Su Il Riformista di oggi Caren Davidkhanian descrive, nel quinto anniversario delle proteste studentesche, brutalmente represse,la situazione in Iran. Tra l'aventurismo degli oltranzisti, l'immobilismo dei "riformisti" e l'ansia di libertà degli studenti e di un numero crescente di comuni cittadini.
Ecco il pezzo:Siamo arrivati al quinto anniversario delle proteste studentesche in Iran.Anche quest’anno il paese si è preparato a un’estate calda.Da settimane gli studenti si inviano online le istruzioni su dove e come manifestare contro la teocrazia e a favore della democrazia. Gli slogan vengono impartiti in Rete: «Democrazia e
diritti umani per l’Iran», «il nostro motto è referendum», «Nazioni Unite, dateci retta», «via la teocrazia dall’Iran», «smettete di commerciare con i mullah». Quest’anno, chi non può scendere in piazza salirà semplicemente sui tetti delle case (l’anno scorso la protesta silenziosa consisteva nel creare ingorghi nel traffico e tenere i fari accesi). La teocrazia però ha imparato la lezione: da diverse settimane studenti e attivisti vengono arrestati e portati via mentre i reparti antisommossa hanno occupato i punti nevralgici delle città «per vigilare il traffico». Questo mentre il regime cerca per l’ennesima volta di prendere in giro la comunità internazionale sugli argomenti scottanti del giorno. Per esempio, la tortura. Un mese fa la magistratura islamica, dopo averne ripetutamente negato l’uso nelle prigioni iraniane, ha vietato la tortura. Ma la costituzione della Repubblica islamica vieta comunque la tortura,
ma non il "tazir" (punizione religiosa): amputazioni, estirpazione degli occhi, lapidazione e frustate non sono considerate torture bensì punizioni giuste. Lo scorso mese un giovane ventunenne si è visto amputare le mani perché gli uomini che lo avevano interrogato l’avevano ammanettato al soffitto procurandogli lesioni irreversibili. Nel frattempo, le poche notizie che arrivano sui leader studenteschi, in prigione dal ’99, parlano di situazioni disperate e di morti di arresto cardiaco o di emorragia. Nel frattempo c’è grande delusione per Shirin Ebadi, che viene accusata da una parte dell’opinione
pubblica di non aver fatto altro che girare il mondo non per denunciare le torture e gli orrori del regime iraniano, bensì per attaccare Stati Uniti - «codardi e barbarici» - e Israele. «Lasciate stare i palestinesi; pensate a noi», si sente dire nelle strade di Teheran. La Ebadi, invece, sostiene che bisogna rispettare le leggi del paese (che, tanto per citare un esempio, legittimano le discriminazioni contro le donne e le minoranze etniche). Non è di grande conforto per l’iraniano medio sapere che il fratello di Ebadi, Rahim, è il consigliere del presidente Khatami per gli affari della gioventù. Né di sentirla iniziare i suoi discorsi «nel nome di Dio misericordioso ». Insomma, Ebadi dimostra sempre più di non essere una laica convinta E tanto meno un Lech Walesa. Il problema, sostengono gli oppositori del regime, è la costituzione.
Le cose non cambieranno finché non si cambierà la carta a favore di una costituzione laica. La costituzione della repubblica islamica è basata sulla legge divina e in quanto tale lascia poco spazio alle interpretazioni.
«Quello che vogliono gli oppositori (non riformisti) è molto diverso da quello che vogliono i riformisti del governo - sostiene Mohammad Parvin, della Califonia State University - I riformisti si rendono conto che alcune cose devono cambiare per permettere al sistema di sopravvivere. Ma quel che desidera il popolo iraniano è che il sistema cambi completamente. Vogliono la separazione tra stato e chiesa». Dunque, anche questa sulla fronte di repressione. Gli oltranzisti al potere sanno di avere tempo fino a novembre - cioè fino alle elezioni americane - per cimentare la loro posizione. Ovvero, arrivare oltre il punto di non ritorno sul nucleare, reprimere qualsiasi opposizione interna, favorire il fallimento degli esperimenti democratici in
Iraq e Afghanistan. Giocano ormai a carte scoperte e rivelano di aver individuato 29 "punti deboli" negli Stati Uniti e nei paesi occidentali e di aver arruolato 10 mila aspiranti bombe umane. «Faremo esplodere seimila testate nucleari americane... Lavoreremo con chiunque sia contro gli americani», ha dichiarato Hassan Abbassi, un alto ufficiale dei Pasdaran. L’arruolamento avviene attraverso una ong legata agli stessi Pasdaran: il Comitato per la commemorazione dei martiri del movimento islamico globale, il cui capo - Forooz Rejaeifar - è una donna (nel ’79 partecipò alla presa in ostaggio dello staff dell’ambasciata americana a Teheran). Obiettivo dichiarato: uccidere i membri della coalizione anglo-americana in Iraq, massacrare civili israeliani, e uccidere Salman Rushdie. «Aspettiamo solo gli ordini di Khamenei» ha detto Rejaeifar. Ma nell’eterno gioco di tre carte, le autorità iraniane sostengono
di non essere responsabili per ciò che fa una organizzazione non-governativa. E arrivano nuove rivelazioni sull’operato dei Pasdaran. Secondo i servizi occidentali, l’occupazione del nuovo aeroporto di Teheran il 9 maggio è avvenuta al fine di cancellare le tracce di un incidente nucleare durante il maneggiamento di una spedizione di uranio proveniente dalla Corea del nord. Nel frattempo i giornali del regime danno la notizia di una donna che ha partorito
una rana nel sud del paese.
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