Beit Shean, killer della Cisgiordania uccide una donna e un uomo
Cronaca di Giuseppe Kalowski
Testata: Il Riformista
Data: 27/12/2025
Pagina: 4
Autore: Giuseppe Kalowski
Titolo: Beit Shean, killer della Cisgiordania uccide una donna e un uomo

Riprendiamo dal RIFORMISTA di oggi 27/12/2025, a pagina 4, la cronaca di Giuseppe Kalowski dal titolo "Beit Shean, killer della Cisgiordania uccide una donna e un uomo".


Giuseppe Kalowski

Beit Shean, un terrorista arrivato dalla Cisgiordania ha assassinato un anziano e una ragazza, i primi che sono capitati a tiro della sua auto. La minaccia del terrorismo si aggiunge alle numerose insidie del dopoguerra, lungo tutti i confini israeliani.

Mentre l’Iran alza l’asticella del confronto con Israele attraverso test missilistici in diverse regioni del Paese, un’altra potenza – per certi versi ancora più temibile del regime degli ayatollah – non nasconde le proprie ambizioni egemoniche in Medio Oriente, utilizzando come pretesto il presunto “genocidio”: la Turchia di Recep Tayyip Erdogan.

Il 29 dicembre Benjamin Netanyahu incontrerà Donald Trump per fare il punto sulla questione iraniana, ma nel frattempo appare sempre più evidente l’attivismo di Erdogan, che insiste per partecipare a una futura forza di interposizione internazionale a Gaza, qualora dovesse prendere il via la Fase 2 del piano Trump.

In questo contesto regionale già altamente instabile, Israele continua a fronteggiare una minaccia terroristica interna quotidiana. Intorno alle 13 di ieri, un terrorista palestinese ha ucciso un uomo di 68 anni investendolo nei pressi di Beit Shean, nel nord del Paese, per poi proseguire la sua corsa e accoltellare a morte una ragazza di 18 anni. Un 16enne è rimasto ferito in modo lieve, mentre un altro uomo di 37 anni è stato trovato con ferite moderate ad Afula, dove il terrorista è stato infine neutralizzato. L’attentatore, residente a Qabatiya in Cisgiordania, era un palestinese entrato illegalmente in Israele da giorni. L’Idf si prepara ora a un’operazione mirata proprio a Qabatiya. Un episodio che dimostra come la minaccia non sia solo esterna, ma anche interna e costante.

Il nodo attuale del contenzioso tra Israele e Turchia resta tuttavia la Siria. Ankara mira a installare basi radar sul territorio siriano, un’eventualità che Israele non può tollerare perché limiterebbe o renderebbe molto più rischioso l’uso dello spazio aereo siriano da parte dell’aviazione israeliana, oggi di fatto libero e determinante per colpire obiettivi iraniani. Netanyahu è pienamente consapevole della pericolosità di questo scenario, e sta studiando una strategia per contenere l’espansione dell’influenza turca.

In questo quadro va letta la dichiarazione congiunta di intenti sulla sicurezza firmata a Gerusalemme il 22 dicembre tra Israele, Cipro e Grecia, una cooperazione attiva dal 2016 e rilanciata ora non a caso. Un chiaro segnale alla Turchia, ma soprattutto un’esortazione all’Europa e all’Occidente affinché scelgano con chiarezza da che parte stare: contro i regimi islamici radicali e contro chi sogna un ritorno agli antichi fasti ottomani.

La crisi mediorientale si intreccia con quella europea, incapace di fermare la guerra in Ucraina. L’asse russo-iraniano, con l’appoggio ambiguo della Turchia – pur sempre membro della Nato – rappresenta un pericolo sistemico per l’Occidente. Israele ha deciso di investire 110 miliardi di dollari per rafforzare la propria autonomia militare, riducendo la dipendenza anche dagli Stati Uniti. La fornitura alla Germania del sistema Arrow 3 dimostra come Israele sia ormai una potenza tecnologica indispensabile anche per la difesa europea.

Israele esporta gas e può contribuire alla sicurezza energetica del continente. Se e quando l’Europa e la leadership americana comprenderanno che non è più possibile continuare a dare legittimità a regimi islamici fanatici e decideranno di riappropriarsi della propria identità culturale, la Turchia di Erdogan verrà progressivamente messa all’angolo dalle grandi decisioni geopolitiche globali.

Da alleato strategico a nemico dichiarato: in poco più di vent’anni, la Turchia è diventata per Israele una minaccia persino più insidiosa dell’Iran. Il futuro dello Stato ebraico passa dalla sua insostituibilità tecnologica nella difesa europea. In un’epoca in cui la sicurezza aerea è centrale, i sistemi israeliani si sono rivelati i più affidabili. Sarà il bisogno concreto di difesa, più delle dichiarazioni ideologiche, a inserire Israele in un circolo virtuoso di stabilità strategica.

La svolta diplomatica è possibile. Ma dipende soprattutto dall’Europa, se saprà cogliere questa opportunità senza pregiudizi. È una sfida difficile, ma una sfida che Israele non può permettersi di perdere.

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