Sul Corriere della Sera di oggi Gianna Fregognara analizza come i quotidiani della sinistra si siano rapportati alla notizia e alle immagini dellla decapitazione di Nick Berg.
Ecco il pezzo.ROMA — Una notizia in breve su Liberazione a pagina 5.
Un « richiamo » in prima pagina e un articolo di cronaca sull’ Unità.
Niente su Indymedia , il network della sinistra alternativa. Sul manifesto il caso è confinato nel commentino sferzante della Jena, ma non ci sono altri articoli.
Radio Sherwood , punto di riferimento noglobal, ignora la notizia, così come quella del soldato israeliano i cui resti vengono mostrati come trofeo dai militanti di Hamas ( « purtroppo esposti in pubblico in una giornata di sconfitta per Israele e di successo militare per i palestinesi » , è l’unico accenno alla fine di un servizio generale sulla situazione dei palestinesi, sottolineando che « ieri si è festeggiato invece di piangere » ) .
Per un giorno a sinistra, l’esecuzione e il filmato di Nick Berg, ragazzo americano decapitato dai terroristi iracheni, non è un orrore da titolo. E in prima pagina arriva con un certo ritardo. Eppure, oltre un anno fa, prima della guerra in Iraq, un’altra storia simile, quella di Daniel Pearl aveva sconvolto e fatto discutere anche gli editorialisti di sinistra. « E’ stata una questione di tempi e di mezzi — spiega il direttore dell’Unità Furio Colombo, che ieri ha ospitato un commento in prima pagina sull’esecuzione di due ebrei, Berg e Pearl — l’altra sera abbiamo fatto quel che abbiamo potuto » . La notizia era arrivata in redazione tardi ma in contemporanea con l’annuncio dell’intervista a Pina Bruno, la vedova del carabiniere italiano ucciso a Nassiriya che parlava delle torture nelle carceri irachene. « Un black out su questo tema è impensabile per degli adulti che hanno attraversato la vita come siamo noi. Il punto è semmai un altro. O si pensa come Libero che questa esecuzione sia un esempio di ' civiltà islamica' e allora ha un senso dare tutto questo rilievo, pubblicare foto e video.
O pensiamo che gli autori di questi scempi siano terroristi che non esauriscono il mondo islamico e allora non dobbiamo rovesciare addosso a tutti gli iracheni le responsabilità dei soli terroristi » . Un discorso che può portare lontano: pubblicare le foto delle torture significa che tutti gli americani sono torturatori? « E’ diverso perché in questo caso — aggiunge Colombo — c’è una società democratica ferita che si interroga, discute e cerca anche dentro di sé le radici del male » .
Il direttore del manifesto
Gabriele Polo ammette l’ « errore giornalistico » di aver trascurato, l’altra sera, la notizia di Berg e quelle dell’orrore di Gaza. Ma in redazione è da qualche tempo che va avanti la discussione sul valore delle violenze in Medioriente, dai kamikaze alle esecuzioni in Iraq: « C’è chi pensa — racconta il corsivista Jena — che poiché orrori ' indotti' dalla guerra quelli dei palestinesi o dei terroristi siano secondari, effetti di una violenza occidentale e chi pensa che la barbarie vada illuminata da dovunque provenga » .
Per Sandro Curzi direttore di Liberazione non è una questione di censurare o meno una notizia, ma di « non fare i postini dei terroristi che vogliono cacciarci nella trappola di farci incitare gli altri occidentali alla guerra di religione » . Sul tema comunque oggi tornerà Rina Gagliardi con un editoriale. Ma in fondo, nel guardare il video dell’esecuzione di Nick Berg, il primo pensiero è che è colpa degli americani e della « loro » guerra: « Non dimentichiamo — aggiunge Curzi — che Al Quaeda è stata creata dagli americani contro i sovietici » . Se Fausto Bertinotti si rifiuta di fare « una gerarchia dell’orrore » anche lui ritiene che « la vicenda Berg ci parli del carattere orribile del terrorismo, figlio della guerra » ma si sente più colpito, tra due barbarie, « da quella dei miei simili, gli americani che dicevano di essere lì a esportare la democrazia » . Il leader di Rifondazione fa un paragone storico: « Sono colpito e mi interrogo sulla violenza del mio mondo così come lo sono da quella dello stalinismo, cosa che a chi non è mai stato comunista forse oggi non fa più effetto » .
Su Radio Popolare, l’altroieri hanno dedicato a Berg e alla questione delle violenze a Gaza un’ora di « microfono aperto » , che il direttore Massimo Rebotti definisce « sofferta » : « Il nostro pubblico è disorientato, dubbioso » . E non vuole sentir parlar d’altro che del ritiro dall’Iraq.
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