Testata: Limes Data: 29/06/2004 Pagina: 1 Autore: la redazione Titolo: Il nostro Islam
Il numero di LIMES 1/2004 aveva per titolo "Progetto Jihad", ora questo numero uscito nei giorni scorsi si dedica all' altra faccia di questa medaglia, quella che forse più angoscia chiunque si occupi anche solo superficialmente del "problema Islam" : gli immigrati di religione musulmana costituiscono un esercito di invasione che rientra in un progetto a lungo termine? E, se non è così, perché non prendono pubblicamente le distanze dalle forme di collusione e complicità con il terrorismo ed il fondamentalismo islamico che infiammano contro di loro gli animi? Eppure, malgrado queste così fortemente esibite buone intenzioni, ci pare che il dossier presenti alcuni lati oscuri.Proviamo ad enumerarne tre.
L' editoriale, che non essendo firmato rappresenta l' impostazione culturale e politica ufficiale della direzione su questo problema, pare affetto da una singolare schizofrenia. Nel contesto di una rapida ma non superficiale panoramica storica, l' editoriale afferma senza dubbi che "Sono ormai migliaia gli imam estremisti che predicano in spazi di culto non registrati. Nei loro sermoni serpeggia l' odio per l' Occidente e l' esortazione ad autoescludersi dalle società ospiti per non esserne infettati". Non solo, ma questo editoriale convalida l' idea che questa massiccia immigrazione islamica possa essere parte di un vasto progetto di "riconquista" dello scacchiere europeo perduto secoli or sono, per farne il trampolino di mire ancora più ambiziose. L' editoriale, però, non si limita all'analisi ma propone anche i rimedi. Che sono, per "Limes", quelli dell' integrazione generosa dell' Islam in uno "spazio mediterraneo" che li accrediti non come nostri partner culturali sociali ed economici, ma piuttosto come "parte integrante e paritaria" mediante, in Italia, "l' incentivazione delle culture d' impronta musulmana" e "nella riscrittura comune della comune storia del Mediterraneo". Oltre a ciò, "la registrazione obbligatoria degli imam (dovrebbe essere) la condizione per ricevere uno stipendio dallo Stato di residenza". L' idea di fondo è che attraverso "la massima apertura ai musulmani davvero disposti a partecipare della casa europea nel rispetto delle sue leggi" si dovrebbe giungere alla creazione di "un islam europeo"."Il prodotto geopolitico di questa strategia è il superamento consensuale del limes euroarabo come di quello euroturco". Il meno che si possa dire dei rimedi proposti per opporsi alla minaccia terroristica che incombe sull' occidente è che essi sembrano ignorare la cultura, la religione (non quella fondamentalista: il Corano nella sua accezione universalmente accettata), la storia e la proclamata visione geopolitica dell' Islam.
Segue a questo stupefacente editoriale una analisi di Margherita Paolini intitolata "Atlante delle dinamiche mediterranee" e corredata da numerose cartine a colori. Si tratta di una ambiziosa ricostruzione scientifica dei rapporti quasi sempre conflittuali , tra l' Occidente cristiano e l' Islam, delle contrapposte spinte espansioniste, della volontà di reciproca conversione. Due nei esistono tuttavia e, a nostro avviso, sono particolarmente significativi nel contesto di una analisi tutto sommato accettabile, ed entrambi riguardano Israele.Ma guarda un pò, verrebbe voglia di esclamare. Il primo si rintraccia fra le pieghe di una frettolosa ricostruzione del ruolo coloniale britannico: alla fine della Grande Guerra "le comunità ebraiche sefardite insediate nell' impero ottomano affluiscono in buona parte verso il "focolaio nazionale ebraico" incoraggiato dagli inglesi in Palestina. Prescindiamo dall' uso del termine "focoliaio" al posto di "focolare": lo giudichiamo semplicemente un lapsus freudiano, che fin da ora, con un errore lessicale non degno di una studiosa, vorrebbe indicare la nascita di Israele come "la" causa di ogni successiva crisi regionale. Nel merito, questa analisi ignora del tutto le immigrazioni antecedenti dall' Europa orientale, le spinte causate dalla necessità di sottrarsi alle persecuzioni ed ai pogrom, gli ideali di rinascita del popolo ebraico che si identificava con quella terra. Ignora anche il fatto che l' indicazione "colonialista" del focolare ebraico sia stata consolidata e convalidata dalla Conferenza Interalleata di San Remo e dalla Società delle Nazioni. Tutto ciò potrebbe essere forse un modesto "buco nero" dovuto alla solita tirannia dello spazio disponibile per questa analisi, se non vi fosse anche a corredo la cartina numero 7, intitolata "La risalita del Mediterraneo, seconda parte del XX secolo" che illustra le correnti migratorie islamiche verso l' Europa. Lo stato di Israele è contrassegnato oltre che dalla sua bandiera dal simbolo che indica l' esistenza di "fattori di tensione" e della denominazione "Palestina", ma la scritta a fianco testualmente recita: "1948-1967, intifada" .Ed anche qui l' errore non è puramente lessicale. Le due intifade sono a cavallo degli accordi di Oslo e della transizione tra il XX ed il XXI secolo: tra il 1948 ed il 1967 vi furono guerre di annientamento scatenate dal mondo arabo contro Israele.
La terza osservazione riguarda le scelte editoriali, che dovrebbero avere una matrice culturale e politica ben individuabile quando si trattano argomenti di tale delicatezza e complessità. Le ultime 70 pagine del volume monografico raccolgono scritti malamente assemblati e disorganici rispetto all' argomento indicato nel titolo, che, ricordiamolo, è "Il nostro Islam".Vi troviamo un "Dossier Kazakistan e Asia centrale" , ed altri dedicati a "I paradossi delle guerra al terrorismo" ed ai "Clan criminali alla conquista del Basso Lazio". In mezzo a questi, un saggio di Alberto Castaldini si intitola "Ebrei a Milano, una diaspora multietnica". Non abbiamo nulla da obiettare sul contenuto e sul tono di questo saggio, accurato e sereno. Ma cosa diavolo c'entrano gli ebrei di Milano, con i loro problemi di regole di culto o la loro composizione socio-culturale, con l' Islam, il terrorismo, i clan criminali del Basso Lazio? Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione di Limes. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita. limes@limesonline.com