Gesù palestinese? Una truffa anti-storica
Commento di Marco Paganoni
Testata: israele.net
Data: 24/12/2025
Pagina: 1
Autore: Marco Paganoni
Titolo:

Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - un suo articolo del 23/12/25, dal titolo "Gesù palestinese? Una truffa anti-storica e anti-cristiana che serve per cancellare identità e diritti degli ebrei in Terra d’Israele".

Marco Paganoni

Marco Paganoni

Chiamare Gesù di Nazareth “palestinese” non è una semplificazione innocente, ma un anacronismo deliberato. La Palestina come nome e come entità nasce oltre un secolo dopo Gesù, imposta da Roma per cancellare l’identità ebraica della Giudea, mentre le fonti cristiane parlano chiaramente di “terra d’Israele”

Scrive Marco Paganoni: Nel delizioso poemetto “La scoperta dell’America” scritto in romanesco nel 1894, Cesare Pascarella immagina il dialogo tra Cristoforo Colombo appena sbarcato e un nativo del posto:

Dice: — Sa, noi venimo da lontano, per cui, dice, voressimo sapere si lei sete o nun sete americano… — Che dite?, fece lui, de dove semo? Semo de qui… Ma come so’ chiamati ’sti posti, fece, noi nu’ lo sapemo. — Ma vedi si in che modo procedeveno! Te basta a di’ che lì c’ereno nati ne l’America… e manco lo sapeveno. Erano americani e manco lo sapevano!

Fa sorridere perché è un anacronismo, vale a dire un falso storico (qui, sfacciato e spassoso).

Nella realtà, dovettero passare un paio di decenni prima che qualcuno iniziasse a chiamare quelle terre “America”, e altri anni ancora prima che si iniziasse a indicarne gli abitanti come “americani”.

Quale che fosse il nome con cui i nativi si riferivano al loro paese, di certo non lo chiamavano America e non definivano se stessi americani.

Lo capiscono tutti al volo.

Allo stesso modo, tutti dovrebbero capire al volo quanto sia falso e grottesco definire Gesù di Nazareth “palestinese”, un termine che lo stesso Gesù molto probabilmente non ha mai usato né sentito in tutta la sua vita. Sentendosi dire che è nato e vissuto “in Palestina”, rimarrebbe sconcertato almeno quanto il nativo “americano”.

In effetti, dovettero passare più di cento anni prima che l’imperatore Adriano imponesse al paese di Gesù il nome di Palestina, nell’intento esplicito di umiliare e cancellare l’identità ebraica dopo aver schiacciato nel sangue la Seconda rivolta degli ebrei.

In precedenza, dopo aver schiacciato la Prima rivolta, quella del 66-70 dopo Cristo (si badi: dopoCristo), i Romani avevano celebrato la vittoria, e la distruzione del Tempio ebraico, coniando monete con la scritta Judea capta (“la Giudea è presa”). Nessuna traccia della “Palestina”.

Per cui non sorprende che la “Palestina” non venga mai menzionata nel Nuovo Testamento, mentre vi compare più d’una volta il termine “terra d’Israele”, traduzione letterale dell’ebraico Eretz Israel.

Per esempio quando, dopo la morte di Erode, l’angelo del Signore dice a Giuseppe, che aveva portato la famiglia al sicuro in Egitto: «Àlzati, prendi il bambino e sua madre, e va’ nella terra d’Israele [εἰς γῆν Ἰσραήλ, in terram Israel], poiché sono morti coloro che cercavano di uccidere il bambino». E il racconto prosegue: «Egli, alzatosi, prese il bambino e sua madre, e rientrò nella terra d’Israele» (Matteo 2:20-21).

C’è da pensare che al rientro nella sua terra d’Israele, Gesù sarebbe stato etichettato dalla Francesca Albanese di turno come un “colono d’insediamento”. 

Se definire Gesù un “palestinese” è tecnicamente un anacronismo, insistere a farlo per sostenere una tesi ideologica è una truffa.

Finge innocenza chi afferma che “Gesù palestinese” significa semplicemente “nato in una terra che noi oggi convenzionalmentechiamiamo Palestina sebbene Gesù stesso non la conoscesse con questo nome” (in questa accezione anche Giuda sarebbe palestinese, e anche Erode, quello della strage degli innocenti: tuttavia, per qualche motivo questi non vengono mai menzionati come palestinesi).

Ma non prendiamoci in giro. Chi appiccica a Gesù l’appellativo di “palestinese” lo fa per strapparlo dalla storia ebraica e arruolarlo a forza nel nazionalismo palestinese, che definisce se stesso arabo e musulmano.

E che il nazionalismo palestinese sia arabo e musulmano lo affermano inequivocabilmente l’ideologia, la propaganda e persino le leggi palestinesi.

«La Palestina fa parte del grande mondo arabo e il popolo palestinese fa parte della nazione araba» recita l’art. 1 della Legge fondamentale dell’Autorità Palestinese approvata a Ramallah il 29 maggio 2002. E l’art. 4 decreta: «L’Islam è la religione ufficiale della Palestina. I principi della shari’a islamica saranno la principale fonte della legislazione. L’arabo sarà la lingua ufficiale».

Dunque il “palestinese” Gesù era arabo e musulmano?

Tesi bizzarra. Secondo le fonti cristiane, Gesù nacque ebreo e visse da ebreo dalla mangiatoia fino alla croce (su cui Ponzio Pilato fece scrivere Ἰησοῦς ὁ Ναζωραῖος ὁ βασιλεὺς τῶν Ἰουδαίων ovvero Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum, “Gesù Nazareno Re dei Giudei”, Giovanni 19:19) e fino al sepolcro.

Luca annota (2:21) che, come tutti i bambini ebrei, Gesù venne circonciso nell’ottavo giorno dopo la nascita e in seguito frequentò la sinagoga (4:16). Secondo Marco (10:51), Gesù veniva chiamato rabbino. Matteo (21:13) ricorda che Gesù pregò nel Tempio di Gerusalemme (quello che secondo la propaganda palestinese non sarebbe mai esistito) e lo chiamava “casa di preghiera” citando Isaia. Sempre Matteo descrive l’ultima cena di Gesù come un seder della Pasqua ebraica (26:17).

Sicché «Gesù è ebreo e lo è per sempre», come ha stabilito la Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo nei Sussidi per una corretta presentazione degli ebrei e dell’ebraismo nella predicazione e nella catechesi della Chiesa Cattolica (1985, III-1).

Insomma, il fraudolento tentativo anti-storico, anti-ebraico e anti-cristiano di etichettare Gesù come “palestinese” dovrebbe sprofondare da solo nel ridicolo.

Se non lo fa, ed anzi viene puntualmente riproposto, è perché torna utile a una più vasta operazione, intenzionale e sistematica, che mira a negare la storia degli ebrei, il loro essere autoctoni in terra d’Israele e il loro diritto a esercitarvi autodeterminazione e sovranità.

(Da: HaKol, 23.12.25)

Per inviare a israele.net la propria opinione, cliccare sull'indirizzo sottostante

http://www.israele.net/scrivi-alla-redazione.htm