Spulciando fra le notizie: miscellanea di silenzi, ipocrisie ed immoralità
Dai bambini con l' Uomo Ragno e 10 kg. di esplosivo nello zainetto alle recensioni faziose di Viola, il panorama è vasto
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Data: 18/03/2004
Pagina: 1
Autore: Federico Steinhaus
Titolo: Spulciando fra le notizie: miscellanea di silenzi, ipocrisie ed immoralità
Nei momenti di relativa calma, in cui dal Medio Oriente non arrivano notizie drammatiche, abbiamo tempo per cercare anche altre fonti di informazione, e ragionare su quanto vediamo e leggiamo.
Proviamo dunque a fare insieme questo esercizio, che è come una ginnastica salutare che accresce le nostre capacità di cogliere il dettaglio ed acuisce la nostra sensibilità.

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Innanzi tutto, vale la pena di fermarsi a riflettere sul deprimente, quasi osceno, balletto attorno alle due manifestazioni contro il terrorismo. Vi è chi partecipa ad entrambe, e chi non partecipa a nessuna di esse, per non apparire complice di una visione faziosa della realtà.Chi accusa i sindaci di essersi lasciati strumentalizzare dal governo, e chi accusa la sinistra (anzi: le sinistre) di usare l' altra dimostrazione per mascherare il loro antiamericanismo congenito. E vi è il direttore di "Liberazione" che invita da una emittente televisiva tutti indistintamente a partecipare alla dimostrazione dei pacifisti (come se i sindaci dimostrassero per la guerra!) dichiarandola aperta e pluralista, nel momento stesso in cui un esponente di spicco di Rifondazione da un' altra emittente afferma perentorio che chiunque non voglia un ritiro immediato ed incondizionato delle truppe italiane dall' Iraq non ha il diritto di prendervi parte.Ed in mezzo vi è una palude di sinistre che si contorcono per dire che sì, sono per la pace, ma no non sono per il ritiro immediato, che verrebbero anche loro ma se c'è Berlusconi gli fa schifo e stanno a casa, che loro - certamente! - sono contro il terrorismo ma che no, non è solo quello islamico che condannano ma anche quello israeliano.
Già, eccoci: il terrorismo israeliano! Persino Intini non trova di meglio che tirarlo in ballo esplicitamente per non apparire un outsider in questo sinistrissimo panorama, rivelando di essere non meno di altri un finto moderato. Certo, sembrano dire in tanti, le bombe di Madrid sono orrende...ma anche Sharon non va dimenticato in questa condanna che per tutto condannare non condanna nulla.

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Un paio di giorni fa il giornale radio della prima rete RAI ha riferito di "due palestinesi uccisi dagli israeliani"; il TG della medesima rete, poco dopo, ha riferito di "due terroristi palestinesi uccisi dagli israeliani mentre stavano per compiere un attentato".
Ma non siamo solo noi italiani a dare il cattivo esempio nel nostro approccio politico e linguistico col terrorismo.
Negli Stati Uniti la maggioranza dei media, ancora oggi, non usa le medesime parole per definire quanto avviene in Israele e fuori d' Israele. Ecco qualche esempio.
Associated Press: " Esplosioni terroristiche uccidono almeno 198 persone in Spagna", ma "Otto morti in un porto israeliano per un attacco suicida".
Washington Post: "Milioni di spagnoli uniti nel denunciare gli attacchi terroristici che hanno ucciso quasi 200 persone", ma "Due suicidi palestinesi si fanno esplodere in uno dei principali porti israeliani".
Los Angeles Times: "I contenitori per i cadaveri all' esterno della stazione di Atocha a Madrid...ci ricordavano efficacemente la malvagità del terrorismo", ma "Due organizzazioni di militanti palestinesi, Hamas e le Brigate dei Martiri di Al Aqsa, rivendicano l' attacco".
E neppure in altre parti d' Europa i media brillano per serietà professionale ed obiettività.
BBC: "Interviste ai politici sull'attacco terroristico di Madrid", ma "Le esplosioni suicide nel porto israeliano di Ashdod".
France Presse: "Le investigazioni provano che la rete di Al Quaeda è responsabile degli attacchi terroristici più cruenti nella storia della Spagna", ma "Due esplosioni ad Ashdod sono state causate da una operazione congiunta dai gruppi fautori della linea dura Hamas e Brigate dei Martiri di Al Aqsa".
La Reuters, seguendo una prassi consolidata, non definisce terrorismo neppure la strage di Madrid, ed in tal modo si colloca persino fuori dal coro delle ipocrisie semantiche a senso unico.
La domanda fino a che punto l'uso delle parole corrisponda alla volontà di distorcere la realtà e di piegare i fatti alle proprie opinioni politiche (caso vuole tutte in una direzione sola) appare non solo legittima ma doverosa. Ma difficilmente le verrà data risposta.

