La "logica sionista" del negazionismo storico
nessun senso critico sulle tesi di un erede intelletuale di Edward Said
Testata:
Data: 15/12/2004
Pagina: 4
Autore: Anna Momigliano
Titolo: Cari arabi, negando la Shoah cadiamo nella logica sionista
Ci auguriamo che il cerchiobottismo non diventi la regola del RIFORMISTA. Accanto a un buon articolo sulla chiusura in Francia della televisione di Hezbollah (vedi l'articolo "La Francia si accorge che gli Hezbollah sono antisemiti", Informazione Corretta, 15-12-04) il quotidiano di mercoledì 15 dicembre 2004 pubblica un articolo di Anna Momigliano sulle tesi di Joseph Massad, professore alla Columbia, che si rifà esplicitamente ad Edward Said (sulla cui importanza nel definire il paradigma del nuovo antisemitismo si veda l'articolo di Giorgio Israel ripreso in "Le beffe del nuovo antisemitismo, che ama gli ebrei morti e odia quelli vivi", Informazione Corretta 14-12-04).
Il credito dato a Massad rende possibile un titolo incredibile come "Cari arabi, negando la Shoah cadiamo nella logica sionista", che, alla lettera, attribuisce all'ideologia sionista una propensione al negazionismo. In realtà Massad è più sottile: il sionismo, a suo dire, muove dall'"assioma" che "l'Olocausto giustificherebbe a l'"occupazione" della Palestina" (in realtà il sionismo rivendica semplicemente i diritti nazionali del popolo ebraico, simili a quelli di qualsiasi altro popolo). Rifiutando questo "assioma" gli arabi e i musulmani, sostiene Massad non avranno più bisogno del negazionismo.
Ma potranno continuare a negare, invece, il diritto all'esistenza di Israele. Senza farsi "contaminare" da metodi propagandistici troppo palesemente indecenti e troppo compromessi con le destre estreme per ottenere l'approvazione dei progressisti occidentali. Dipingendo l'antisemitismo come un razzismo rivolto in egual misura contro ebrei ed arabi(altro falso, l'esistenza dell'ostilità verso gli ebrei in quanto tali, e solo verso gli ebrei, non può essere negata, e lo stesso termine "antisemitismo" fu coniato nell'Ottocento per designare questo specifico fenomeno) Massad vuole, come Said, assolvere l'antisionismo dall'accusa di esserne partecipe.
Se poi questo antisionismo continuerà a significare demonizzazione di Israele e degli ebrei, rifiuto del diritto all'esistenza di Israele, pochi ci faranno caso. E molti saranno disposti a credere che gli israeliani siano "i nuovi nazisti".
Negare la Shoah non è certo una buona strategia per chi vuole utilizzarne la memoria proprio per alimentare il nuovo antisemitismo, secondo le modalità così ben spiegate da Giorgio Israel nell'articolo citato sopra.
Ecco l'articolo del RIFORMISTA:Mentre l’Europa riflette sulla questione islamica, sul pericolo del fanatismo musulmano nel continente e sull’ondata di violenze contro gli immigrati e contro le comunità ebraiche, anche il mondo arabo si sta interrogando sugli stessi temi. Al-Ahram weekly, il "settimanale delle piramidi", periodico di riferimento dell’intellighenzia araba, ha pubblicato in questi giorni una riflessione di Jospeh Massad, professore alla Columbia di New York, sull’antisemitismo nel ventunesimo secolo. Gli arabi possono essere anti-semiti, si chiede lo studioso, dal momento che fanno parte essi stessi del "ceppo semita"? Per rispondere a questa domanda Massad ricorre a un’analisi storica del concetto di "semita" rifacendosi in parte al celebre Orientalismo di Edward Said. Il concetto di un’etnia distinta "semita" è nato nel diciottesimo secolo, quando alcuni studiosi europei basandosi su una tassonomia linguistica (l’ebraico è una lingua "semita", affine all’arabo) hanno erroneamente esteso il concetto a una tassonomia antropologica: se esiste un comune ceppo linguistico, di conseguenza deve esserci un’etnia semita. Nozione che, guarda caso, si è diffusa soprattutto durante il diciannovesimo secolo, quando «con la nascita del razzismo biologico coloro che odiavano gli ebrei non potevano più giustificarsi con la religione». Massad prende le distanze quindi non solo dall’antisemitismo, ma anche dallo stesso concetto di popolo semita: «non credo che esistano dei "semiti" più di quanto io non creda che esistano degli "ariani"». Tuttavia, per tornar alla domanda iniziale, questo non significa affatto che non esista nel mondo arabo un diffuso odio anti-ebraico, che spesso «prende in prestito la retorica dell’antisemitismo di matrice europea».
Lo studioso della Columbia, in particolare, si dichiara preoccupato del considerevole numero di chi, nel mondo arabo, non riconosce la Shoah. Coloro che negano l’Olocausto, spiega Massad, sbagliano due volte: in primo luogo perché è disumano non riconoscere la sofferenza «di tutte le vittime dell’Olocausto, specialmente gli ebrei d’Europa, il cui novanta per cento fu massacrato da un regime criminale e genocida», e in secondo luogo perché cadono inevitabilmente nella "logica sionista". Massad, citando la tesi di Bernard Lewis, sostiene che il negazionismo arabo abbia ragioni politiche e si basi sull’assioma "sionista" secondo cui l’Olocausto giustificherebbe " l’occupazione" della Palestina e rifiutando quest’assioma lo studioso rifiuta con esso l’antisemitismo.
Tornando al razzismo in Europa, Massad spiega che in questi anni è tuttora presente un sentimento razzista nei confronti degli ebrei, ma soprattutto degli arabi e dei musulmani. Un sentimento anti-musulmano è diffuso anche tra gli ebrei. Nei confronti delle tendenze razziste all’interno delle comunità ebraiche, la posizione di Massad è ambigua: da un lato sostiene che «un numero sproporzionato di coloro che nell’Occidente portano avanti la causa anti-araba sono ebrei», dall’altro riconosce che «c’è anche un numero sproporzionato di ebrei tra coloro che difendono i diritti dei musulmani». La posizione definitiva dello studioso sembra essere che «la maggior parte di coloro che odiano gli arabi e i musulmani nell’occidente sono i cristiani». Tra i promotori del razzismo anti-arabo Massad cita il regista sinistrorso Michael Moore, che denuncia la quantità di denaro statunitense che controllano i sauditi, dimenticando però di citare la cospicua somma d’investimenti in Arabia controllata dagli Stati Uniti.
L’analisi di Joseph Massad è forse parziale, ma non per questo manca di lucidità e di senso critico con cui lo studioso arabo affronta la questione dell’antisemitismo, riconoscendo la gravità del negazionismo islamico (per giunta in una testata destinata al pubblico arabo) e l’impegno di vasti segmenti della comunità ebraica nella difesa dei diritti dei musulmani. Può darsi che sia prematuro leggere in un articolo di al-Ahram il segnale di un’apertura dell’intellighenzia araba nei confronti del mondo israelita. André Kaminski, intellettuale di origine ebraica che si era innamorato del mondo arabo senza mai condividerne i valori, scriveva nei Giardini del Mulay Abdallah di avere imparato ad aggrapparsi a ogni filo d’erba per dimostrare la bontà della natura umana.
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