Il paradosso di Natale
Commento di Michelle Mazel
(Traduzione di Yehudit Weisz)
https://israel247.org/le-paradoxe-de-noel-264101.html?amp=1
Michelle Mazel
Parigi è in festa. Ghirlande e vetrine riccamente decorate, luci sfavillanti. I ristoranti che offrivano sorprendenti cene di vigilia con cotillon registravano il tutto esaurito. Mentre in Francia nessuno mette in dubbio che il Natale sia un giorno festivo, un po’ dappertutto attraverso il Paese gli apostoli della laicità non vogliono vedere né alberi di Natale né tanto meno presepi nei luoghi pubblici. Si appellano alla legge del 1905 quando il suo scopo non era quello di porre fine a tradizioni durate secoli; d'altronde solo molto di recente sono stati presentati ricorsi contro “violazioni” delle sue disposizioni. Così, sollecitato dalla Lega dei diritti dell'uomo, il tribunale di Cergy-Pontoise ha preteso mercoledì 17 dicembre, il ritiro immediato del presepe municipale. “Si potrebbe sorridere, ma si sposterà il presepe semplicemente di cinque metri, fuori dal municipio,” annuncia il sindaco LR della città.
La sera del 24 dicembre i canali televisivi hanno dedicato ampio spazio ai festeggiamenti della Natività in Vaticano naturalmente ma anche a Betlemme, dove una volta la messa di mezzanotte veniva trasmessa in diretta. L'evento così celebrato nel mondo da secoli, con le sue tradizioni, i suoi inni, i suoi canti tradizionali, commemora una nascita avvenuta poco più di duemila anni fa in un'umile grotta di Betlemme. In Giudea. Quella di un piccolo bambino ebreo mandato sulla terra secondo la tradizione cristiana per cancellare il peccato originale. La sua vita, il suo messaggio, la sua morte e la sua risurrezione sono riportati nei Vangeli e negli Atti degli Apostoli. Gesù è indicato come il re degli Ebrei due volte durante la sua vita terrena: alla sua nascita da parte dei magi (Matteo 2:2) e al suo processo ed alla sua crocifissione (Marco 15:2). Palestina e Palestinesi non figurano in nessuno di questi testi. Ed ecco il punto. Secondo una battuta amara, se Gesù tornasse sulla terra e volesse recarsi a Betlemme si vedrebbe trattare da colono. È che nello scontro tra la verità storica e la narrativa che alcuni cercano di imporci, con un successo che supera qualsiasi comprensione, Gesù era un palestinese. Il primo martire palestinese “Gesù non era solo un palestinese ma anche il primo martire islamico”, “È Natale, l'anniversario del nostro signore Gesù il Messia, il primo Palestinese e il primo Shahid [martire islamico],” ha scritto un alto dirigente palestinese e membro del Comitato centrale di Fatah sul suo account Facebook il 24 dicembre, secondo Palestinian Media Watch . E secondo I24 News, un cartellone pubblicitario digitale installato di recente a Times Square dove si afferma che “Gesù è palestinese” ha suscitato vivaci reazioni tra i turisti e i passanti venuti a festeggiare le feste di fine anno a New York. L'affissione, finanziata dall'American-Arab Anti-Discrimination Committee (Comitato anti-discriminazione americano-arabo - ADC), è percepita da alcuni come un messaggio di divisione, giudicato inappropriato nell'attuale delicato contesto e in pieno periodo natalizio.
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