Suicidi di soldati israeliani: bisognerebbe capire non criminalizzare l'esercito
ma Udg preferisce fare il contrario
Testata:
Data: 16/07/2004
Pagina: 11
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: Israele, più soldati suicidi che uccisi in battaglia
Su L’Unità del 16-07-04 , Umberto De Giovannangeli firma un articolo sui suicidi di militari israeliani.


Il suicidio è stato nel 2003 la prima causa di mortalità nell’esercito israeliano: è il dato sorprendente ed inquietante che emerge da un rapporto del ministero della Difesa di Gerusalemme, pubblicato ieri dal sito internet del quotidiano Maariv.
Stando al documento citato da Maariv , l’anno scorso 43 militari israeliani si sono suicidati , un dato in aumento del 30% rispetto al 2002. Sempre l’anno scorso 30 soldati israeliani sono stati uccisi durante operazioni militari.
Ogni fenomeno umano è già per definizione intricato, complesso, pieno di sfaccettature, passibile di mille interpretazioni. Un dato così inquietante e inserito in un contesto terribile come quello del conflitto medioorientale è giocoforza esposto a diverse e anche opposte interpretazioni.
L’Unità ne illustra qualcuna ma è facile capire a quale vada l’approvazione del nostro Udg

"Quella israeliana-osserva lo scrittore Abraham Bet Yehoshua- non è mai stata una società militarista ma giocoforza è stata ed è una società militarizzata nella quale l’intreccio tra vita civile e impegno per la difesa del proprio Paese è un elemento che accompagna l’esistenza di ogni cittadino". "Ed è per questo- conclude Yehoshua- che i dati sui suicidi nell’esercito devono far riflettere. Perchè sono la spia di un malessere più generale che investe l’insieme della nostra società"
A questo malessere c’è chi ha cercato di dare una risposta positiva, d’impegno civile.
Secondo quali parametri L’Unità di arroga il diritto di dire che la seguente è "la risposta positiva, d’impegno civile"?


Si tratta di Jonathan Shapira, Shapira è stato uno dei promotori e firmatari della lettera dei piloti israeliani che hanno rifiutato di continuare a prestare servizio nei territori. Shapira è stato dimesso dalle sue funzioni per aver annunciato che non avrebbe più obbedito ad ordini illegali e immorali, di partecipare alle esecuzioni mirate nei Territori occupati e di sganciare ordigni bellici contro la popolazione palestinese
Contrariamente a quanto avviene nei Territori dove chi è "contro" viene massacrato senza possibilità di appello, Israele è quel posto in cui ognuno è libero di fare i conti con la propria coscienza e dove ad ognuno è permesso di essere coerente con le proprie scelte. Mai nella storia di Israele è stato dato ad un pilota il seguente ordine: "Sganciare ordigni bellici contro la popolazione palestinese" e sfidiamo chiunque a provare con i fatti il contrario. I soldati israeliani che partecipano alla lotta al terrorismo si trovano in una condizione tragica: i terroristi operano tra la popolazione civile palestinese, che talora viene involantariamente colpita nel corso delle operazioni militari. D'altro canto, rinunciare a tali operazioni significherebbe accettare che altri morti e feriti innocenti si aggiungano alla lunga lista di vittime israeliane del terrorismo, che colpisce i civili intenzionalmente. Perciò non esistono ordini immorali dell'esecito cui sottrarsi, cosa che per altro sarebbe prescritta ai soldati israeliani dalla stessa legge dello Stato.
Per altro la motivazione di chi rifiuta di eseguire ordini o di servire nei territori è spesso esplicitamente politica (rifiuto dell'occupazione) e non strettamente morale.

"i dati del rapporto del ministero della Difesa- dice Shapira- non mi soprendono perchè ho visto con i miei occhi e io stesso ho dovuto fare i conti con il malessere, la frustrazione, la crisi di identità presente tra i giovani in divisa"


Alla fine dell’articolo Udg relega l’opinione più scomoda per le sue tesi, ammantandola di scetticismo.

"Israele è un paese che sta affrontando una guerra di difesa da un terrorismo spietato, disumano- sottolinea Zeev Boim, viceministro della Difesa israeliana- e a combattere questa guerra sono chiamati anche ragazzi appena usciti dal liceo. Non è facile reggere all’impatto di un terrorismo che colpisce civili inermi e non è facile agire contro terroristi che si fanno scudo di bambini, anziani e donne palestinesi per poi tornare a colpire. Certo- conclude Boim- tutti noi dobbiamo interrogarci sul perchè dell’aumento dei suicidi nell’esercito, senza dimenticare mai che questi giovani sono in trincea giorno e notte per garantire la vita ad altri israeliani. Capire non vuol dire criminalizzare Tsahal"
"Capire non vuol dire criminalizzare Tsahal", ci sentiamo di sottoscrivere queste parole.


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