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E' appena del 17 marzo la notizia, diffusa dall'autorevole e non governativo quotidiano israeliano Haaretz che Arafat, in una burrascosa riunione di governo che ha fatto seguito all'attentato di Ashdod rivendicato da Hamas e da Fatah, si è ostinatamente rifiutato di ordinare l'arresto dei terroristi di Fatah e la confisca delle armi illegali. Invano il ministro dell'Interno Hakem Balawi ed il comandante delle forze di sicurezza palestinesi Haj Ismail Jabbar hanno chiesto ad Arafat di prendere provvedimenti contro l'ala militare del Fatah, le Brigate dei Martiri di Al Aqsa, e contro Hamas. Al termine della riunione l'agenzia ufficiale palestinese WAFA ha annunciato che si era tenuta una riunione del governo palestinese presieduta da Arafat, e solo in un secondo tempo ha aggiunto che a questa riunione aveva partecipato anche il primo ministro Ahmed Qureia (Abu Ala).
Queste distorsioni sono comuni nei media palestinesi, controllati strettamente da Arafat; ma il silenzio di tutti i media italiani su notizie come questa, come era già avvenuto poche settimane or sono in occasione della rivolta aperta di centinaia di esponenti del Fatah contro l'arroganza e la corruzione del loro leader, fa pensare ad una loro tacita e benevola complicità.
Quando, pochi giorni fa, tre bambini al di sotto dei 14 anni sono stati arrestati dagli israeliani mentre stavano per commettere un attentato, la stampa palestinese è insorta con vivaci proteste contro gli israeliani che non esitano ad arrestare dei bambini palestinesi, senza peraltro pronunciare una sola parola di rammarico per chi li aveva mandati incontro ad una morte certa. E successivamente un nuovo episodio raccapricciante (un bambino di 11 anni avrebbe dovuto far passare oltre un posto di blocco il suo zainetto scolastico imbottito con 10 kg. di esplosivo e di biglie di ferro, e se non vi fosse riuscito sarebbe stato fatto saltare in aria mediante un telefono cellulare che faceva da innesco) è stato degnato solo da alcune righe di cronaca. Dov'è l'indignazione sacrosanta delle organizzazioni umanitarie, delle istituzioni internazionali, e di tutti coloro i quali sono pronti a strapparsi le vesti quando un giornalista o una pacifista, nel contesto di combattimenti, vengono uccisi per errore? Dov'è l'indignazione di Kofi Annan, che solo per i terroristi di Madrid si è esposto in una conferenza stampa di condanna?

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Su La Repubblica del 16 marzo (pag. 41) Sandro Viola recensisce un libro di uno storico israeliano, Avi Shlaim, che getta fango sui "padri della patria" e denuncia errori e colpe di costoro nel far nascere lo stato d'Israele accusandoli di aver commesso dei veri e propri crimini nei confronti della popolazione arabo-palestinese.
Questa recensione è interessante per noi solamente perché Viola si contorce come un'anguilla nel tentativo di avvalorare la credibilità dello storico israeliano nel momento stesso in cui è costretto tuttavia ad ammettere che quello storico è animato da uno spirito fazioso che avvelena ogni sua considerazione ed analisi. Lo definisce "non abbastanza bilanciato nell'argomentazione e nelle conclusioni", "parziale" è la sua interpretazione dei momenti cruciali della nascita d' Israele, ed il suo è un "libro a tesi". Ma "è uno dei repertori più completi che sia possibile consultare sulle varie fasi dello scontro in Palestina", è "uno studio ammirevole per l' ampiezza e lo spessore della ricerca storica". Ma queste due categorie non possono convivere: se uno storico scrive un libro per dimostrare una tesi preconcetta, ed è spinto da "una scelta di campo", anche la sua esposizione delle fonti documentarie non può che essere viziata da tale intenzione.
Viola, del resto, è fatto della medesima pasta. In quella recensione egli afferma che il conflitto fra ebrei ed arabi dura dagli anni 80 del XIX secolo (cioè da quando è nato il sionismo) mentre chiunque abbia letto qualche libro sull'argomento sa benissimo che esso si è sviluppato solamente dopo la fine della prima guerra mondiale e l'entrata in scena di Francia e Gran Bretagna come potenze coloniali della regione. E poco oltre scrive che grazie, finalmente, all'opera di alcuni storici israeliani revisionisti è stata messa in evidenza la "discutibile politica" dei governi israeliani prima e dopo la guerra dei Sei Giorni, e l'assenza di una "vera volontà di comprendere la tragedia dei palestinesi, le vittime delle vittime". Non un cenno, da parte di Viola, a proposito della ancor più "discutibile" politica dei governi arabi negli stessi anni, governi che essi sì avevano resi vittime delle loro ambizioni ed avidità i palestinesi.

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Viola mi ricorda un altro personaggio che è stato agli onori della cronaca per il suo squallore morale, Michael Neumann, professore di filosofia in una università canadese. Costui sostiene la necessità di annientare lo stato d'Israele, ed in un forum ospitato da un sito antisemita ha scritto testualmente: "La mia unica preoccupazione è di aiutare i palestinesi...Non mi interessa la verità, o la giustizia, o la comprensione, o qualunque altra cosa, a meno che non serva a tale scopo...Io userei qualsiasi mezzo, incluse le bugie l'ingiustizia e l'offuscamento della verità, per farlo. Se una strategia di tal genere comporta che alcune verità sugli ebrei devono essere nascoste, non mi importa. Se una strategia efficace significa incoraggiare un ragionevole antisemitismo od una ragionevole avversione per gli ebrei, non mi importa. E se significa incoraggiare il peggiore antisemitismo o la distruzione dello stato d' Israele, ancora non me ne importa nulla".