, uno sbocco alla situazione di stallo che ha afflitto entrambi i lati della Linea Verde ( i confini del 1967, ndr ).
Per decenni, la sinistra ha predicato che se Israele avesse fatto ai palestinesi un'offerta che non potevano rifiutare, allora si sarebbe raggiunta la pace. Tuttavia, quando l'ex primo ministro Ehud Barak ha fatto una simile offerta al summit di Camp David nel 2000, i palestinesi non soltanto hanno rifiutato, ma sono ritornati al terrorismo e agli attentati con gli uomini bomba ( atti che hanno ricevuto, in un modo o nell'altro, la benedizione dell'allora leader palestinese Yasser Arafat).
Dal canto suo, la destra proclamava che se Israele avesse colpito in modo sufficientemente duro i palestinesi, essi si sarebbero arresi. Bene, Israele ha colpito i palestinesi ripetutamente, usando modi violenti e crudeli: anche se questa tattica ha ridotto i ranghi degli uomini bomba, non è comunque riuscita a fermare il terrorismo.
Alla fine, la barriera di sicurezza è apparsa come l'unica alternativa possibile.
E al di là delle proteste internazionali sulla sua legalità, resta il fatto innegabile che il muro funziona. Israele è ritornata più o meno alla sua vita normale e i suoi cittadini non hanno più paura di camminare per strada.
Questa notizia ha incontrato scarso favore da parte della destra che si è opposta per lungo tempo alla barriera, adducendo come motivo il fatto che terminava il sogno di un « Grande Israele » con l'annessione della Giudea e della Samaria ( la West Bank). Inoltre Sharon, l'autorevole esponente della destra — dopo essersi opposto inizialmente all'idea — è diventato il sostenitore del muro, commettendo poi l'eresia persino più grande di annunciare la sua intenzione di smantellare tutti gli insediamenti ebraici a Gaza e alcuni isolati nella West Bank.
Sharon non è diventato una colomba, come Primo Ministro ha semplicemente compreso quello che non era riuscito a vedere quando era generale o ministro della Difesa: la sicurezza di Israele non dipende dal controllo di questa collina o di quel wadi, bensì da un accordo strategico con l'unica potenza in grado di supportare in modo significativo lo Stato ebraico, cioè gli Stati Uniti. Sharon ha compreso insomma che Israele aveva bisogno del sostegno degli americani per mantenere il suo vantaggio strategico, per tenere lontani i tentativi ostili di isolare il Paese a livello internazionale ( specie ad opera delle Nazioni Unite), per supportare le sue posizioni sui confini e sui rifugiati nelle eventuali negoziazioni con i palestinesi e ultimo, ma non per questo meno importante, per essere alla guida degli sforzi internazionali tesi a mettere un freno al programma nucleare iraniano. Questo accordo strategico con gli Stati Uniti, tuttavia, ha avuto un prezzo. Israele ha dovuto porre fine, in un modo o nell'altro, a gran parte dell'occupazione, creando anche una barriera reale che mettesse fine al ciclo brutale di rappresaglie fra lo Stato ebraico e i palestinesi. L'unico modo per Sharon di pagare questo prezzo è stato quello di raggiungere un accordo con la sinistra, affinché gli ideologi più estremisti nel suo partito, il Likud, e nei due partiti più piccoli dell'ala destra mantenessero la loro posizione e uscissero dal governo. Come tali, il piano di disimpegno da Gaza e la barriera di sicurezza non sono affatto il simbolo di una nuova situazione di stallo, ma rappresentano i catalizzatori di uno slancio in avanti.
Con i laburisti nel governo proseguirà la pressione per l'ulteriore disimpegno dagli insediamenti isolati nella West Bank.
Alla fine, Sharon dovrà acconsentire alla richiesta, perché la sopravvivenza del suo governo dipenderà dai laburisti.
Dall'altra parte della Linea Verde, la recente morte di Arafat è servita a porre fine alla situazione di stallo sbloccando la politica palestinese in modi che soltanto pochi mesi fa erano impensabili. Sebbene l'elezione di Mahmoud Abbas non abbia portato alla leadership palestinese una persona diversa da Arafat per quanto riguarda i principi, è ovvio che l'atmosfera abbia subito un cambiamento radicale. L'azione immediata di Abbas è stata la condanna pubblica della lotta armata. Il presidente egiziano Hosni Mubarak ha esortato i palestinesi a sostenere Sharon perché « è l'unico » . E per buona misura, l'Egitto ora sta aiutando Israele e i palestinesi coordinando la sicurezza post ritiro dalla striscia di Gaza.
L'evacuazione dei coloni di Gaza, insieme al completamento della barriera e alla fine dell'impiego degli uomini bomba da parte dei palestinesi, potrebbe indurre entrambe le società ad assumere un atteggiamento meno improntato sullo scontro. In queste circostanze, sarà più facile per la leadership palestinese mantenere il monopolio weberiano della forza ed evitare di ripiombare in uno scenario come quello del Libano, dove milizie armate illegali scorrazzano nel territorio.
Sono necessarie decisioni difficili da entrambe le parti. Israele dovrà accettare lo smantellamento di molti insediamenti e i palestinesi devono accettare il fatto che i rifugiati del 1948 e i loro discendenti non ritorneranno nelle terre che ora fanno parte dello Stato di Israele. Per ironia, la barriera di sicurezza — la soluzione che nessuno ha accolto favorevolmente — è proprio l'elemento che può rendere possibili queste difficili decisioni, creando un'atmosfera di relativa tranquillità che ha eluso innumerevoli misure diplomatiche « tese a creare fiducia » nella regione.
I politici dello stampo di Sharon devono essere giudicati in base alle loro azioni, non alle loro dichiarazioni. Ci sono pochi casi in cui un esercito evacua con la forza la propria popolazione da un territorio che è considerato come parte del proprio Stato. Inoltre, a seguito della dinamica politica emergente, in gran parte frutto del « Bulldozer » ( uno dei soprannomi meno offensivi affibbiati a Sharon), ora sembra che si possano prendere per buone le parole che il leader israeliano pronunciò quattro anni fa quando promise di fare « concessioni dolorose » . A un uomo meno duro tutto ciò non sarebbe potuto accadere.
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