Serrate e cortei, iraniani in piazza contro il regime
Analisi di Francesca Musacchio
Testata: Il Tempo
Data: 31/12/2025
Pagina: 6
Autore: Francesca Musacchio
Titolo: Serrate e cortei, iraniani in piazza contro il regime

Riprendiamo da IL TEMPO del 31/12/2025, a pag. 6, con il titolo "Serrate e cortei, iraniani in piazza contro il regime", l'analisi di Francesca Musacchio.

Studenti in piazza a Teheran, si allarga la protesta in Iran
Foto delle proteste in Iran. Le proteste in Iran partono dai bazar di Teheran, con serrande abbassate contro il crollo del rial, e si trasformano rapidamente in una contestazione politica aperta al regime. Scioperi e manifestazioni si estendono a molte città e università, con slogan contro la Repubblica islamica e persino richieste di ritorno dei Pahlavi. La crisi economica diventa così crisi di legittimità, mentre il regime risponde con repressione, minimizzazioni mediatiche e accuse di complotti esterni

Da qualche giorno a Teheran la protesta ha preso la forma più semplice e più pericolosa per il regime: le serrande abbassate. Domenica i mercanti della via Saadi e del quartiere Shusha, a ridosso del Gran bazar, hanno chiuso le botteghe e invitato altri a fare lo stesso. Un gesto economico e politico insieme. È da lì che è partita l’ondata di proteste che, nel giro di ore, ha iniziato a incrinare la superficie di controllo della Repubblica islamica.

Il giorno dopo le manifestazioni si sono estese ad altre zone commerciali della capitale: Lalehzar, Amir Kabir, Jomhouri, il mercato dei telefonini Alaeddin, l’iron market di Shoush. Secondo l’agenzia Ilna, numerose attività hanno sospeso il commercio. Video circolati sui social mostrano centinaia di persone marciare tra le strade del centro scandendo slogan anti-regime. I commercianti chiedono che il governo “fermi l’instabilità della valuta”. Ma la protesta rapidamente va oltre l’economia e non resta confinata a Teheran.

Scioperi e manifestazioni vengono segnalati a Isfahan, Shiraz, Mashhad, Ahvaz e Hamadan. A Qeshm, sull’isola nel Golfo Persico, gli automobilisti suonano il clacson in segno di sostegno mentre la folla grida “morte al dittatore”. Ad Hamadan si sente uno slogan che rompe un tabù storico: richieste di ritorno della dinastia Pahlavi. Nelle università di Teheran e Isfahan gli studenti scendono in piazza. Alla Sharif University cantano “né Gaza né Libano, la mia vita per l’Iran”. E all’Università di Tecnologia di Isfahan si grida: “L’iraniano muore, ma non accetta l’umiliazione”. In un centro commerciale di lusso vicino al bazar, i manifestanti gridano “azadi”, libertà.

In un altro video le forze di sicurezza, in assetto antisommossa, fingono di ascoltare le legittime richieste dei manifestanti, avviando un dialogo con i loro rappresentanti. “Il sostentamento della popolazione è la mia preoccupazione quotidiana”, dichiarano le autorità. Ma nello stesso tempo il capo della magistratura chiede punizioni rapide contro i responsabili delle fluttuazioni valutarie. Nel frattempo il governatore della Banca centrale Mohammad Reza Farzin si è dimesso e la Guardia rivoluzionaria è in stato di massima allerta.

Secondo Iran International, a Teheran, Malard e Hamadan sono stati usati lacrimogeni e colpi d’arma da fuoco. L’agenzia Fars, vicina ai Pasdaran, avverte che le proteste “potrebbero portare all’instabilità”. Dal marzo 2025 il regime avrebbe eseguito circa 1.900 esecuzioni, con decine di condanne a morte concentrate in pochi giorni di dicembre. Ma i media statali riducono le proteste a “lamentele economiche” e parlano di “infiltrati”. Il capo dell’IRGC accusa Stati Uniti e Israele di guerra cognitiva.

Ma nelle strade, nei bazar e negli atenei il linguaggio è cambiato. La crisi del rial è diventata crisi di legittimità. E mentre la Russia prova a mediare tra Iran e Israele per evitare un’escalation militare, il fronte più instabile resta quello interno. È lì che il regime sembra oggi più esposto.

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