Salahuddin Shoaib Choudury, in carcere perchè vuole dialogare con Israele
accade in Bangladesh, nell'indifferenza dei difensori dei diritti dei musulmani
Testata:
Data: 09/09/2004
Pagina: 1
Autore: un giornalista
Titolo: Le solite accuse
Salahuddin Shoaib Choudhury: un nome sconosciuto, che meriterebbe invece di essere molto noto. Si tratta di un giornalista, musulmano e antifondamentalista, da quasi un anno in prigione in Bangladesh per il "crimine" del diaologo con Israele.
Dal Foglio di oggi, 09-09-04, "Le solite accuse", sulla sua figura e la sua vicenda.

Roma. Se Teheran versa 125 mila dollari
sul conto di Arash Miresmaili, il judoka che
ad Atene si è rifiutato di combattere contro
un israeliano, a Salahuddin Shoaib
Choudhury, musulmano antifondamentalista
direttore del settimanale Blitz, le autorità
del Bangladesh hanno trovato un posto
in galera. Voleva parlare di dialogo alla
"Hebrew Writers Association" in Israele,
Stato non riconosciuto dal governo di
Dhaka. Accusato di spionaggio e omosessualità,
di essere un agente del Mossad e di
aver aiutato una giornalista israeliana, Ada
Aharoni, a pubblicare un libro sul medio
oriente, Choudhury sarebbe stato il primo
giornalista del Bangladesh a parlare pubblicamente
nello Stato ebraico. Sarebbe. Il
suo caso, passato inosservato sulla stampa
italiana, è stato ripreso dal Jerusalem Post,
che ha ricordato che Choudhury sta marcendo
in prigione dal 29 novembre 2003.
Due settimane fa la Corte di Dhaka ha rifiutato
la richiesta di rilascio sotto cauzione,
oltre a quella di partecipare ai funerali
della madre. Il problema secondo Richard
Benkin, del sito "Free Choudhury", è che la
Corte è corrotta e si adegua ai dettami del
governo. Per il New York Times, Choudhury
è un campione di "dialogo e decenza in una
cultura circondata da estremismo e corruzione".
Quando Blitz pubblicò articoli a favore
d’Israele, Choudhury fu messo all’indice
e il giorno dopo l’arresto era già l’"amico
degli ebrei". Avvocati di Washington di
"Freedom Now", insieme con "Reporters
sans Frontières", si stanno battendo per la
sua libertà. A suo fratello Sohail hanno
chiuso l’attività commerciale, alla famiglia
sono state interdette le chiamate internazionali
e la polizia si è rifiutata di accogliere
le loro denunce per le aggressioni subite
a Dhaka. Il problema non è la violazione del
passaporto, "una regola antisemita e incompatibile
con la democrazia" secondo
Choudhury, ma l’intervista fatta ad Ada
Aharoni. Choudhury le ha chiesto che cosa
pensasse dell’uso della religione "per giustificare
l’uccisione di persone innocenti" e
se sperasse davvero nel riconoscimento d’Israele
da parte di alcuni Stati arabi entro il
2004. In un tazebao fatto uscire di nascosto
dalla prigione, Choudhury ha scritto di sentirsi
completamente privo di garanzie. Voleva
andare a parlare in Israele, dove c’è
quello che Alan Dershowitz ha definito "l’unico
potere giudiziario nella storia del medio
oriente che ascolti i reclami degli arabi,
la Corte suprema israeliana".
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