Una chiave di lettura che il Venerdi di Repubblica vuole ignorare
le lenti oscure di Alberto Stabile
Testata:
Data: 18/06/2004
Pagina: 57
Autore: Alberto Stabile
Titolo: Noi, soldati israeliani a Hebron,così violiamo i diritti dei palestinesi
"Sconvolgente" è l' unica definizione che ci viene in mente per quanto viene
accuratamente descritto da alcuni militari israeliani, e riprodotto nell'
articolo di Stabile.
Nelle nostre considerazioni vogliamo sottolineare un aspetto che Stabile ha
completamente trascurato, e che tuttavia ci pare costituisca la vera
discriminante, la più sostanziale delle chiavi di lettura di quanto il
Venerdi di Repubblica riporta con grande evidenza senza una sola parola di
spiegazione o di commento.
In passato, in varie occasioni e circostanze militari israeliani, per lo più
riservisti, hanno rifiutato di servire il paese nelle zone in cui l'
esercito era impegnato in operazioni di prevenzione e repressione del
terrorismo, esprimendo a proposito di alcune di queste giudizi politici che
le configuravano come sproporzionate.Sempre, lo stato d' Israele ha
consentito che questi dissensi si manifestassero, e sempre alcuni media
hanno strumentalizzato questi dissensi come se fossero giudizi etici sullo
stato d' Israele stesso.
Sempre, lo stato d' Israele ha aperto inchieste quando si verificava qualche
abuso da parte di militari, e non ha esitato a punirne i responsabili. Come
è noto a tutti, lo stesso generale Sharon, all' epoca della guerra contro l'
OLP che coinvolse il Libano come teatro di operazioni, fu giudicato e
condannato da una commissione d' inchiesta statale.
Ora, un certo numero di militari ha deciso di dare voce al senso di disgusto
e di insopportabile disagio interiore che essi stessi e molti loro colleghi
provano per una serie di piccoli e grandi abusi, piccole e gradi violazioni
della dignità umana, piccole e grandi ingiustizie, che essi commettono o di
cui sono testimoni nel quadro delle operazioni svolte in settori delicati
dei territori soggetti all' Autorità Palestinese.

Vorremmo che tutto ciò non fosse soltanto oggetto e pretesto di giudizi
politici, ma che se ne traessero anche con almeno altrettanta evidenza
valutazioni morali.
La prima riguarda l' essenza della democrazia.
Abbiamo assistito con sgomento all' autoflagellazione in corso negli Stati
Uniti a causa delle torture inflitte ad alcuni prigionieri iracheni da parte
di alcuni militari americani.I quotidiani hanno fatto a gara nel pubblicare
fotografie disgustose, i politici americani hanno fatto a gara nell'
esprimere i loro sentimenti di rammarico e di condanna, i primi processi
sono stati istruiti e le prime teste importanti sono cadute.
Vorremmo ricordare che analoghi episodi emersi a carico di militari italiani
in Somalia sono stati affossati dalla nostra politica e dalla nostra
giustizia, e vorremmo ricordare quanti sono, per Amnesty International, per
le Nazioni Unite e le altre organizzazioni di monitoraggio, gli stati che
praticano abitualmente la tortura senza che una sola persona, al loro
interno o nel cosiddetto mondo civile, dica una sola parola di condanna.
Nei momenti di crisi si riconoscono la grandezza e l' autorevolezza delle
democrazie, che con tutti i difetti congeniti di cui siamo consapevoli
rimangono, tuttavia, gli unici sistemi di governo che accettano che i loro
cittadini godano della pienezza dei loro diritti in ogni momento ed in ogni
circostanza.
La seconda considerazione riguarda più specificamente lo stato d' Israele.
L' aspettativa che lo stato "degli ebrei" divenisse il faro che illumina l'
umanità intera con la sua grande saggezza ed umanità, con i suoi valori
etici ed i suoi comportamenti esemplari, era già patrimonio dei sionisti.
Che così non sia stato è dovuto alle circostanze, a cominciare dalle guerre
imposte ad Israele dal mondo arabo, ed all' eccessiva elevatezza intrinseca
di questa aspettative, oggettivamente irrealistiche.Ma che Israele non
risponda a questi canoni di perfezione morale è anche motivo di condanna "a
priori" da parte di chi non vorrebbe che il popolo ebraico avesse una sua
patria, o che non vorrebbero che la sua patria fosse là dove essa è.Da
Israele si pretende sempre più che da qualunque altro stato sulla
terra."Proprio loro", gli ebrei, non dovrebbero fare "certe cose".Gli altri,
tutti gli altri, possono, e nessuno se ne stupisce, nessuno se ne indigna.
Loro no.
Quanto sta avvenendo dimostra che gli stessi ebrei d' Israele vorrebbero
poter applicare a sè stessi ed al loro stato quei parametri etici, e
soffrono per non poterlo (o saperlo) fare. Non esiste un solo stato al mondo
in cui i militari si autoaccusano pubblicamente di abusi e si
autoidentificano come vittime di una sindrome da eccesso di potere che li
corrompe dentro.

Sommiamo queste considerazioni. Ci si perdoni una possibile enfasi, ma quel
che Stabile e Repubblica semplicemente segnalano e denunciano senza una
parola di commento o di analisi dimostra invece che: a) Israele è una
autentica democrazia, orgogliosa dei propri valori pubblici e privati, e b)
che Israele ed il suo popolo vogliono essere custodi dei fondamentali
principi morali che alcune migliaia di anni or sono i loro progenitori
concepirono ed offrirono all' umanità nelle Tavole della Legge e nella
Bibbia.

Invitiamo i nostri lettori ad inviare il loro parere a Laura Gnocchi, direttrice del VENERDI'di REPUBBLICA cliccando sulla e-mail sottostante.
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